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sabato 1 maggio 2021

EDDA CONTE E MARIA RIZZI: "SOLO GINEVRA" RACCONTO A QUATTRO MANI


Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade


Solo Ginevra

 

Edda Conte,
collaboratrice di Lèucade

Il professor Mori entra in classe con passo baldanzoso, sotto i baffi grigi  un sorriso appena trattenuto. I ragazzi  si scambiano occhiate di sorpresa; il professore ha l'abitudine  di chiamare alla cattedra  per l'interrogazione prima ancora di fare l'appello… Oggi non apre neppure il registro, non fa l'appello.

-        Oggi tratteremo un argomento che poi voi approfondirete come tesina

      d'esame - ,  annuncia,  e comincia subito a spiegare .

 In piedi. Con evidente entusiasmo, come se fosse lui stesso l'Autore dell'argomento  di letteratura che va trattando. Le due ore di Italiano volano.

Il professore oggi non interroga, è gioviale, parla, spiega e conversa come un amico.

Gli  alunni  non sono mai stati così attenti.

A casa del professor Mori, invece, c'è un vivace subbuglio: amici e parenti vanno e vengono, ceste e mazzi di fiori sono dappertutto, un chiacchiericcio confuso  proviene dalla stanza da letto, dove la signora Mori troneggia tra i guanciali.

Dopo lunghi anni di attesa ha finalmente dato alla luce un figlio.  E' una bambina, bella, rosea,  con la testina rotonda già coperta di capelli nerissimi,  il corpicino ben fatto e nutrito, gli occhi grandi di velluto bruno  già aperti sul mondo. Una meraviglia che tutti ammirano!

    - E' Ginevra ! Ha subito  esclamato il padre, che nella neonata ha idealizzato la mitica regina  dei Cavalieri della Tavola Rotonda.

Così  la bimba viene battezzata con quel nome di grande responsabilità.

Nessuno stupore se la piccola Ginevra, così tanto attesa, cresce circondata  da ogni vezzeggiamento; non c'è suo desiderio che non venga esaudito, nessun capriccio che le sia  rimproverato. Cresce arricchita  dal  grande amore di papà, dalle letture  di leggende, di storia e di mito, alle quali  la abitua fin dalla più tenera età. La sua fantasia pertanto si apre  ad ogni  narrazione  e diventa una specie di mondo parallelo. 

Particolarmente attratta dai racconti sui cavalieri antichi la bambina ama sentire ricordare quel nome - Ginevra- , che le suona come un privilegio.

Anche i miti dei poemi greci la fanno sognare, ricrea nella mente  quel mondo fantastico, il monte Olimpo, dove  vivono esseri  potenti che non muoiono mai,   Dei e  Dee , eterni e felici.

Un giorno  dice al  padre, con serietà e importanza, che vorrebbe vivere  sull'Olimpo ed essere una Dea  bella e potente.

-     Ma la regina Ginevra è meno bella della dea Venere?-

La domanda lascia il professor Mori sorpreso e un po' spiazzato.

Riflette a lungo e infine si accorge  di un suo errore: sta deviando le facoltà di apprendimento della bambina.  Si mortifica .

La bambina  comincia a creare le proprie fantasie.  Finge di essere la Regina Ginevra, comincia a guardarsi intorno come  se si trovasse in altro mondo e in altro tempo. 

La madre coltiva  la fantasia della bambina con vestitini  vezzosi e ninnoli vari, coccolandola e ammirandola come se davvero fosse una principessa.

..........

Per  Ginevra  trascorrono  felicemente gli anni dell'adolescenza; nel mondo della scuola  si sente pienamente a suo agio, tra compagni di classe che l'ammirano senza riserve, quasi fosse un essere superiore, l'ammirano senza invidia  e senza  competizione, ma con un certo distacco.

Seguita dall'occhio vigile del padre ormai pensionato e dedito solo a lei, la ragazza supera  la maturità classica col massimo dei voti.

E' ormai giunto il tempo delle scelte. Ginevra ha i suoi sogni, ma nessuna esperienza  del mondo reale.

