Dove sei
Borgo stretto,
il nostro bar in piazza Garibaldi,
l’Arno che scorre lento verso il mare,
Corso Italia con i tanti specchi,
dove miravi allegra il tuo sorriso:
sono qui; ma tu dove sei andata?
Dove sei, anima dei giorni miei?
Tutto è silenzio attorno. A rimbombare
solo le tue parole nella strada
dove urlasti amore.
Ma dove sei, anima dei giorni miei.
Portasti via con te la giovinezza,
la mia, l’allegria, i passi per la via,
un po’ buffi e sgraziati, mentre in
alto
il cielo chiudeva una stagione.
E’ partendo
da questa poesia incipitaria che si può entrare da subito nelle poetica di
Nazario Pardini. Il suo stile classicheggiante, la sua forma endecasillaba,
sciolta e eufonica, il suo dire dove una serie ininterrotta di endecasillabi si
succedono uno dopo l’altro a costruire un messaggio unico e personale: il
contenuto semplice e affabulante, dove padre, madre, fratelli si alternano coi
nipoti a reificare momenti cruciali della
vita, sono le dominanti della sua arte. E’ difficile fare della vita
un’opera d’arte, e il Nostro ci riesce, alternando momenti più incisivi del
vivere. L’amore, il cuore, la civiltà contadina, coi suoi frutti e semplici e
accattivanti, danno il sapore schietto e memoriale di uno stile dove pathos e
logos si sostengono a dare sostanza ad un focus che rispecchia in profondità
l’animo e la forma del poeta. Nazario si rifà ai tempi che hanno formato il suo
carattere la sua indole: i tempi e i momenti di un esistere dove a briglie sciolte
scorrazzava nei campi dove i sagginali coi loro aculei pugnali difendevano la
sacralità del loro territorio. E’ qui che respirava a pieni polmoni l’aria dei
suoi campi, l’ombra delle sue querce, il sapore di una terra bagnata appena
dalla guazza mattutina. La campagna fa
parte della poetica di Nazario: i suoi freschi, la sua estensione, i suoi
tralci, sono entrati nel suo dizionario, fanno parte di lui, della sua cifra
fonetica. Non c’è bisogno di ricorrere a assonanze e consonanze, tutto è
mansueto e leggibile, tutto scorre fluido come l’acqua di un torrente alle
origini. La poesia scorre limpida e foriera di ricordi che animano i contenuti
coi loro ammicchi di grazia e gentilezza. Ibi omnia sunt: memoria,
amore, onirismo, realtà, reificazione di stati d’animo impellenti che bussano alla
porta per uscire e farsi concreti. Questa è la poesia di un artista che vince
col suo articolato linguaggio ogni
brandello di saudade per dare il suo eterno respiro, la sua eterna magia di
compattezza tra stile e contenuto.
L'intervento critico centra il focus della poetica di Nazario nei suoi punti salienti, basta citare la chiusa: "un artista che vince col suo articolato linguaggio ogni brandello di saudade per dare il suo eterno respiro, la sua eterna magia di compattezza tra stile e contenuto", e rappresenta perfetta esegesi per la lirica postata. "Radici" permette di visitare la patria interiore del poeta attraverso i luoghi a lui cari, attraverso l'amore passionale di allora che, come vento, ha trascinato lontano 'la giovinezza, i passi per la via, il cielo che chiudeva una stagione'. Non si tratta di radici immobili , ma di braccia stese, di un moto in divenire. Versi classici, non classicheggianti. posano sulla base solida del lirismo dei padri, ma urlano una modernità calda, vibrante, incandescente. Qualcuno definì il maestro 'il futuro bimbo' e credo che non potesse esistere definizione più esatta per un Ulisse che indomito naviga i mari dell'esistenza e non si arrende al desueto, allo scontato , al banale. "Tutto è mansueto e leggibile, tutto scorre fluido come l’acqua di un torrente alle origini"..e, per dirla con Eraclito, nei suoi versi 'il sole nasce nuovo ogni giorno', nonostante la saudade e il ricorso al metro classico. grazie al critico e grazie al nostro Poeta che sa coniugare passato presente e futuro e sa insegnare l'apertura d'ali. Lo abbraccio con tutto il mio affetto.
RispondiEliminaUna finestra sul passato, la finestra stretta e alta di un abbaino mentale che guarda il mondo nella sincronia di un momento dilatato verso il passato (“Radici”) e da lì proteso verso un futuro che doveva ancora accadere, a compimento di un ciclo (“mentre in alto un cielo chiudeva una stagione”). Versi di esemplare chiarezza, nel ciclo perpetuo dell’esistenza e di una realtà solo in apparenza circoscritta, ma nella quale, con espressione felice del commentatore “ibi omnia sunt”. Ancora grazie al poeta Nazario Pardini per questi altri suoi splendidi versi e grazie al bravo commentatore di cui mi piacerebbe conoscere l’identità.
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