Un giorno mi serviva una pietra per delimitare il mio campo
Lo so, gli animali marcano il territorio
con l’urina, ma io sono previdente e so che la pietra dura nel tempo… la pietra
l’ho presa da un campo di pietre.
Poi ho visto che, per impedire che
animali e persone passassero sul mio campo, non mi bastava una pietra e ne ho
prese altre mille per costruire un muretto. Il padrone del campo di pietre si è
visto svuotare il suo terreno, ed è venuto a protestare ma, avendo visto il
muro, ha deciso di vendere le pietre per fare muri.
Il
mondo si è diviso in proprietari di terra segnata da muri e proprietari di cave
che macinano montagne.
Il campo recintato produceva alimenti,
la montagna produceva materiale per segnare i confini. Gli affari andavano bene
e ho comprato altra terra e altre pietre per segnare altri confini, costruire
un casale con la stalla e il porcile, fare una stradina di accesso, una legnaia
coperta e scavare un pozzo, delimitandolo con altre pietre.
Il padrone della montagna aveva
continuato a scavare, ma il verde dei boschi, ormai, era diventato lo sterile
grigio dei sassi e la montagna era ridotta a metà. Io ho continuato a coltivare
e delimitare, ma la terra era grande e mi serviva aiuto, non vedevo i confini
più lontani e mi serviva sorveglianza, portava molti frutti e mi serviva la
capacità per immagazzinarli e trasportarli; tutto questo andava gestito e mi
servivano i manager, ma per fidarsi ce ne vuole, quindi mi servivano consulenti
esterni per gestire i manager che gestivano l’azienda e i dipendenti…
Poi dovevo moltiplicare il profitto e
ridurre gli sprechi, per cui mi servivano gli “auditors”, naturalmente i
migliori, e poi mi serviva la certificazione per la quotazione in borsa, per
far parte del mondo della finanza, per soddisfare gli stakeholders, e
tutto diventò di una tale complicazione che io non riuscivo più a gestirlo.
Intanto la terra era diventata sterile e chiedeva nutrimento, ma il bosco era
stato abbattuto per costruire navi e mobili, il sottobosco non esisteva più, la
terra era diventata pietrisco, l’humus era scomparso e il letame non era
sufficiente a concimare tutta la terra che possedevo.
Allora venne un amico che aveva trovato
il sistema per produrre quel nutrimento grazie alla ricerca scientifica, una
droga potente che rendeva la terra fertile, e il raccolto fruttò come non mai.
Mi occorrevano altra terra e altri confini, il sistema dei muretti era obsoleto
e comprai recinzioni elettrificate. La cava fallì, ma nel frattempo aveva
distrutto tutte le montagne e il territorio era un susseguirsi di cave dismesse
e di terre coltivate concimate chimicamente.
Allora mi servì una consulenza di ancor
più alto livello per capire come far fruttare queste mie terre, per cui
licenziai gli altri consulenti, esternalizzai il management, impegnai i
ricercatori di tutto il mondo per produrre un concime ancora più efficace,
acquistai droni irrigatori per spargerlo, arrivai a fertilizzare cento ettari
con poche gocce, ottimizzai l’utilizzo dei macchinari, ridussi l’intervento
umano e dimezzai il consumo di acqua per essere in pace con la mia coscienza
ecologista…
Ma quando mi presentai al mercato con il
mio raccolto capii che nessuno l’avrebbe comprato perché le cave di pietra
avevano chiuso, i produttori di macchinari avevano licenziato metà del
personale, i miei braccianti non lavoravano più, il management era stato
sostituito da consulenti esterni, i consulenti esterni erano stati sostituiti
da consulenti di altissimo livello che lavoravano in un altro continente e
compravano la frutta dal contadino del quartiere rigorosamente ecologica e a
chilometro zero.
Insomma, non andava tanto bene e dovevo
render conto agli auditors che dovevano rendere conto agli shareholders che
dovevano rendere conto agli stakeholders; chiesi aiuto a consulenti
esterni di ancor più alto livello che mi consigliarono di vendere, ma la mia
terra valeva quasi nulla, perché i clienti erano ormai pochi e quasi tutti
amici dei consulenti del più alto livello che compravano la frutta dai
contadini a chilometro zero in un altro continente.
Ho
venduto la terra.
Ora vendo pietre a quelli come me, e in
gruppo andiamo ogni settimana a lanciarle sui vetri dell’azienda dei consulenti
esterni di più alto livello, quelli che ci hanno consigliato di vendere a
una private equity, e che comprano la frutta dal contadino a
chilometro zero in un altro continente.
Morale della favola: le sorti del mondo
sono decise da “consulenti esterni” che decidono sulla base di analisi e di
modelli matematici che per ingrassare le casse dei loro stakeholders non
considerano gli effetti a lungo termine che, a volte, si traducono anche in
guerre di cui non ci importa granché, tanto succedono sempre altrove.
scritto da:
Poeta,
scrittore pittore. È traduttore di Alberto Blanco e di Ernesto Pérez Zuñiga. Ha
partecipato a prestigiose mostre in Italia, Francia, Spagna, Turchia, Lussemburgo
e Malta. Tra i riconoscimenti: Lo Spoleto Festival Art 2014, per attività di
promozione della cultura. Vive a Madrid dove gestisce una galleria d’arte.
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