Pagine

venerdì 18 febbraio 2022

CARMEN MOSCARIELLO: "IL PIANTO E' ANCHE DELLE PIETRE"

Carmen Moscariello,
collaboratrice di Lèucade


Poesie 2022

Il pianto è anche delle pietre,

 23 novembre 1980 ( pubblicata in "Il tunnel dei sogni" Il Convivio Editore e in "Ouverture"di Carmen Moscariello


Lo ricordo bene è l’anno della nascita di Silvia

come se non bastasse

subimmo anche un alluvione.

Autunno che a Montella è già inverno (prima pioggia inverno a Nusco!)

Lunghi singhiozzi di polvere

mani nude che scavano il sole

sottoterra è l’inferno.

Ululi dei lupi

anch’essi divennero cani randagi

distesi sulla nuda terra.

Servono 2000 bare

Dove li mettiamo?

Distesi i bambini appena nati e i vecchi con i loro bastoni

li tiravano fuori

Patii da Formia con un convoglio,

le strade non c’erano più,

bisognava aspettare l’alba

le mani dei morti e i visi bianchi come

la calce, dalle viscere lamenti d’orrore

e i morti aspettano, guardano il cielo

in fila sulla piazza, senza un lenzuolo

gli occhi che nessuno ha chiuso

contro le porte accatastati i bambini hanno capelli bianchi

e mani in preghiera, non si muovono.

Quieti non c’è neanche la mamma a cullarli.

Mille mani.

A Sant’Angelo raccolsi tante

compagne di studio

mamme con bambini.

Gli occhi di creta della notte

buia, buia.

Che fine ha fatto la luna?

Si piange da soli con una coperta estranea

sulle spalle, la notte ulula scomposta.

Il dolore è il signore del male,

non abbandona il vento

un’afa sconosciuta a quelle valli.

All’alba nuvole di polvere, non ci si riconosce

il pianto delle pietre dietro i forconi

si cerca, si chiede:

dové? L’hai visto? L’hanno tirato fuori morto.


Dové mia madre?


Il giorno si mette a chiamare

la mia bambina sussultava nel mio ventre,

all’alba potei entrare a Montella

La mia casa c’era ancora,

la tirarono giù tre giorni dopo. (Dalla raccolta "Tunnel dei sogni"Il Convivio Editore e in "Visionaire" 

di Carmen Moscariello

 

1 commento:

  1. Cara Carmen... permettimi di chiamarti così, un ricordo bruciante il tuo, che mi ha coinvolta e riportata al 1990, al terribile sisma che distrusse troppe vite e lasciò senza case infinite famiglie. Io in quel periodo vivevo proprio a Formia, ma corsi dal mio attuale marito, allora giovanissimo, nel Sannio. La sua casa non esisteva più e la sua famiglia era accampata in piazza in una tendopoli. Con metafore lancinanti dipingi lo strazio: "Lunghi singhiozzi di polvere/mani nude che scavano il sole/sottoterra è l’inferno." Tutto è visibile. Tremano di nuovo le ossa, i capelli, le fibre, il cuore. E tua figlia sconfiggeva la morte spalancando l'uscio della vita! Il tuo incedere, che in apparenza è un misto di prosa e poesia, è un modo di urlare il dolore senza fronzoli, con rispetto e dignità assoluti. Ti ringrazio per questo ricordo vivo nella memoria di tutti... e per la capacità di essere lieve e sanguigna.
    Ammiro infinitamente il tuo modo di scrivere, come critico e come Poetessa. Ti abbraccio grata.

    RispondiElimina