La casa sul lago, piuttosto isolata, non le ha consentito  di frequentare  i coetanei fuori dalla scuola; il suo mondo  è rimasto chiuso  nello spazio obbligato tra la scuola e la famiglia, nel calore amorevole  dei genitori, nella completa dedizione allo studio.

 Là fuori c'è un mondo sconosciuto, c'è la città con le sue  strade strette, ombrose, forse velate di smog … “Sentirò tanto la mancanza di questi grandi spazi, del mio lago tranquillo, amico, mutevole, dei boschi, dell'azzurro aperto del cielo.”

 Questi sono  i primi pensieri di Ginevra, ma ce ne sono anche infiniti altri che sempre più spesso si affacciano a interrogarla. Qualche compagna di scuola ha già l'innamorato che l'attende all'uscita, con la moto o con l'auto.

La sua fantasia torna a certi racconti che da bambina le leggeva il padre,  sembravano favole, ma in fondo, chissà... Lei porta un nome di grande risonanza.

Ma il padre stesso ha cessato  da tempo di parlarle di quei mondi lontani.

Oggi lei sente che c'è qualcosa che le sfugge.

 Nei troppi pensieri che le si affollano dentro  Ginevra si perde.

...........

Fissa il sole che tramonta, i raggi, come sempre, si frantumano in mille schegge nei riflessi del lago. A oriente la luna è già alta nel cielo. Le piacerebbe appenderla al collo , infilata su un cordoncino di seta.

Trascorre le ore in riva allo specchio d'acqua, fermo come i suoi pensieri.

E' cresciuta, è una bella ragazza, con gli occhi grandi pieni di sogni e di mistero, il fisico slanciato, una donna attraente, ma l'animo sembra rimasto legato all'infanzia. In un certo senso il suo tempo si è fermato.

Il lago, i bosco, gli alberi, i fiori, il cielo nel suo continuo mutare  rappresentano il suo tutto. E sembra contenta.

 Il rapporto con la Natura ha qualcosa di  primitivo,  di ancestrale.

 Quando  descrive  i momenti del giorno le salgono alle labbra  delle parole così intense che i genitori restano allibiti.

Un pomeriggio, mentre è seduta a gambe incrociate a fissare il lago, comincia a piovere. Il padre la esorta a  rientrare in casa, ma lei, con sorriso disarmante, risponde:

-        No, non ora . Il lago è in movimento, sembra d'oro grigio, e i piccioni

   ricordano il trascolorare dell'arcobaleno: acqua marina, viola, verde giada. 

   Sembra che le loro piume insignificanti  nascondano gioielli.  -

 Dizione perfetta, linguaggio forbito, ma resta  immobile come una statua sotto l'acqua  che diventa un diluvio.

 Il professor Mori perde la pazienza, la rimprovera e la fa alzare a forza per coprirla con l'ombrello.

 Il gesto scatena l'imprevedibile. Ginevra si libera  dalla stretta e, tra i singhiozzi, comincia a correre nel bosco.

 Il padre è disperato. La chiama a gran voce, l'eco si disperde tra gli alberi fino alle valli circostanti. Di Ginevra si perdono le tracce.

 La casa sul lago è isolata dall'abitato, ma i genitori allertano  le forze dell'ordine, chiedono aiuto a parenti e amici. In breve il bosco si popola di uomini e donne provvisti di torce, e di poliziotti con i cani.

Le prime ventiquattro ore trascorrono senza risultati.

 La madre, disperata, continua a ripetere:

 -      Ginevra è immatura, può accaderle di tutto. Non sa difendersi. -

In realtà la ragazza è al sicuro e non si è mai sentita così felice.

Adora il lucore  argenteo degli ulivi al sole. Continua a indossare la sua innocenza come un vecchio e comodo cappotto, ma negli occhi scuri brilla una luce nuova...

............

La lunga, lunghissima corsa era terminata in una cascina.

Ginevra si era riparata nel locale attiguo al fienile. Il profumo di latte che la inondava le aveva dato una sensazione di pace. Le sembrava di avere riconquistato di colpo un’identità, nonostante fosse una fuggitiva fradicia. 

