Così
e'
Colloquio con
Dio
di Ermellino
Mazzoleni
Avevamo
lasciato
Ermellino
tra
le
amate contrade
nel
suo
dubbio
esistenziale,
simbolo dell'assoluta conoscenza e dell'assoluta incomprensione della luce
divina, al ritorno da uno sconfinato
itinerario
di
surreale
fascino
nel
mistero
degli spazi infiniti e dell'oltre vita
con
i
suoi
“Salmi
del Silenzio”.
L'avevamo
lasciato con questi suoi versi conclusivi : “ Declinate le laudi/ e le
serenate d'amore, /mi spetalo in salmi di silenzio”.
E
adesso
a 83 anni lo ritroviamo nel profondo cuore della terra, ormai giunto alla conoscenza cosmica
del tutto e del nulla dopo aver concluso la sua sterminata avventura,
personificando nell'infinità del tempo l'uomo ed il suo travaglio, ponendo se
stesso all'inizio e alla fine di ogni
creazione naturale attraverso le ere più lontane, gli spazi immensi, percorrendo
il tempo- non tempo della storia e dei mondi
nella
ciclopica
lotta
tra
le
umane
tentazioni
e
l'ascesa
ai
cieli.
Ma
ancora
preda
della
sua
irrefrenabile poesia scrive,
sogna , fantastica, mentre
inesorabilmente
tramonta
nella
malinconia
di
una
umana dimensione dopo il suo sovrumano volo metafisico.
Riappaiono
nei suoi versi la
giovinezza,
il
fascino
arcano
dei
luoghi
attraversati,
ritorna
lo
stupore
dei
canti
dell'Angelo,
il
suo
esistere-
non
esistere
nel
mondo.
Sogni
dolcissimi,
riminiscenza
di
antiche
radici
celtiche
e
memorie
pagane
si
alternano
e
si
intrecciamo
alla
viva
coscienza
del
suo
reale
e
gravoso
esistere, portandolo
a
colloquiare
ancora,
e
forse
per
l'ultima
volta,
con
il
suo
amato
e
odiato
Dio
nel
tentativo
di
ritrovarsi
in quella
luce
di
Grazia
e
perfezione
che
rappresenta
la meta finale, la
chiave
per
interpretare
la
vita
ed
il
suo
rapporto
con
l'infinito
spazio
del
tempo.
Vuole
giungere, come scrive
concludendo
la
sua
breve
nuova
silloge, “oltre
il
cosmo
e
l'eterno,
oltre
Dio”.
“Cosi
è
“,
la nuova silloge di Ermellino Mazzoleni dunque
si
pone
come
documento
di uno status vitale e spirituale che ha il sapore di un lascito testamentario
in cui si certifica ancora una volta la
lacerazione profonda di cuore
e
d'anima,
il combattimento senza fine tra beatitudini angeliche e tentazioni demoniache
con il nostro che si presenta a
Dio
anelando la
resurrezione,
chiedendo pietà
e
ponendo
una
soluzione
finale
alla
sua
interminabile
ricerca
con
i
versi
terminali che recitano:
“Approdato
al
golfo
del
silenzio/anelato
come
la
rosa/che
ghiaccia
azzurra
fra
le
neve,/
con
trepida
umiltà
deporrò/
il
mistero
di
me
stesso/nella
braccia
del
Creatore”.
E'
lui
che rivelatosi l'uomo/poeta nato
e
vissuto
nel
fiato
vitale
di
Dio,
erede
di
supreme
visioni
ma
anche
umanamente
tentato
dal
maligno
e
che
vive
nell'eterno
scontro
tra
il
bene
e
il
male,
a porre fine
alla
sua
travagliata
condizione
esistenziale,
al
sontuoso
e
terribile
sogno
,
in
quell'Oltre
in
cui
si
svelerà
il
suo
mistero
in
un
aurora
senza
tempo.
Da
sempre
il
nostro
grande
poeta
dialoga
con
il
suo
Dio,
con
quel
cielo
in
cui
intravede
lo
splendore
della
sua
Lucia,
ma adesso e dopo la mirabile navigazione nel tempo e negli spazi dei “Salmi
del silenzio” questa sua intima esigenza si fa più assillante
nell'avvicinarsi della magnificenza di
quella terra
di
confine
in
cui
sta
per
entrare
.
E
così
Mazzoleni
scrive
sedici pagine
poetiche di una
formidabile silloge con il suo linguaggio che
ripropone
la
straordinaria
anarchia
lessicale
e
sintattica
di
grande
fascino
di
sempre
e
che
si rivela nobilitazione
semantica.
Una
raccolta al
tempo
stesso
confessione
di
fragilità,
preghiera,
annuncio di inesorabile decadenza, amarezza,
malinconia, e vertigine
di
angeliche
apparizioni,
di
soavissime visioni di
creature
di
un
universo
meraviglioso,
in cui la propria parola poetica diventa
adesso
oggetto
di
spietata
autoanalisi critica.
Come
è
nel
suo
stile
la narrazione si svolge tra
l'apoteosi
della
bellezza
della
conoscenza
divina
e
le
tentazioni
del
maligno
annidate
nella vanità
umana.
A
83
anni
dunque Ermellino
torna
a
interrogarsi
sulla
sua
scrittura,
annuncia
tramonti,
distacchi,
si
immerge
nelle
visioni
edeniche di vallate e cieli, nella
voce
della
sua
anima,
eternamente
dibattuto
da
quel
conflitto
esistenziale, tormento e segno distintivo delle anime
nobili
che
scorgono
in
sé
stesse
le
sembianze
del
divino.
