Siamo di fronte all’ennesima prova di Plurale elasticità espressiva,
dove logos e pathos si amalgamano per dare come risultato un’opera di immensa
statura ontologico-culturale. Imperia Tgnacci, scrittrice prolifica e di
profonda competenza inventivo-analitica, si presenta alla scena poetica con un
poemetto tradotto dallo Spagnolo che brilla per intensità umana. Il suo impegno
di ricercatrice e di studiosa è ormai conosciuto, e qui conferma un linguaggio
scorrevole e armonico, una levatura argomentativa di grande valenza per dei
contenuti che rispettano il suo lavoro di approfondimento: natura, libertà,
umanesimo, psicologia, e umanità. Non è di cero superfluo riportare una
pericope tratta dalla prefazione di Gros-Pietro:
“IL prigioniero di Ushaia è un poemetto della scrittrice e studiosa
romana Imperia Tognacci. L’opera ha vinto il premio Penisola Sorrentina nel
2008. Tale prigioniero è un affine dell’Ignoto militi che riposa nel sacello
marmoreo dell’Altare della Patria a Roma. .. In verità il prigioniero è una
splendida metafora poetica: è un captivus, catturato e rinchiuso sia dagli uomini sia dalla natura, in una sorta di algido
paradiso terrestre, che diviene anche un inferno dell’anima e della disperazione…
Il poemetto è composto da venti medio-brevi testi poetici, di grande
patos emotivo. L’atmosfera poetica del poemetto è di marca simbolista, ma con
l’accortezza che la metafora non sfiora mai il ricorso alla mitologia classica…
La natura è uno dei protagonisti
principali del poemetto: lo è nel vento, nel ghiaccio, nell’ombra della sera,
nel condor che si alza nell’azzurro, nei brividi di luce… Poi dietro l’angolo
di una nuova stanza, il prigioniero – un eteronimo della Poetessa – seduto
accanto all’Autrice sul tronco di quale albero segato all’altezza della neve,
viene interrogato: “Da quale inverno sei uscito,/ e da quanto tempo mi aspetti/
per porgermi la tua poesia/ vergata sul foglio/ macchiato di sangue?” L’intero
Poemetto è un inno elevato al silenzio della natura che cresce e domina la
scena, spettacolare e immanente, come una forza assoluta, che non ammette
confronti… Si tratta di una poesia da un anonimo prigioniero della colonia
penale in lingua spagnola e tradotta in italiano….” (Dalla prefazione di
Gros-Pietro). Un’opera polivalente, proteiforme, che contiene molti
spunti per approfondimenti letterari; e che dimostra ancora una volta, ce ne
fosse bisogno, il livello di saggezza della Tognacci che ormai non sorprende
più per i risultati ottenuti nel corso dei suoi studi di ricercatrice.
Nazario Pardini
Splendida recensione del nostro Maestro dell'Opera della cara Imperia Tognacci, che ho l'onore di conoscere e di ammirare. Mi piace asserire pubblicamente che si tratta di un'autentica studiosa, di un'Artista dotata di immenso talento e 'd'umiltà vestita'... per dirla con il sommo. Dall'esegesi del nostro Poeta apprendo che l'Opera in questione è 'un poemetto tradotto dallo Spagnolo che brilla per intensità umana'. Che in un testo di Imperia il logogos e l'emotività si coniugassero perfettamente non avevo dubbi, in quanto sono consapevole della profondità della sua anima. Interessante è la vicenda del prigioniero della colonia penale spagnola, legata simbioticamente ai miracoli poetici della Natura. Un argomento innovativo, difficile, originalissimo, peraltro introdotto da un critico della levatura di Gros-Pietro, che evidenzia la poliedricità dell'Autrice, messa in rilievo dal nostro Capitano infaticabile nella chiusa. Ringrazio Nazario e Imperia per questa lectio magistralis e rivolgo a entrambi auguri di seta, degni delle loro anime.
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