Maria Rizzi su “Il teorema della spada” di Lucio Sandon - Jacopo Bertoni Editore
Ho
ricevuto in dono dall’amico Lucio Sandon, nato a Padova e trasferitosi a
Portici, in provincia di Napoli da ragazzo, il romanzo “Il teorema della spada”
- Bertoni Editore - e, pur scrivendo gialli sociologici, sono rimasta molto
colpita dalla capacità del Nostro di concepire un thriller che comprendesse
tanti generi letterari e tanti personaggi diversissimi tra loro. Innanzitutto
va detto che l’Opera ha una solida base storica ed ero consapevole che l’Autore
fosse ferrato in questa materia. Eppure la lunga vicenda di Annibale Barca
risulta nuova pur narrando di tempi immemorabili. Il passato sembra rinascere
con essa. Le lunghe vicissitudini del condottiero cartaginese e delle guerre
contro i romani si legano incredibilmente a quelle del suo trisavolo, lo
sprovveduto Angelo Aquilani, viceispettore del
servizio informatico del Corpo di Polizia Penitenziaria del carcere di
Poggioreale. Quest’ultimo potrebbe meritare l’appellativo di protagonista, in
quanto riveste il ruolo di filo conduttore ed è l’io narrante del libro. Il
voluminoso testo ha un corpo unico e ben
strutturato, anche se il racconto salta da Cartagine a Napoli; al villaggio di
Maricaq, in Afghanistan, dove il figlio del viceispettore, Paolo, è medico della Croce Rossa; al Molise, terra
natia di Angelo, a Pula nella Sardegna meridionale, in provincia di Cagliari.
Le tematiche affrontate da Lucio Sandon in quest’Opera sono numerose e
affascinanti. Si dimentica di seguire la trama di un noir e si viaggia su
registri seduttivi: l’esoterismo, la realtà del Servizio Sanitario italiano,
tra i più organizzati del mondo, eppure esposto al rischio di attentati, l’umorismo,
steso spesso come velo sulle tragedie, i flash back del passato recente che si
collegano a quelli dei tempi remoti, gli incontri imprevisti e balsamici, la
poesia. Lo stesso Autore che, con tragica attualità, scrive: “L’Italia è uno
dei primi paesi produttori di armi: la classifica mondiale la vede al nono posto
per quantità di armi da esportare. Quasi il tre per cento delle armi di tutto
il mondo”, ci delizia tramite immagini di empatia con madre - natura : “Le
acque del Volturno appena nato sono limpide e purissime, si lanciano in salti,
spume, gorghi, spruzzi, si frangono in rivoli e pulviscoli iridescenti al sole
e formano arcobaleni nel cielo”. Si può dire che laddove il Narratore non
ricorre all’autobiografia – in questo caso solo nella scelta di alcuni luoghi -
due qualità essenziali formano la struttura del romanzo: l’una è insita nello
Scrittore e nella sua libertà, l’altra nel mondo e nella sua necessità. La
prima può definirsi autarchia, la seconda universalità. E in questo senso il
romanzo diviene il cosmo di Dio. Nel caso de “Il teorema della spada” si può
asserire che dimostra quanto siamo tutti collegati, in ogni epoca, apparteniamo
alla stessa storia che cerchiamo di raccontare dall’alba dei tempi, perché sappiamo
che quel racconto è l’unica strada per evolverci. Angelo Aquilani è collegato
ai secoli precedenti, strumento del presente, eletto a salvatore del figlio e
degli amici. Il poderoso nerbo narrativo di Sandon lo proietta in accadimenti
lontani anni - luce dalla sua indole tranquilla e lo rende un anti eroe che
conquista i lettori. Per quanto riguarda l’elemento che, con approssimazione,
ho definito esoterismo, si lega perfettamente a una vicenda che vede le origini
ai tempi delle guerre puniche e della dea della Luna, Tanit, autentica
co-protagonista dell’Opera. L’esoterismo nasce dall’assoluta conoscenza di chi
ha osato per primo affrontare il peso della sapienza trafugandola agli antichi
dei. L’uomo nell’antichità tradusse in conoscenza ciò che aveva captato
dall’esterno. Durante la ricerca della ragione della propria esistenza il suo