Scrive
con
frenetica
passione
della
sua
vita,
della
sua
morte,
delle
sue
contrade dove come
cita
: “ baciai la
sposa,
dove
la
cantai,
ospite
del
sesto
universo”.
Come
nei
“Salmi
del silenzio”
ritornano,
nella
parte
centrale
della
raccolta,
le
citazioni
dei suoi miti artistici, le estatiche
ammirazioni
verso
grandi
personaggi
dell'arte
e
della
cultura,
da sempre suoi fedeli compagni di lettura e riflessioni ed esempio di eterna bellezza.
Della
sua poesia scrive più volte: “ Ho
fatto
la
parola,
mi
dico/
soddisfatto.
Stupido./“
e
ancora
“Un
diavolo
venne
a
tentare/
la
mia
vanità
“ Sei soddisfatto-/
mi
disse-
della
tua
poesia?;
,
ed
è
qua
che
sta
una
delle
chiavi
di
interpretazione
del
libro,
ossia
questo
interrogarsi
sulla
sua
poetica
presenza
nel tempo sin da quello della prima
galassia e
“che
ancora
deve
gemmare
presente
e
maturare
albicocca
d'eternità
“,
come
testualmente
riporta.
E'
dunque
un
libro
che
tenta
di
definire
sinceramente una identità,
di una profondissima umiltà, colmo di
mea
culpa,
rimpianti,
ma
anche
di
saggezze, racconti
e meraviglie di chi
ha
navigato
l'eterno,
intuito
la
grazia
della
perfezione
accarezzandone
i
contorni,
interpretato
e
capito
il
mistero
di
Dio
ma
anche
e al contrario costantemente tormentato dal suo
umano limite di incomprensione dell'ignoto.
E'
tipico
di
Ermellino
Mazzoleni
questo
ondeggiare
tra
i
territori
della
terra
amata e
le
praterie
sconfinate
dell'universo;
un
ondeggiare
che
col
passare
degli
anni
si amplifica sempre più con
l'avvicinarsi della soluzione finale del mistero esistenziale che
attenderà
nella
casa
di
montagna
del
padre
dove
tramonterà
e
dove
scrive con
versi
dolcissimi
“ Sarà un
addio
lungo
come
la
vita.
Nelle
mani
di
Dio/il
tempo
si
farà
eterno”.
Ma
intanto
annuncia
il
sogno
dell'Angelo,
del
miracolo
al
germinare
della
nona
aurora,
del
canto
e
della
fioritura
in
gola
di
un
cardellino;
riafferma
il
suo
vissuto
avvolto
nelle
galassie,
la
gioia
del
suo
cuore
e
lo
svelamento
del
Dio
ignoto
(
oceano
e
dalia,
sole
eterno
di
gioia);
afferma
la
sua
conoscenza/abitazione
di
territori
infernali,
le
tentazioni
demoniache e cita : “Abito
tre
inferni
/e
tre
deserti
d'angoscia,
/sono
demonio
di
me
stesso”.
Ma
questa silloge è anche il
canto
di
chi
ha
conosciuto
profondamente
il
dolore
umano, è lo svelamento della sua pietas umana , la
lettura della sua saggezza e sapienza..
Una
raccolta
attraversata
da
annunci
in
corsivo,
che sono slanci vitali
e
liberatori con
quel
suo
reiterato “ Voglio
andare”
verso
cattedrali
e
luoghi
di
grande
spiritualità,
ma
anche
verso”
il
non
dove,
/cattedrale del vuoto e niente,/Cavallo al vento non squillato, /voglio andare
al non dove” e ancora “ all'Oltre/cattedrale di stelle
ignote/Cavallo all'infinito ed
infine “Oltre me stesso e l'alba prima,/ oltre il
cosmo e l'eterno, voglio andare oltre Dio”/.
La
poesia
finale
Ermellino
la
dedica
alla
sua
amatissima
Lucia,
nell'attesa
dell'incontro
nei
sette
cieli
e
sette
arcobaleni
in
un
aurora
senza
tempo
dove
splende
come
la
Beatrice
di
Dante,
luce
finale
e
Grazia a
cui
approdare.
Forse questo libro rappresenta l'ultimo appello alla vita, alla morte , al mistero, l'ultima certezza o l'ultimo dubbio esistenziale per il grande poeta nel tentativo di acquietare finalmente il cuore e l'anima e lasciare nell'infinità del tempo la sua traccia di uomo e divino al tempo stesso, ritornando all'origine delle origini oltre ogni dimensione e spazio.
Carmelo
Consoli
Carmelo Consoli è lettore di grande sensibilità. Mi pare tocchi con la graziea che gli è propria i bei versi del poeta Mazzoleni. "baciai la sposa, dove la cantai, ospite del sesto universo.", ho i brividi. E' un verso bellissimo che attende di compiersi in quel settimo cielo ricolmo d'amore.
RispondiEliminaConcordo con la carissima amica Patrizia nell'asserire che Carmelo, altro antico amico, scrive con raffinata sensibilità e particolare grazia. Nella sua esegesi di Ermellino Mazzoleni tocca i punti salienti dell'Arte del Poeta e li trasmette a noi lettori con empatia e scrupolo professionale. L'Autore salta fuori dalla pagina, è davanti ai nostri occhi, con il suo "ondeggiare tra i territori della terra amata e le praterie sconfinate dell'universo; un ondeggiare che col passare degli anni si amplifica sempre più con l'avvicinarsi della soluzione finale del mistero esistenziale", con il dolore che ha portato sulle spalle e nell'anima e con la pietas che lo caratterizza. Ringrazio Carmelo per quest'ennesima eccellente lezione, mi inchino e lo abbraccio forte, rivolgendo un saluto ammirato al Poeta.
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