Marco dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade
"UMANIZZAZIONE" del "COMUNICARE"
(1° parte)
La comunicazione è l'essenza di ogni
comportamento (individuale/collettivo), ma è necessario che gli strumenti del
comunicare (le parole su tutto) si rapportino nelle modalità più compatibili
all'efficacia del risultato.
In questo contesto, grande importanza
hanno le "cose" prodotte, indotte o di base, che assumono una propria
configurazione attiva di partecipazione non riscontrata esplicitamente.
L'efficacia del "comunicare"
dipende poi dal significato che si attribuisce: Watzlawick la vede così:
"Il significato della comunicazione sta nel responso che se ne ottiene e
non nelle intenzioni".
La trasmissione di un messaggio da una
persona (o cosa) all'altra costituisce la logica interiorità dell'umanizzazione
e ne denota la realizzabilità responsabile.
La verifica sta peraltro nelle modalità
più opportune di impatto (vedi abbigliamento, postura, gesti, eccetera) che
coinvolgono anche la spiritualità del linguaggio applicato agli oggetti (anche
silenziosi) di qualsiasi espressione prodotta/produttiva.
La comunicazione oggettuale (silenziosa)
trova conferma nella teoria dello psicologo americano Mehrabian che così
si esprime: "I nostri messaggi silenziosi possono contraddire o rinforzare
quello che diciamo a parole. In entrambi i casi, nella comunicazione essi sono
più potenti delle parole che pronunciamo nel Regno delle sensazioni, quando le
nostre parole contraddicono i messaggi silenziosi contenuti nelle nostre
espressioni del viso, nelle posture che assumiamo, le persone non si fidano di
ciò che stiamo dicendo: fanno affidamento quasi completamente su quello che
facciamo".
Esiste inoltre un linguaggio segreto
del "corpo" molto importante per comprenderci meglio, per relazionarci
con le persone di abituale frequentazione ed aiutarci a capire le risposte di
ricezione.
Intendendo il "corpo" quale
oggetto vivente organico che si umanizza nello sviluppo del "soffio"
iniziale (spiritualizzazione) possiamo recepire il pensiero di Paulo Coelho:
"Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente,
assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell'essere umano".
Ritmo, tono, volume della voce, sono co-essenziali
strumenti di attivazione linguistica che favorisce l'attenzione dei ricettori e
delle risposte conseguenti.
La qualità dell'organismo corporeo
comprende pertanto tutte le modulazioni e variazioni possibili di contatto
linguistico (parole) e ne umanizza il contenuto.
G. B. Shaw si esprime in questo pensiero: "Col
tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla. L'unica difficoltà
consiste nel trovare il tono".
Non si deve dimenticare che le
componenti del linguaggio verbale (paraverbali) possono modificare la comprensione
di un messaggio sino snaturare ogni significato: tono della voce; ritmo;
volume; timbro; pause e silenzi sono parametri variabili che incidono sulle
emozionalità suscitate nell'interlocutore e si traducono nell'importanza di ciò
che arriva al destinatario.
L'importanza delle parole si misura altresì
nel riferimento all'umanizzazione emozionale (una singola parola può cambiare
l'intensità di un messaggio) e dal potere di forgiare il nostro destino.
Creare delle immagini mentali; rievocare
particolari emozioni a guidare le nostre azioni sono fonti di spiritualità
verbale che Freud interpreta quale magìa: "Le parole erano
originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del
suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice un altro o spingerlo
alla disperazione, con le parole l'insegnante trasmette il suo sapere agli
studenti... Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli
uomini si influenzano reciprocamente".
Il potere magico delle parole assume fondamentale valenza
nell'individuare l'esistenza oggettuale, nel valorizzarne la capacità influenzante
di presenza, nel trasformarne l'apparente immobilità in essenza vivente di
spiritualità connessa o compressa o circoscritta per stato di necessità
convivenziale.
Il potere mitico delle presenze
multiformali si trasferisce anche nelle magìe linguistiche delle
interconnessioni pubbliche e private dove "Le parole possono accendere
fuochi nelle menti degli uomini. Le parole possono far uscire lacrime dai cuori
più duri" (P. Rothfuss).