discernimento si volse verso l’imponderabile, perché non poteva esistere
soltanto il nulla. Ogni percorso portava l’essere umano verso ricordi
antecedenti: gli archetipi, che si manifestano sotto forma d simboli. Tali
simboli avevano un’importanza fondamentale e la loro energia veniva impiegata
come legame con il tutto. Da ciò si deduce che l’esoterismo non può essere
confuso con l’occultismo e men che meno con lo spiritismo, in quanto è
scaturito dalla parte più profonda dell’uomo. Ogni interrogativo trovò un riscontro
con l’inizio dei culti sacrali e delle varie manifestazioni misteriche. Nel
romanzo di Sandon il simbolo è una spada tempestata di pietra preziose, della
quale il viceispettore entra in possesso casualmente e che sembra poter
determinare la catena di eventi che si trova ad affrontare. Come in ogni
thriller non mancano le vittime, ma l’Autore non ama spargere sangue e destare
orrore gratuito. Sembra che il suo primo scopo sia la restaurazione
dell’ordine. Con una trama così complessa non è facile, eppure dopo aver letto
il volume occorre riconoscergli che lo svolgersi della sua storia consiste
nell’imbattersi di continuo in fenomeni visibili la cui spiegazione è nascosta
e, riflettendoci, questa è l’essenza di ogni filosofia. Per dirla con Robert Mckee
“Un thriller scritto bene non rappresenta una fuga dalla realtà, ma un veicolo
che ci conduce alla ricerca della realtà. Si potrebbe definire il massimo
sforzo per dare un significato all’anarchia dell’esistenza”. Nel libro di
Sandon si ha la sensazione di trovarsi d fronte a una babilonia narrativa,
visti i salti pindarici da un’epoca all’altra e il cambio dei personaggi, ma
l’arte dello Scrittore si rivela nella straordinaria capacità di tirare i fili
delle situazioni , riconducendole a un’unica imprevedibile causa, a una sola
verosimile volontà. L’Autore, che ormai ha patria interiore partenopea, non
poteva esimersi dal coinvolgere una rappresentanza della camorra, capitanata da
Ronciofellone a anche l’umorismo, che talvolta sembra inconsapevole, è di chiara
matrice napoletana. Egli riesce a rendere le situazioni nel contempo divertenti
e malinconiche, facendo sì che i personaggi riescano nelle tragedie a
realizzare una forma di distacco di fronte a se stessi e e agli eventi che si
trovano ad affrontare. Riguardo alla lunga parte storica che introduce il
romanzo e pone le basi per le vicende che si susseguono senza dar fiato ai
lettori, credo vadano messi in rilievo gli studi, la professionalità e la
dolcezza con i quali Sandon narra la storia del temibile Annibale Barca, del
fratello Mengone e dei vari guerrieri, intervallandola con il diario di
Amilcare, figlio del comandante cartaginese, un bimbo come tanti, che ‘crede
che il papà sia un po’ matto’ L’epilogo del lungo, interessante preludio ci
porta a conoscenza della temuta dea Tanit e degli elefanti, tanto importanti
per l’esercito africano, che al termine del romanzo ritroviamo nelle vesti di
Dumbo, un asino robusto e mansueto, che dovrebbe farsi carico di reperti
antichi molto pesanti. Da grande narratore l’Autore compie un’operazione
altamente originale e creativa: mette in scena. E dimostra che i libri come i
suoi non si prefissano di narrare una sola storia, piuttosto un’espansione
della vita, specchio di ogni esistenza precedente… Nel trhriller di Lucio
Sandon il caso non riveste alcun ruolo, e se qualcosa o qualcuno ha l’aspetto
del caso diviene destino e concatenazione. Per concludere chiamo in aiuto Haruki
Murakami e il suo “Kafka sulla spiaggia”, nel quale diceva: “Quando la tempesta
finisce non sai come hai fatto ad attraversarla. Anzi, non sei neanche sicuro
che sia finta per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito
da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”.
Maria
Rizzi
Grazie infinite a Maria Rizzi e Nazario Pardini!
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