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mercoledì 13 ottobre 2021

FRANCO CAMPEGIANI: "MITI E GRAPHIE"

 

Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade


Miti e Graphie

Un’opera unica di

Lino Tardia


6 - 26 ottobre 2021

inaugurazione Mercoledì 6 ottobre 2021 ore 19.00

cocktail ayurvedico

 

Bibliothè Gallery

Via Celsa n 4/5, Roma

dal lunedì al sabato – dalle ore 10,00 alle 20,0 

Bhagavat Atheneum

Bhaktivedanta Cultural and Eductional Library



 Signum

La rassegna “Signum” ideata da Francesco Gallo Mazzeo, propone un appunta­mento al mese; “Un artista, una grande opera”. Ciascun evento è presentato da un testo di un poeta, filosofo, artista, critico, mistico. Con il coordinamento di Enzo Barchi e il progetto grafico di Mauro Aquilanti.

Lino Tardia

Nasce a Trapani nel 1938. Conseguita la maturità artistica, rifiuta l’incarico di docenza in Discipline Pittoriche in un liceo artistico di Palermo e si trasferisce a Roma, dove si iscrive all’Accademia di Belle Arti. Qui conosce Renato Guttuso, del quale è prima allievo e poi assistente. Il realismo guttusiano influenza il suo linguaggio, che inizialmente si concentra sulla realizzazione di paesaggi siciliani connotati dalla vivacità della tavolozza e dalla pulizia delle linee.

Inizia a esporre alla fine degli anni Cinquanta e tiene la sua prima personale all’inizio degli anni Sessanta. Sono gli anni della Dolce vita e Tardia entra in con­tatto e stringe rapporti di amicizia con molti dei più noti personaggi dello spet­tacolo, del cinema e della cultura. Nella metà degli anni Sessanta, passando per un breve periodo informale, abbraccia l’idea di una nuova figurazione secondo la maniera di Francis Bacon, che conosce durante un soggiorno a Londra. In una continua evoluzione ispirata a una convivenza tra architetture geometriche e profondità metafisiche, Tardia approda alla ricerca più recente a partire dalla fine degli anni Settanta. L’esperienza giovanile di assistente agli scavi del sito ar­cheologico di Mozia, l’antica città fenicia sull’isola di San Pantaleo vicino Trapa­ni, riaffiora attraverso il ricordo della scultura antropomorfa della Madre fenicia (V-VI secolo a.C.) il cui plasticismo figurativo, in equilibrio tra linee arcaiche e stilizzate, ne ispira lo stile pittorico. Temi quali la memoria, il legame ancestra­le con la natura della terra siciliana, il mito dell’Iliade e dell’Odissea, divengono centrali nel linguaggio della maturità che si compone non più solo di pittura ma anche di interventi scultorei applicati sulla tela e realizzati con materiali vinilici esaltati dalla foglia d’oro zecchino.

Tra le tante mostre in Italia e all’estero (Londra, Parigi, New York, Chicago, Hou­ston, Ottawa, Tripoli) si segnalano, come tappe più significative, la personale In viaggio con i Fenici, presentata nel 1996 alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Spoleto e nel 1997 al Convento San Rocco di Trapani, e l’antologica La scatola dei miti presso il Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma nel 2009. Tardia ha ricoperto, tra il 2001 e il 2008, l’incarico di docente di pittura presso la RUFA (Rome University of Fine Arts) e del suo lavoro si sono occupati alcuni tra i più importanti esponenti della critica nazionale. Nel 2003 è stato insignito della Medaglia d’Oro per i Benemeriti della Cultura della Presidenza della Repubblica Italiana. Lino Tardia vive e lavora a Ciampino.


MITI 

Flessi che sembrano. Riflessi che sono. Incroci che

fasciano aliti. Matematiche forme di spazio. Tutto.

Niente. Mentre saltano sogni e avvolgono

echi, di miti lontani, come venti, senza ragione, divini.

Templi, arcani fasciami, venti, ventuno, repliche

e colori, balli in maschera, mentre intorno è spazio

concreto, versus, astratto, come un rito, fatto politono,

intriso, sudore, catrame, pesci volanti, come sireni.

Sanno, conoscono, salgono, scendono, fanno ritorno

con giri di boa e poeti di corte, in aulo e burlesco,

come torni, di chiavi e catenacci, leonardi, algebri.

Cantano, muti pregano inerti, come altri, che sanno

d’anabasi, stanchi di Sisifo e destino, divino,

mentre arrivano altri, carichi di tempo e flussi saperi.


Francesco Gallo Mazzeo



L'ISOLA PURPUREA

 

Dolcissimo approdo questo lido sperduto, quest'acquatica terra appesa ad un eterno occaso. Sbarcati dai neri flutti, noi rossi fantasmi di bibliti, torniamo alla matria perduta, all'isola purpurea cosparsa di bètili sacri. Ed erriamo nel tophet dei templi disfatti entro un dedalo di bifronti miti. L'Essere è il Nulla e il Nulla è l'Essere, legge innocente e mirabile di ondeggianti equilibri, di ritorni eterni dove ogni fine muore nell'inizio ed ogni inizio sorge dalla fine. E sempre si riapre il cerchio là dove si chiude, e tutto muta senza mutare mai. Rinasce dalle proprie ceneri l'araba fenice e s'avvinghiano Vita e Morte in abbracci stritolanti, s'inchioda la propulsione centrifuga dei contendenti, l'altera spinta degli opposti di cui la realtà si compone. Nella camera della morte, Nonno Bosco troneggia, eroe della mattanza e leggendario rais di tonnara. E sulla riva deserta si trasforma Eros in Thanatos, mutando gli aquiloni nel becco adunco d'un rapace, nella testa di un siluro che semina morte, nel sibilo sinistro del cacciabombardiere. Ma negli occhi stupiti dei fanciulli sempre rinascono amori e risorgono principi e fate...

Così i cieli inceneriti nel tramonto si colorano di nuove albe ed arie diamantine. Sempre ha due facce la medaglia e si capovolge la clessidra nell'aspro e dolce mistero speculare. Là, nelle terre apollinee, nelle regioni esangui del Nulla da cui siamo salpati, la vita agonizza in aridi giochi e trionfa la non contraddizione. Ma qui, su queste rive nascoste, è il contrasto a dominare, il puro scontro, l'antitesi senza sintesi, la metamorfosi circolare, unica armonia del mondo. E vanno e vengono le onde della risacca nello scintillio di riflessi dorati. Tutto converge nella scatola dei miti, icone arcaiche ed echi cronachistici, memorie cosmiche e stralci di giornale. Così vaghiamo tra questi resti totemici, tra questi cubi prismatici e magnetici cristalli che catturano corpi celesti, lune e satelliti, corni e portali. Cosmogonie nuove infiammano il mondo in un rigurgito di punici canti, di leggendari e arcaici racconti di mare. La Madre Fenicia è qui, da qualche parte, a partorire e a spezzarsi come il pane, in un germinare inesausto di mondi che muoiono senza morire e nascono senza nascere mai. E sempre due soli nel cielo e sempre due lune sul mare. E coppie di opposti a rincorrersi, al di qua e al di là del mondo, al di sotto e al di sopra, al di dentro e al di fuori...

 


Franco Campegiani

 

                                                                                           






 


 


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