Un uomo dalle spalle larghe, le braccia muscolose, e strani occhi di colori diversi, uno aveva l’iride azzurro e l’altro marrone, gli aveva chiesto con aria brusca da dove fosse sbucata e lei, senza pensarci aveva risposto:

-        Mi chiamo Ginevra e credo di essere a casa –

La risposta aveva spiazzato l’ospite che  invece di reagire con la consueta durezza, le aveva detto: - Allora entra e asciugati –

L’ olfatto, il senso che ha meno legame con una visione ragionata del mondo, l’aveva rapita.  Il latte rappresentava la bolla che l’avvolgeva, che la riportava a esperienze  naturali , antiche, incontaminate.

-        Sei in un caseificio grande quanto un pugno , con un vecchio contadino che

     lavora  diciotto ore al giorno, insieme al fratello, per farlo andare avanti.  

      Nessun  castello per una principessa con il tuo nome. –

-      Ho detto il mio nome, non che sono una principessa.  Amo la natura e questi

     profumi mi inebriano, mi restituiscono  il senso del perduto –

L’uomo pensava che la giovane avesse qualche "rotella" fuori posto, ma la invitò a entrare per farla asciugare. Dava per certo che sarebbe riuscito a sapere da dove veniva. Era una brava persona e intendeva rispettarla e riaccompagnarla a casa.

 Nella piccola casa Ginevra aveva avvertito un tepore sconosciuto. Il crepitio del legno nel camino, l’odore di fieno… un respiro di poesia colava dalle pareti, dai vecchi divani, dalla tavola antica con le brocche di rame e le penetrava in tutte le fibre.

Il contadino le aveva presentato il fratello, più anziano, dal viso stanco ed emaciato, poi le aveva dato un asciugamano e un vecchio abito femminile.

Ginevra si era seduta a gambe incrociate davanti al camino ed era rimasta a guardare le lingue di fuoco incantata.

L’uomo non era riuscito a farle altre domande. Sembrava irraggiungibile.

Aveva cenato con loro. Una scodella di latte e formaggio fresco con pane abbrustolito sul fuoco.

-      Sei sazia? Preferivi qualcosa di più saporito? – Aveva chiesto il contadino quasi intimorito.

Ginevra sorrideva beata. Rispose: - Credo di non essere mai stata così felice, così partecipe della vita. Vi ringrazio di tutto e spero di non disturbare se mi fermo per una notte –

-      Ti staranno cercando –

-      Domani tornerò. Lo prometto. E spiegherò ai miei che la Regina Ginevra è stata la mia condanna. E forse anche la loro… -

Il nuovo giorno la trova sulle assi del fienile, dinanzi agli ulivi, mentre decine di persone pattugliano la zona dandola per dispersa, forse per morta.

L’uomo la osserva come un fiore raro, e si chiede come possa essere così innocente e inconsapevole del mondo in cui vive. Non pensa mai a lei come a una giovane donna avvenente , e se ne stupisce.

Ginevra dopo avere condiviso il pranzo con i fratelli nella cascina indossa gli abiti asciutti e sgualciti, abbandona le scarpe tra i rovi,  li bacia entrambi sulle guance e torna verso la casa sul lago.

...........

Il tempo del silenzio  e delle fantasie è terminato. Parlerà con i genitori e farà comprendere loro che desidera un’esistenza semplice, immersa nei paesaggi, nei suoni, negli odori della terra, tra le verità della natura, perché non è nata regina, e ora sa che non ha mai sognato di divenire tale, ha subito un solo fascino: quello della Poesia…


Lillà   e  Margherita

30 Aprile 2021

 

 

9 commenti:

  1. Ringraziamo il nostro Mentore e Maestro per la pazienza e la generosità che dimostra in ogni occasione. Sta dando visibilità a questa esperienza a due cuori che ci arricchisce e ci emoziona. Abbracciamo lui e tutti gli ospiti dell'Isola che avranno il desiderio e il tempo di leggerci. Lillà e Margherita

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  2. Fantastiche ambe due: Edda e Maria o meglio Lillà e Margherita. Nel substrato della prosa scorre, come un fiume carsico, la poesia. Azzeccato esperimento che mi sa di innovazione culturale riuscitissimo. Complimentissimi Pasqualino Cinnirella

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  3. Complimenti alle care autrici Edda e Maria. Un racconto ricco di sorprese che sembra quasi una fiaba. Beh, un po', ad un certo punto l'avevo capito che Ginevra fosse presa dalla Musa. Ciò significa che il testo è ben condotto. Sì, il nome di regina le spetta perché soltanto chi sa restare sotto un diluvio ha consapevolezza di sé nel mondo.Bravissime!