Un problema importante da superare è anche
quello delle parole negative che creano pericolose pause della nostra
evoluzione: l'obiettivo è quello di abbandonare ogni negatività (anche nello spirito)
per trasformarla in potenzialità positiva (trasformando il vocabolario per "caricare"
l'espressività e chiudere con le emozioni negative con la consapevolezza di
poterle cambiare).
La potenzialità positiva può
manifestarsi sia nella selezione delle parole (l'inconscio risponde solo all'emozione
ed è evocato delle parole che pensi), sia nella visualizzazione delle emozioni (le
nuove credenze sono pianificate nell'interno mentale, suscitate dalle emozioni
delle parole).
Riprogrammarsi è l'incentivo giusto
assimilando le espressioni autopotenzianti e creando conseguenti domande
potenzianti (es. come posso dare il meglio situazionale? Come posso migliorare
me stesso? Cosa fare per essere al mio meglio adesso? Come comunicare al
meglio?...)
Le domande servono per spostare
l'attenzione, cambiare stati d'animo, accedere alle risorse personali che
attengono la spiritualità diffusa nell'Essere.
A Robbins la sintetizza così: "Domande di
qualità producono una vita di qualità".
Fondamentale è poi riconoscere il
potere che le parole hanno su chi ci circonda, finalizzato a sostituire i
concetti depotenzianti con quelli potenzianti.
"Le parole possono provocare
malattie, le parole possono uccidere: perciò i medici saggi stanno molto
attenti al mondo in cui comunicano con i loro pazienti" (N. Cousin).
L'organismo di un paziente reagisce
molto più positivamente se la diagnosi viene comunicata con un linguaggio che
eviti la disperazione o depressione.
Il linguaggio trasformazionale è molto
utile anche nel migliorare la comunicazione tra genitori e figli.
"Le parole non si limitano a
rappresentare la nostra esperienza, ma spesso la incorniciano, la
contestualizzano portando in primo piano certi aspetti e lasciandone altri
sullo sfondo" (così R. Dilts).
Su questa premessa si vede la
differenza che può fare l'uso di "connettivi" come "ma", "e",
"anche se", nella comunicazione.
Reincorniciare le situazioni peraltro
significa spostare il "focus" delle persone per offrire una nuova
visione della realtà motivante e produttivamente umanizzante (v. rapporto
artifex-cose).
Spesso il linguaggio che utilizziamo determina
il successo nostro e di chi ci circonda (ovvero dell'artifex e della
spiritualità oggettivata nel circondo vivente tra persone e cose/prodotte).
E quando si etichetta qualcosa con una
parola, si creano corrispondenti emozionalità che attengono la spiritualità
attiva del produrre vivente.
Dice D. Coleman: "Il leader
fissa lo standard emozionale del gruppo e in tal modo incide sulle performance
delle persone".
Prima occorre comunque eliminare i
pensieri superflui, ristrutturare le proprie credenze e sviluppare le proprie
potenzialità fino a diventare l'esempio vivente di ciò che si crede e si
afferma.
Sosteneva Napoleone: "Le
battaglie si vincono per un terzo con le armi e per due terzi con il morale
delle truppe".
Solo quando si siano ottenuti risultati
probanti nel dialettico rapporto artifex-oggettualità, si può condividere la
valenza umanizzante/esponenziale con altri, così da rifluenzarne le conseguenti
fasi di esperienza concreta.
Fine prima parte.
Marco dei Ferrari
Questa corposa analisi comportamentale prende di mira la comunicazione nei suoi aspetti più sottili e sensibili, molto più che in quelli vistosi e intellettuali. Marco dice che il linguaggio più efficace è quello silenzioso, corporale (abbigliamento, postura, gesti, eccetera), il quale accompagna le parole contraddicendole oppure rafforzandole. Tale linguaggio è più esplicativo dell'altro, perché ciò che veramente conta non è ciò che diciamo, ma ciò che facciamo. Splendido, in proposito, il pensiero di Paulo Coelho, dall'autore riportato: "Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell'essere umano". Le parole, ovviamente, sono comunque "magiche" ed efficaci, ma l'efficacia di cui qui si parla è quella della coerenza che nasce e che tende al miglioramento dell'essere umano. Da questo punto di vista è fondamentale e indispensabile "diventare l'esempio vivente di ciò che si crede e si afferma".
RispondiEliminaFranco Campegiani