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venerdì 14 maggio 2021

CLAUDIO FIORENTINI: "L'UMANITA'"

 

Claudio Fiorentini,
collaboratore di Lèucade

L'umanità è fatta in prevalenza da gente semplice, da gente che lavora o che cerca lavoro, da gente che non arriva a fine mese e da gente che è felice per la stretta di mano di un amico o per il sorriso di un figlio. Per questo vedere il mondo dall'alto della posizione di chi è privilegiato è uno sbaglio. Non è utile dire "io vedo che i ristoranti sono pieni" se non sai quanta fatica costa quel pasto e quali rinunce o quali scelte sono state fatte prima di arrivare ad occupare quel tavolo. Dietro quell'ora di gozzoviglio c'è la fatica del contadino, il lavoro del camionista, la pazienza del fruttivendolo, la precisione del cuoco, la semplicità del cameriere, l'artrite del lavapiatti e la voglia di rilassarsi dell'impiegato che il venerdì si concede una cena fuori con la famiglia. Molte delle persone di questa catena, che trova la sua apoteosi in un piatto fumante, sopravvivono a fatica, ammesso che abbiano qualche centesimo in tasca, specie nei periodi di crisi. Per questo, quando qualcuno asserisce una "verità" basandosi sulle proprie "rilevazioni statistiche" sbaglia. Ora torniamo al virgolettato di prima e cambiamo la parola "ristoranti" con "cinema", "teatro", "sala concerto", "jazz club", "galleria d'arte" e roba simile. Poi pensiamo per un attimo al pesce piccolo, a quello che si autofinanzia, pensiamo all'attore precario, al pittore emergente, al libraio indipendente... e poi chiediamoci quanti teatri, cinema, poli espositivi sono pieni o, meglio, quanti sono stati in grado di sopravvivere alla chiusura per pandemia (che, non dimentichiamolo, è ancora in atto) e quanti invece sono stati costretti a chiudere i battenti... A Roma le chiusure eccellenti (si parla solo di quelle perché il piccolo non fa notizia) sono all'ordine del giorno. In altre città europee che hanno a cuore la diffusione della cultura forse gli operatori del settore hanno sofferto di meno, ma nessuno ne è uscito indenne, e comunque non si può dire che il pubblico sia aumentato, anzi, una volta finita l'euforia del dopo "lockdown", con la perdita di milioni di posti di lavoro e con la perdita della capacità di acquisto, ci vorrà molto tempo per rivitalizzare settori che alcuni ministri o primi ministri considerano "

divertimento

" o roba che "non si mangia". I teatranti torneranno ad essere saltimbanchi? I musicisti si uniranno in bande che suoneranno nei matrimoni? i pittori diventeranno "street artists"? Non credo che si arrivi a tanto, ma finché la cultura sarà percepita come un abbellimento e non come un arricchimento personale (e ancor meno come quello che realmente è, cioè un crogiolo dove si prepara il pensiero di domani), non andremo lontano. Ma esiste un altro fattore da considerare, e vorrei che foste tutti chiamati in causa: come sostenete le attività culturali? quante volte l'anno andate a teatro (magari un teatro piccolo)? quante volte andate a vedere cosa espone la galleria d'arte del quartiere dove abitate? quante volte preferite comprare un mazzo di fiori piuttosto che un libro? di esempi ne abbiamo tantissimi, ma... se vedete qualcuno (libreria, teatro, cinema, galleria...) che non ce la fa, invece di salmodiare luoghi comuni dicendo "ha chiuso anche lui, stanno uccidendo la cultura", chiedetevi cosa avete fatto voi per sostenerlo, pensate che non avendo mai partecipato agli eventi da lui organizzati avete contribuito alla sua chiusura... e magari muovetevi un po' di più oggi e domani perché con poco potreste evitare la successiva chiusura. Ricordate, gli operatori del mondo della cultura hanno bisogno della vostra vicinanza, della vostra presenza e della vostra partecipazione e se la partecipazione per voi significa passare un po' di tempo a fare qualcosa di piacevole, per gli operatori del settore è linfa vitale. Per questo dico: sostenete la cultura contemporanea, quella che è fatta da gente come voi!



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