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  4. RICEVO E PUBBLICO

    Carissime Lillà e Margherita… anonime Autrici di questo nuovo racconto, ma al pari, amiche di penna per gli intenti che ci uniscono.
    La trama, fluida ed accattivante allo stesso tempo, suscita particolare interesse che conduce, quasi per mano, a sensazioni emotive.
    I personaggi che la animano appaiono essere attori che interpretano il fluire di sequenze di vita e di situazioni tratteggiate con dovizia di particolari che ne descrivono gli intimi aspetti dell’agire e del pensare tanto che il lettore si immerge nelle loro sensazioni e le rende proprie facendole emergere improvvisamente dal suo proprio cuore dove erano inconsciamente latenti.
    E’ mia opinione che sia quantomeno superfluo elogiare ulteriormente questo nuovo racconto perché sarebbe un puntualizzare quanto già positivamente espresso per le precedenti pubblicazioni, se non fosse per il rinnovato piacere di attingere ancora alle sensazioni esistenziali che la Vostra immaginifica sensibilità trasmette a chi coniuga, tra le righe, i significati metaforici delle vostre creazioni.
    Che altro dire ? Solo ancora complimenti nell’attesa di vostri appetibili nuovi racconti che personalmente considero un dono.
    Un forte abbraccio a voi e un particolare pensiero al nostro Nocchiere Nazario.

    Lino D’Amico

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    1. Rispondo commossa ai tre Amici, che si sono fatti vivi nonostante i giorni festivi. Li ringrazio per le emozioni espresse: 'il fiume carsico della poesia' di Pasqualino; la concezione che 'soltanto chi sa restare sotto un diluvio ha consapevolezza di sé nel mondo' della mia Patrizia e l'idea di Lino che 'i personaggi che la animano appaiono essere attori che interpretano il fluire di sequenze di vita' non possono che spronarci a continuare. Ovviamente ringrazio Edda, compagna meravigliosa di questa avventura... E vi abbraccio tutti insieme al nostro Condottiero, che permette questi miracoli!

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  5. Io ringrazio, tu ringrazi, egli ringrazia...tutti ringraziamo la bella Isola che ci vede felici in un momento tanto difficile!
    Senza scherzi: davvero Lillà e Margherita ringraziano gli amici lettori per i generosi commenti.
    un caro saluto a tutti fino al prossimo Racconto.
    Edda.

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  6. Carissime amiche, leggo ora il vostro racconto. La storia di Ginevra svela il segreto della vera felicità: le semplici cose che donano sicurezza, calore e benessere. Scrivere in due non deve essere facile, necessita di un'intesa d'anime, di prospettive e una grande adattabile versatilità. Complimenti, carissime: che teneri i vostri nomi d'arte! Una fiaba. Con affetto
    Marisa Cossu

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  7. Marisa bella, che gioia leggere il tuo commento al nostro nono racconto insieme. Dici il vero: scrivere in due significa entrare l'una sotto la pelle dell'altra e quindi, a prima vista sacrificare qualcosa di proprio, in realtà arricchirsi delle potenzialità della compagna di viaggio. Io amo quest'esperienza da anni e in questo periodo di poche relazioni l'ho recuperata, componendo tanti racconti a due cuori, ma solo con Edda, conosciuta sul blog del nostro Nazario, sto perseverando... Il tuo plauso caldo e autentico è invito a non fermarci. Ti voglio bene... ed Edda ti sarà grata quanto me!

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  8. Grazie Marisa carissima . Sei una bella persona . Equilibrata e generosa sempre. Doti che aggiungi alle già grandi qualità della tua personale cultura.
    Felice di averti conosciuta, ti abbraccio.
    Edda.

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