Maria
Rizzi su “Specchio Specchio delle mie trame” di Ludovica Curia - Terre
Sommerse Edizioni -
Ho
ricevuto molti mesi fa la
Raccolta di Racconti di Ludovica Curia, “Specchio Specchio
delle mie trame” edito da Terre Sommerse, si tratta di una giovane Scrittrice
nata nel 2017, che l’anno scorso, nell’edizione biennale - causa pandemia
- del Premio “Voci”Città di Roma,
indetto dal nostro Circolo lnsieme per la Cultura (I.P.laC.) si è classificata nella
cinquina della sezione Racconti brevi tra gli adulti. Io non avevo avuto modo
di leggere il testo, in quanto presidente dell’Associazione. Oggi mi cospargo
il capo di cenere. Nel fiume di libri ricevuti quello di Ludovica è rimasto il
primo della fila e l’ultimo che mi sono trovata davanti. Non si dovrebbero
commettere simili errori. Ho finalmente letto la Raccolta e ho vissuto un
bagno nell’innocenza. I brani, che come sottolinea l’ottimo prefatore Niccolò
Carosi, si inanellano tra loro, formando una sorta di storia unica,
risarciscono della miseria che caratterizza noi esseri umani e che il Covid,
purtroppo, non ha migliorato. Da questi due anni di isolamento, di assenza di
contatti, di paura, non è nato ‘l’uomo buono’ del quale si è parlato fin
troppo. Neanche gli eventi bellici, che continuano a verificarsi nel mondo e
che da mesi si svolgono a solo settecento chilometri da noi con migliaia di
vittime tra i civili e con il rischio di una minaccia nucleare, sono stati fautori
di cambiamenti. Viviamo nella bolla dell’indifferenza. Il testo di questa
giovanissima Autrice risveglia le coscienze assopite, restituisce calore,
dolcezza e il coraggio dei sogni. Il primo racconto “Il bimbo pane”è già
un’immersione nei principi del cristianesimo. Gesù si definisce come il pane
dell’esistenza. Inoltre è l’alimento nel quale si concentra l’evoluzione stessa
della vita: dal seme nasce il grano, che cresce, matura, viene mietuto e non
muore, dà origine a questo prezioso cibo. Il brano descrive l’amicizia tra
Tommaso, figlio di un panettiere e un bimbo che chiede l’elemosina al semaforo.
Il libro è un susseguirsi d storie che danno senso al tempo che ci è dato in
dote. Legami tra bimbi o bimbe molto diversi tra loro, gesti di altruismo, tensione
verso il prossimo, bontà e pietas intesa nel senso latino, come commozione,
partecipazione alle storie degli altri. Se fosse vero che la maturità inizia a
manifestarsi quando sentiamo che è più grande la nostra preoccupazione per
coloro che amiamo che non per noi stessi, Ludovica con questa Raccolta
dimostrerebbe di essere cresciuta molto prima e, soprattutto, molto meglio di
noi. Di essere un gigante tra i nani. Lei mostra di sapere che il rispetto,
l’educazione, l’amicizia, la solidarietà, rappresentano valori che intrecciano
la stessa catena, una catena che dovrebbe sostenere e fortificare il mondo. Scorrendo
le pagine del suo testo ho avuto la certezza che solo l’innocenza potrebbe
salvare il mondo. Gli universi lontani di Susi, Vanessa e Marta, che come
spesso capita, finiscono per intrecciarsi in “Cuori d’inchiostro”, commuovono, dimostrando
che l’amicizia nel trionfare sugli altri sentimenti seppellisce il narcisismo,
le ipocrisie, gli egoismi. Ogni brano ricorda San Francesco D’Assisi:
“Donandosi si riceve, dimenticando se stessi ci si ritrova”. Ludovica ha
composto anche delle fiabe e, per la prima volta, nonostante legga fiumi di
racconti svolgendo il ruolo di giurata in vari concorsi, mi sono imbattuta in
vicende che rispecchiano i canoni letterari di questo genere narrativo, che
reputo tra i più difficili. L’Autrice scrive “Il palloncino e la farfalla” affidando una morale al testo
ed evocando Italo Calvino e Gianni Rodari con il loro realismo magico. Il tempo
si piega di fronte alle parole di due creature dalle vite troppo brevi. Ed esorta
gli esseri umani: “Volate con leggerezza e con semplicità tra le straordinarie,
immense bellezze messe a vostra disposizione e poi se avrete un giorno o
cent’anni, poco importa se avrete vissuto con gioia e accanto a chi
amate!”Altro tema centrale del libro è la fratellanza, l’accoglienza delle creature meno fortunate di noi. In
tempi di barriere Ludovica costruisce ponti. Nel racconto “Io mi chiamo” una
delle protagoniste, riferendosi a noi italiani asserisce:”Ci hanno insegnato
che le parole sono più potenti di qualsiasi arma, che ciascuno di noi ha dei
diritti e che dobbiamo imparare a farli rispettare”. In realtà, rispetto al
resto dell’Europa, per non parlare dell’America, in Italia siamo molto
indietro. Lo straniero è percepito come extracomunitario, qualcosa di lontano,
e nelle istituzioni non esiste nessuna forza nell’includere questa realtà
sociale. La nostra Scrittrice sa colorare la vita con le tinte della sua anima.
E nella Raccolta trova spazio anche il rapporto con madre natura. Il racconto
“Le radici” narra la splendida amicizia tra una bimba e un albero. La piccola
aveva solo quattro anni quando, insieme al papà, piantò il semino di un acero,
che sarebbe diventato Fausto, il migliore amico di Erica. Una storia densa di
pathos, che illumina sul legame che dovremmo istaurare con i miracoli poetici
del creato, quei miracoli che abbiamo violato, tradito… Il testo di questa
adolescente, pura come acqua di fonte, scuote le fronde del cuore e ci dimostra
quanto siano vere le parole di Papa Francesco “Non abbiate paura della bontà e
neanche della tenerezza”.
Maria
Rizzi
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