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lunedì 9 maggio 2022

IL SERCHIO POETICO DI NAZARIO PARDINI


Il Serchio poetico di Nazario Pardini

 

Il Serchio pur essendo un fiume di tutto rispetto è certamente un fiume meno famoso del suo fratello Arno, ma non meno felice quanto a citazioni, poesia, dipinti, emozioni artistiche... Lo citava Dante, ricordandone la frescura, Ariosto nelle sue Satire, D’Annunzio, che nell’Alcyone, alla ricerca della foce scrive:

 

«Il Serchio è presso? Volgiti all’indizio.

Ecco la sabbia tra i ginepri rari,

vergine d’orme come nei deserti.

Si nasconde la foce intra i canneti?

La scopriremo forse all’improvviso?

Ci parrà bella? No, non t’affrettare!

………………………………..

Liberi siamo nella selva, ignudi

su i corsieri pieghevoli, in attesa

che il dio ci sveli una bellezza eterna.

Non t’affrettare, poi che il cuore è colmo».

 

E il Pascoli in Odi e Inni, che appartengono al “periodo pisano” del poeta, e costituiscono l’espressione più tipica della sua “poesia civile”, così lo canta:

 

«Te vidi, quando sceso, negli umili

tuoi giorni di magra, dal monte,

parevi arrossire del ponte:

del ponte grande, tu sottil rivolo,

roseo per una nuvola rosea,

cui chiesero, il giorno, le polle,

che le ravvenasse, e non volle:

………………………………

la sera, o Serchio, mentre sul candido

tuo greto fitte squittian le rondini,

dicevi: “Oh! in quest’afa d’estate

le mie spumeggianti cascate!

…………………………….…

Vo mogio mogio: povero a povere

genti discendo, piccolo a piccoli

poderi che sembrano aiuole,

ma che ora inaspriscono al sole…”».

 

Anche il grande Ungaretti così lo rievoca: «Questo è il Serchio / Al quale hanno attinto / Duemil’anni forse / Di gente mia campagnola / E mio padre e mia madre….».

Scriveva Ungaretti rievocando i fiumi che hanno segnato la sua vita: «… Questa è la mia nostalgia / Che in ognuno / Mi traspare / Ora ch’è notte / Che la mia vita mi pare / Una corolla / Di tenebre».

 

Perfino il pittore incisore Giuseppe Viviani, di non perduta e riconosciuta fama, che viveva tra Bocca di Serchio e Boccadarno, terra di pescatori e di venditori ambulanti, dove andava a caccia col suo immancabile fucile e i suoi amati cani, solitario e autodidatta, e negli anni Cinquanta si definiva «Il Principe di Boccadarno senza Corona, con sudditi ambulanti, e penna facile…» dedicava alla sua terra, oltre gli incantati dipinti e le incisioni, le acqueforti, le litografie, i disegni e aveva dedicato anche frammenti lirici, dimostrando di possedere, tra le tante capacità artistiche, anche quella della parola poetica:

 

«Là dove placido trascorre il Serchio,

acque remote, brividi e luci, dell’Universo!

luoghi che ancora restano al mondo,

perché tristezza, almeno un angolo, abbia giocondo!

…Ventilar di canneti

garosi di star cheti

cheti, come quest’acqua

che al ciel apre le braccia..

Ora una nuvola, ora quell’altra

s’abbassan quasi, a toccar l’acqua,

poi, d’un balzo, pregne d’odori,

portano al sole umidi umori.

Capanne vuote in su la foce, vedo

ombra densa, di placido velluto nero

dalle finestre, che non han vetri,

non vi dimorano dentro i poeti?».

 

Pure lo scrittore Guglielmo Petroni, vincitore del premio Strega 1974, dedicava al fiume il suo romanzo La morte del fiume, non alla ricerca di un idillico tempo perduto, ma recuperando il passato e le sue esperienze, per farle diventare una conoscenza nuova, consapevole, e coglieva nel fiume e nel suo divenire la comprensione delle ragioni profonde dell’esistenza.

 

Il Serchio è il fiume di Nazario Pardini.

 

In una breve conversazione Pasquale Balestriere, a commento della sua ultima poesia Nausicaa sulle rive del Serchio [1]), gli contesta benevolmente e scherzosamente la dislocazione: «… Nausicaa sul Serchio no! A fatica lo concedo alla tua immaginazione (che del resto chiami in causa già dal primo verso), alla forza della tua fantasia poetica….»; …dice, rispondendo, Nazario Pardini: «… non volevo assolutamente defraudare Nausicaa delle sue ischitane origini, e poi al Serchio, fiume piccolo e di poco conto per i giochi della bella odisseica fanciulla. Il fatto sta che mi trovavo giorni fa sulla bocca del mio fiume, e stavo osservando le sue acque che si spengevano quietamente nel mare, e tutto attorno rovi e pinete. Una natura selvaggia e primitiva. “Quasi quasi la nobilito con una reminiscenza - anche se parecchio personalizzata - omerica” ho pensato. Ed in breve ho veduto Ulisse uscire affaticato dal mare, e la principessa con le ancelle giocare a palla sulle rive. “Perché non trasferire il tutto in poesia” mi sono detto. Ed ecco Nausicaa sulle rive del Serchio, fuori da ogni contesto culturale, che in questi casi ritengo piuttosto dannoso...».

Maria Grazia Ferraris

Dal blog “Alla volta di Lèucade” [2])

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1]) Pubblicata sul blog “Alla volta di Lèucade”, luglio 2017, http://nazariopardini.blogspot.com/2017/07/n-pardini-nausicaa-sulle-rive-del.html

[2]) http://nazariopardini.blogspot.com/2017/08/maria-grazia-ferraris-il-serchio.html

1 commento:

  1. Bentornata Maria Grazia e complimenti per questa lettura critica della lirica del nostro Nume Tutelare, che mette in evidenza quanto il fiume Serchio sia stato cantato da grandi della Letteratura come Ungaretti, Dante, Pascoli, Petroni e perfino dal musicista Viviani. Un exursus che restituisce al figlio dell'Arno la sua dignità artistica e ci consente di visitare Opere illustri. Le tue esegesi, amica mia, sono sempre avvincenti, appassionate, empatiche. Splendida la chiusa, nella quale fai riferimento a un commento di Balestriere, che creò un'assonanza tra Ulisse e Nausicaa sulle rive del Serchio... un fiume che sempre più, diviene linea di demarcazione e non solo geografica ma, per così dire, dell’anima.. E se, per esprimerci con Eraclito, 'non ci si bagna mai due volte' nello stesso fiume, è per l'attitudine di questi corsi d'acqua a scorrere incessantemente, a scandire lo scorrere del tempo... prima di cadere nel fratello - mare. Inevitabile, quindi, che anche il Serchio, tanto caro a Nazario, sia divenuto elemento poetico per i grandi della Letteratura e per le loro Opere. Grazie Maria Grazia della tua disamina, del tuo genio e, soprattutto, del tuo ritorno sull'Isola! Ti bacio insieme al carissimo Vate.

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