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martedì 11 maggio 2021

MARCO DEI FERRARI: "LA SPIRITUALITA' OGGETTUALE"

 

Marco Dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade


PRIMA STESURA (da approfondirsi)

LA SPIRITUALITA' OGGETTUALE

A) L'umanizzazione primaria

Protagonista, in primo, l'oggetto reso autonomo dall'umanizzazione ricevuta in un processo evolutivo complesso e articolato nelle più varie finalizzazioni esperite storicamente.

L'umanizzazione non è un percorso lineare: l'oggetto acquista la propria individualità automatizzata emergendo dalla massificazione originaria condotta dall'artifex umano con i più vari strumenti (dal materico al digitale) disponibili tra fasi progressive e regressive.

Così sintetizzato il fenomeno situazionato parrebbe inesplicabile ed azzardato, ma la c.d. realtà (flusso energetico) che non afferriamo mai nella sua essenzialità genetico-costitutiva, ci offre esempi concreti di tale dimensione intrinseca per ogni eccellenza oggettivata.

Ciascun prodotto oggettuale, forgiato dall'intelligenza creativo/produttiva dell'essere, vive una propria naturale/artificiale "presenzialità" (nasce, si genera o rigenera, si attiva, muore...) che il conduttore/essere umano "cadenza" temporalmente regolandone fasi e crescite o decrescite.

Non esistono oggettualità dipendenti (subordinate) in quanto la creazione dura spazi minimali e si concretizza rapidamente cristallizzandosi in "forme" caleidoscopiche totali.

La "totalità" formale è concetto essenziale per alimentare la diffusione tecno-mediatico-commerciale dell'oggettuale (in oggi affidata alle piattaforme digitali e all'I.A. in prevalenza come dimostrano le nanotecnologie, le macchine molecolari, i visori di realtà virtuale, le biostampanti, i batteri sintetici, gli organismi geneticamente editati, le connessioni dei cervelli nel web – ossia la più grande sperimentazione globale dell'agire umano mai effettuata...).

Il procedimento avanzando a grande velocità diffusiva per ogni dove smantella (o revisiona fortemente) le vecchie presunte "verità" ontologico/scientifiche teorizzate già dai più grandi filosofi greci, dai richiami biblico-ebraici, dai teorici cristiani e arabi, dalla grandiosa riflessione kantiana, dall'idealismo hegeliano, dal materialismo marxsista e dalle più recenti filosofie esistenzialistiche-logico-matematiche e linguistiche (da Husserl a Heidegger e Sartre, da Carnap alla teoria analitica; dallo strutturalismo a Popper; dal postmoderno di Lyotard al postmetafisico di Derrida e Deleuze; dall'ermeneutica contemporanea di Gadamer e Rorty all'etica di Apel, Habermas...).

B) La “dialettica” delle cose.

La "distanza" oggettuale non era prevista in allora in quanto era inconcepibile pensare che un oggetto inanimato potesse autonomizzarsi dalla reificazione assunta nelle più varie esplicazioni socio-esistenziali.

Con l'Umanesimo (flusso storico di elitistiche energie creative) le distanze si ridussero progressivamente fino all'identificazione parallela soggetto-oggetto: il secondo passo ovvero flussività-onnicomprensiva si compiva poi nella "dialettica" (già preconizzata e intuita dai greci) che trovava in Hegel l'esponente teorico massimale.

Con la "dialettica" sviluppata ulteriormente nel secolo XX (al di là della "storia" politico-economica), le radicalità della diversità soggettivo-oggettuale tendono sempre più a ricomporsi nella sintesi dell'indistinto che affronta la "rivoluzione digitale" e tenta di contenerne la prevaricante forza dirompente ed alienante in tutte le proiezioni razionali e irrazionali concepibili.

Tale virulenza di penetrazione tecno nell'umano e non solo, sembrerebbe prevalente e condizionante oltre ogni immaginario percepibile.

In effetti si assiste ad un quotidiano progressivo inserimento tecnologico-robotico-digitale-informatico per ogni tempistica creativa immaginabile.

L'oggetto ne risulterebbe, a prima riflessione, fagocitato, irretito, annullato: ma è proprio vero? Ne siamo certi?

C) L'oggettualità "nuova" (il digitale)

Andiamo con ordine.

Il riposizionamento della virtualità digitale affronta la contemporaneità avvalendosi di tecnologie di ricerca avanzata che relegano l'oggettualità in passiva presenza ovvero in "assenza" distanziata e ragionata dal "reale" flusso costitutivo della rete.

