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domenica 7 febbraio 2021

NAZARIO PARDINI LEGGE: "DI ALBE E DI OCCASI" DI GRAZIA PROCINO



Grazia Procino DI ALBE E DI OCCASI 

 

Quando da bimbi abbiamo
giocato e rigiocato
al sorriso che cattura
il mostro cattivo
non sapevamo chi si nascondeva
dietro l’angolo
se il rosso che abbaglia
o il nero che fischia il ritorno.

       Nelle urla mute
le parole implose
sono ghiaccio.

 

Con questo messaggio di ontologica valenza e di simbolico impatto evocativo inizia il viaggio della Nostra. Un viaggio tra trabucchi e scogli dove spesso  la barca cozza frantumandosi e lasciando assi a cui appigliarsi per continuare la  navigazione. Qui c’è la vita, l’amore, la memoria, c’è la natura coi suoi tramonti, con le sue albe che si fanno linguaggio nella poetica della Nostra. Sì, linguaggio, dacché la poetessa scrive con le parole che la natura suggerisce. Grazia Procino è immersa  nei reconditi di Pan, che la trasporta nei suoi luoghi più segreti. Dai colori, dalle forme, dagli arcobaleni di quei luoghi trae la simbologia dei suoi stati d’animo: reificazione di input emotivi in visioni paniche, in ritorni familiari; poesia delle radici, della casa, dell’home, che scuote e fa palpitare, contribuendo a creare un lirismo sottile e delicato che sollecita il memoriale verso mete di epigrammatico contesto soggettivo:

 

Nel fiore che sboccia

strafottente al sole,

riconosco le tue cure verso la vita.

Mia madre sta salendo instancabile

ma non si arrende

scricchiolano le dita.

(A mia madre).

 

La poetessa sembra chiedere aiuto alla natura che la invade: sole, sboccia, fiore… sono tanti elementi che reificano stati d’animo tradotti  in versi mai decadenti, ma sorretti da argini verbali ben solidi, da iuncturae  assemblanti di esperiti verbalismi, che danno per effetto un poetare di lirico e avvincente tono ontologico. 

 

 Rivoli di sudore

nella luce divorata dalla sera

corrono dalla nuca

fino al respiro che si fa voce.

 

Le forti energie vitali si disperdono in rivoli di respiro, di voce: la vita si fa poesia, e la poesia vita. Tutto è empatico e fluente, tutto è diretto da un maestro d’orchestra che fa vibrare le corde dell’anima.

 

 Tutta la mia sostanza coriacea

a mala pena mi fa camminare dritta non curva di spalle

né zigzagando lenta.

Porto in me le tue lezioni

di solida dignità

aspetto albe luminose

e coricarmi voglio legata al primo raggio che viene. (Padre)

 

I versi  scorrono con grazia, conoscendo l’impegno a cui devono sottostare, si tratta del padre, della figura più importante della nostra storia, di cui conserviamo gli insegnamenti,  le lezioni di solida dignità. Qui la  vita esce tutta allo scoperto, si anima di memorie che portano a galla  momenti di luce, di sole splendente su giardini fioriti. Se ne sente il profumo, se ne percepisce il colore, che nella memoria si irrobustisce, si fa più invasivo.

 

A rattoppare i dolori erano

 le donne del paese

con il sole dentro il cuore

e gli uomini fuori a pescare il pane.

Era il tempo dei Toscano che tutti

conoscevano come i Malavoglia.

 

Così tornano alla luce figure e fatti di altre età: le donne a rattoppare,  con il sole dentro il cuore,       e gli uomini a pescare il pane. Scene che richiamano i Malavoglia con quel verismo retrivo dove le donne dovevano e gli uomini potevano, nella miseria più nera, arcaica.

 

Io non aspetto che

le chiacchiere di uccelli

con un campanile

scordato dagli uomini.

Negli occhi la danza

dei tuoi abbracci

dove sto al sicuro:

le ombre restituite al passato.

 Tra il rosso delle tegole si fa spazio

una minuta certezza di tenerezza

quando a dolersi è solo

il grido stridulo delle poiane.

Un pane caldo, gonfio

di mollica sminuzzata per i passeri

sa di nomi accarezzati lungo il tempo.

E in archivio conservati i

cieli limpidi riflessi nei tuoi occhi.

 

Ambienti e figure di altre età verso cui la poetessa volge un occhio triste in braccio ad una realtà che vuole la scena. Ma tutto è alleggerito e ingentilito da immagini di nostalgico tripudio: passeri, tempo che va oltre le carezze, uccelli, aria, pane caldo, e in archivio conservati cieli limpidi riflessi nei tuoi occhi. Il linguaggio si fa nuovo, in sintonia coi tempi, audace, dove le metafore, le sinestesie o le iperboli  giocano un ruolo determinante nella economia dell’opera, nella immaginazione creativa. Nelle invenzioni lessico-foniche di Grazia Procino. Tante le motivazioni che irrobustiscono questi versi: naturalistica, psicologica, psicanalitica, autobiografica, soggettiva che nel suo afflato partecipativo si fa oggettiva, universale. Sentimenti che ci riguardano tutti, con la loro portata di intensa emotività. Dall’amore concretizzato e personalizzato da palpiti naturali di sterpaglia e gramigna che tanto ci dicono di amori passati:

 

Alla fine d’amare

Nella morsa della distanza
non penso al dolore della mancanza

anelo al ritmo più lento
dell'estate ricca di frutti squillanti

cerco, cerco
tra sterpaglia e gramigna l’ultimo nostro bacio

e trovo più gioia in un rovo
che nella curva del tuo abbraccio.

 

A

 

Albero antropologico


Discendo da ombre diffuse che si

estinguono al frinire della prima cicala  sul pino, quello vicino al mare.

Discendo da luci tenui  che non

vogliono esporsi alle punture  della

gente malevola e allora si coprono.

Discendo da querce nodose che non si arrendono  alla devastazione del terreno siccitoso e  stanno,

come possono, ma stanno. 

Discendo dal cielo di un Levante  accecante di blu  odoroso di foglie grandi di basilico che galleggiano nel ragù denso della domenica.

 

Dove a fughe  e  meditazioni in discese arricchite da cieli di levante  odoroso di foglie si alternano cose spicciole, di tutti i giorni come il ragù della domenica. Sta proprio qui, in questo mix di elevazioni e ricadute, di élan e di terrenità, la poetica della Nostra, zeppa di passione in versi di intelligenti scarti vicissitudinali. Tutto è vissuto con animo nuovo e originale che dà al foglio un timbro di perspicua ricerca lessico-fonica, dove i travagli del vivere sono trasportati in mondi di ampiezze stellari; di terreni giochi di consuete emozioni di vita.

 

Nazario Pardini

 

DAL TESTO


Dall’alba al tramonto

Nel vocabolario
dei miei antenati contadini
esisteva solo la parola sacrificio.
Nessuna rima con amore
nascosto sotto il materasso
buono solo per procreare

attenti al primo sangue delle fanciulle da maritare.

Dall’alba al tramonto chini sui campi
a strappare la sopravvivenza
i tumulti delle piazze lontani.
Nell’oscurità delle case senza elettricità
il braciere riscaldava mani e cuori
in movimento precario
minestre di legumi e pane duro.
Alla sera per ricordarsi di
essere uomini devoti alla Provvidenza
i rosari chiedevano di rivedere all'indomani
il sole e la zappa.


Esercizi di etica

Verso sera mi esercito
a ricordare il succo della giornata,
cosa avrei potuto rispondere,
come avrei dovuto incrociare
nel momento opportuno il suo sguardo.

E con cattiveria colpire il mondo storto.

Quando l’esercizio smarrisce la logica
- l’etica, ante omnia -
mi posiziono davanti allo specchio grande, a figura intera,
allora so
quanto mi sia costata la corsa a ripetere
all’infinito
quel momento sgomitante di felicità.

 

La regola del cappero verde

Si aggiunge il sale sui capperi strappati ai terreni   impervi
ai muretti a secco qui nel Sud
tanto sale e sole
le mani si intridono di liquido ibrido
per il mescolarsi continuo

dopo del tempo e ingegno
si ottiene una prelibatezza unica
condimento eccellente sugli spaghetti
di grano e papaveri.

 

A luglio, la vanità della poesia

Lungo la strada del mare, di luglio,
i poeti guardano le case
con le persiane verdi e le porte rosse
i freni assordanti degli scooter
il sole calante sulle rovine di Pompei.
La fatica dei poeti non è nel sudore della fronte
è nel non essere creduti,
fanfaroni di vanità
solo educatori di lucertole
sospettose di tutto.
Quando nel borgo dipinto di blu
si intravvedono i primi bagliori
raccattano i cappelli di paglia
e si incamminano verso il tempo immobile
del non ancora creato.

               

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


3 commenti:

  1. RICEVO E PUBBLICO
    Ho letto soffermandomi sulle note di lettura. Mi ha impressionata la capacità di leggere le pieghe intime della mia ispirazione, di cogliere pienamente la cifra stilistica presente in questa mia silloge.

    "Il linguaggio si fa nuovo, in sintonia coi tempi, audace, dove le metafore, le sinestesie o le iperboli giocano un ruolo determinante nella economia dell’opera, nella immaginazione creativa. Nelle invenzioni lessico-foniche di Grazia Procino. Tante le motivazioni che irrobustiscono questi versi: naturalistica, psicologica, psicanalitica, autobiografica, soggettiva che nel suo afflato partecipativo si fa oggettiva, universale. Sentimenti che ci riguardano tutti, con la loro portata di intensa emotività."

    Per me un grande elogio l'ultima affermazione: sentimenti che trasversalmente appartengono a tutti, si dilatano a una universalità a cui tendevo nel mio intento, ma che non avevo contezza di aver raggiunto.

    Una disamina attenta e curata che mi lusinga e mi rende molto contenta.

    Grazie, davvero!

    Grazia Procino

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  2. Nazario non si smentisce mai, anche io apprezzo tanto i versi di questa poetessa pugliese e mi procurerò questa sua nuova silloge

    Claudia Piccinno

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    1. Grazie per la stima che spero sia confermata, alla lettura dei testi contenuti in questa raccolta.

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