Il digitale, "dominus" del nostro tempo, rifiuta dunque la matericità oggettuale e la trasforma in potenziale espressività “virtuale” di immagine svuotandone ogni significato.

Tale intento trova comunque un ostacolo insormontabile nell'effimero dei risultati effettuali che sono costretti a rivedere in tempi brevissimi metodi e forme progettualizzate allo scopo.

La rapidità confligge con la sostenibilità dell'oggetto/qualità materica e si consuma in autoreferenzialità pubblicitaria/comunicante; ne risulta una falsa immagine di neorealismo creativo dove il presunto "oggetto" è uno spazio vuoto, privo di qualsiasi connessione con gli eventuali "artifex" ipotizzabili nel contesto digitalizzato operante.

Si conferma quindi che senza l'umanizzazione creativa dell'oggettualità vincolata all'artefice umano, non è possibile concepire "unità" parallele dialettiche che si sintetizzino nella nuova realtà informatica.

E' un situale "svuotato" e paradossalmente isolato dall'autentico fluire ontologico della progressione vitalistica di attività naturali-umane teorizzate da tutta la storia della filosofia.

Ovviamente la digitalizzazione nel suo procedere ha tentato di sperimentare partecipazioni ingegnose e complesse nei settori artistico creativi (musica - arti figurative - processi produttivi di base, ecc.), ma senza lusinghieri effettivi di risposta.

Il problema è sempre lo stesso complesso ontologico-estetico-materico che solo nell'“unità totale” può esprimere le proprie potenzialità di attiva partecipazione all'autonomia identitaria prescelta.

L'oggettualità nel sistema “digitale” soffre di subordinazione pubblicistica confusa con l'arte sperimentale dell'informatico: tutto il circuito del possibile significarsi si capovolge nel distanziare il materico dall'analitico formale con la conseguenza evidente di frantumare l'io totale che esiste sia nel soggettivo che nell'oggettivo del creativo.

L'essere non è mai stato così separato in sé; l'unità non è mai stata così in pericolo (nonostante Benjamin; Carnap; Husserl; Heidegger...).

La metamorfosi oggettuale così separata diviene “antropologia evolutiva” con un consistente percorso parallelo tra soggetto e oggetto che esaurisce l'umanizzazione ovunque la si voglia individuare e ne penalizza le presenze operative.

La verità è che l'oggettualità risulta molto più articolata e complessa di quanto si immagini, in particolare nello spazio estetico/progettuale che sottende ogni forma sostanziata di “creatività totalizzante”.

L'oggettualità è musicalità, arte espressivo-figurativa, prodotto/utilizzo a fini socio-economici di base, strumento di percettività spaziale a proiezione futuristica, presenza di “flusso” cosciente di realizzazione dell'in-sè per il compimento dell'essere unitario, ricerca/modello applicata alla scientificità micro/macro, eccetera.

È necessario ragionare ora su tale complessità che complica l'umanizzazione, accoglie parzialmente il digitale, memorizza le strutture naturali di fondo e contribuisce all'evoluzione cosmica della piattaforma planetaria terrestre.

D) Dalla complessità alla spiritualità nell' “essere” unitario.

La “complessità” dell'oggetto (comunque lo si identifichi) dunque comporta alcune riflessioni derivate che contribuiscono a precisare l'ambito operativo/applicazionale/direzionale.

Importante sottolineare come la “musicalità” sia componente ineludibile della fattualità oggettuale e ne indirizzi il progetto riferendosi alle varie teorie dell'origine dalla “biologica” alla “adattiva”, dalla “psicologica” al “ritmo/ritualizzato”.

L'estetica oggettuale non può prescindere dalla musicalità, ne può ritenersi incompatibile con la artisticità proiettiva del figurato che il digitale artificiosamente tenta recuperare e riposizionare.

Tali pertinenze compositive si aggiungono alla matericità del prodotto (sempre autonomo) usato a finalità tecnico-commerciali che il digitale costantemente pervade con l'ovvio snaturamento del primario approccio storico autonomistico.

In effetti il digitale nella sua potente attività di assorbenza, trascurando/ignora il flusso coscienziale che l'in-sè dell'artifex/creativo trasmette al creato/oggettuale, privilegiando l'artificio tecnologico dilagante su piattaforme, social, applicazioni conseguenti o innate di varia formalità anche antropologicamente adattabili e coevolutive (ologrammi, avatar...).

Il “flusso coscienziale” particolarmente complessificato rischia di sfuggire ad una prima semplificata osservazione/analitica dell'oggettualità, ma approfondendo si può pervenire ad un sorprendente contenuto interiorizzato della stessa oggettualità resa autonoma ed umanizzata nel suo percorso storico-ontologico.

L'oggetto vive, reagisce, rivendica la propria autonomia operativa, si ribella agli usi sconsiderati e abusi e confligge con le situazioni limite fino a conseguenze di estrema gravità ipotizzabile.

L'effetto della “divisione” apportata dal digitale, è devastante, al di là di ogni apparenza tutto è possibile sulla piattaforma, ma senza l'unitarietà soggettivo/oggettuale, il risultato sarà vanificato nella profondità dell'ontologia applicabile e presente.

Ovvero, senza una considerazione effettiva della “spiritualità” oggettivata non è possibile comprendere dove l'umano artifex intenda approdare e come potrebbe affrontare le grandi sfide anche extraterrestri di un futuro prossimo venturo.

Che cosa intendiamo per “spiritualità oggettuale”?

Normalmente l'anima si ritiene parte vitale di un essere vivente, ma questa interpretazione (sinonimo di “spirito”) è riduttiva, al di là delle concezioni metafisiche e religiose storiche a supporto (“psyche” per i greci antichi; per gli Egizi l'essenza spirituale dell'uomo si incardina su 3 elementi soprannaturali: l'akh, il ba, il ka: il Mitraismo iranico indica una via per la salvezza dell'anima; lo Zoroastrismo teorizza l'idea dell'anima, nella Bibbia ebraica vi sono più termini collegati al concetto di anima...)

Non è solo l' “essere” vivente distinto dalla fisicità ad essere spiritualizzato, ma è la matericità totale partecipata nell' “essere” a manifestare una sostanziale unità spirituale (non “animistica” comunque) che connette soggetto ed oggettualità.

I motivi per una matericità spiritualizzata sono molteplici e si distendono oltre le concezioni filosofico-religiose che hanno caratterizzato le varie fasi storiche della ricerca umana applicata dalla scienza all'anima.

L'applicazione del “soffio” vitale al corpo nella sua interiorità manifestata non contempla infatti l'aspetto “umanizzante” e produttivo del rapporto con l'oggetualità creata/creatrice autonomizzata e non corrisponde alla asserita “unità totale” dell' “essere” negli esseri (viventi e non solo), fondativa della dialettica della matericità.

L'unità è spiritualità coscienziale anche nascosta o invisibile, ma effettivamente operativa in ogni esperienza vitale animata o apparentemente inanimata e derivata che si voglia ritenere tale.

La consuetudine al ragionamento “bloccato” dalla storia filosofica e religiosa di molteplici teorie e dottrine impedisce l'osservazione ulteriore di una profondità, condizionata dall'apparenza, per una “realtà” in sé anche indeterminabile in quanto esclusivo flusso di energie percepibili ma invisibili se non in laboratori e centri di ricerca altamente specializzati.

Di qui si rileva la “distanza” digitale (come sopra cennato) tra soggettiva ed oggettiva creatività parallela che la dialettica non potrebbe risolvere riunificandosi semplicemente.

La “distanza” parallela può solo unificarsi nell'identificazione dei flussi di energie creative che si riconducono alla unicità (dell' in sé per il sé) dell' “essere”/artifex assoluto in “presenza” visibile/invisibile, animata/inanimata, fluttuante/solidificata nelle sue più variabili metamorfosi soggettivo-oggettuali.

Anche l'artifex-umano ovviamente subisce le metamorfosi risultanti dalla “distanza” forzata dal digitale, ma conserva la propria priorità d'azione/reazione e può difendere (se in grado) l'individualità coestesa all'oggettualità costituita dai flussi energetici applicati.

Nella società dell'apparenza (media, moda, spettacolo, ecc.) la trasformazione sembrerebbe prevalere, ma nella valutazione di profondità globale dell'essere il processo metamorfico risulta solo “diffusione energetica anomala” senza indirizzo specifico, pertanto suscettiva di correzioni progressive che l'evoluzione della “società umana” si incarica di eseguire nella logica totale dell'Essere supremo/spirito onnicomprensivo.

Marco dei Ferrari

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