COMPLEANNO
Il tempo ai
compleanni sancisce
che ogni età avanza
sempre coi giorni
che formano mesi, che
diventano anni;
e non c’è stasi ne
freno, neppure
oltre l’apice
valicato da tempo
dell’irto versante
del ritorno.
Ancora un anno s’è
compiuto,
ancora un gradino è
stato sceso
e ti chiedi, magari
stupito, come!
Ma non sai nemmeno
quanti pioli restano
da scendere
fin quando, a te
ignaro, Qualcuno
chiude a più mandate
quella porta
già socchiusa alle
tue spalle.
Quei cardini a guida
delle gesta
riaffiorano nel
pensiero per dirti:
“tanto hai compiuto
nel fare a fatica”
e stanco, pure
dell’umana miseria,
con un silente addio
irreversibile,
da tutti e tutto ti
congedi.
Dell’utile, forse, ne
è colmo il fagotto
che più grava ancora
nell’andare;
ma si farà leggero al
valicare
dell’uscio verso
spazi siderali,
dove su celesti lidi
planerai leggero
per un dolce approdo
su Orion, Lira o
Cassiopea.
Sarà quell’eterno
anelato riposo,
quell’eterno placarsi
dell’anima
al pieno ricomporsi dell’essenza.
Lug. 2022/30
Pasqualino Cinnirella
Cenni di lettura della poesia
IL COMPLEANNO
Di Pasqualino Cinnirella
In questa intensa lirica il poeta si confronta con i temi del
tempo e della morte come conseguenza del trascorrere inesorabile dei giorni e
come destino della condizione umana.
L’incontro con Thanatos, caro al pensiero poetico pardiniano,
si riveste di pacata tristezza e di nostalgica memoria senza mai scadere nel
pessimismo, ma con uno sguardo alla realtà del viaggio che ciascun uomo è
tenuto a intraprendere.
Il poeta bussa alla porta del mistero con il carico dell’esperienza
vitale, con le gioie e con i dolori, con il peso e la fatica del vissuto in un
sano e meditato realismo reso efficace da un linguaggio elevato e
contemporaneo.
“Il compleanno” scatena il senso del passato, delle cose perdute
e dell’età che avanza, l’immagine di una scala da discendere fino all’ultimo
gradino, la chiusura di un arco temporale irripetibile. Si sa, il tempo non
ritorna e non si ferma. Il poeta medita sull’accaduto: è tempo dato ma non
sprecato, ne restano i segni nell’anima e nel corpo.
“Qualcuno” manovra
l’universo dall’alto della sua onnipotenza ma il poeta è pronto a portare con
sé il “fagotto” che si “farà leggero” al valicare dell’uscio verso “spazi
siderali”. E lì vi sarà riposo, forse lo svelamento dell’arcano, la
ricomposizione dei frammenti dell’esistenza. Si saprà la ragione del viaggio.
La composizione si avvale di metafore e immagini ricche di visioni vivide.
La versificazione è scorrevole, musicale e mantiene il ritmo
attraverso versi liberi e lessemi accuratamente meditati. Nel complesso questa
lirica è collocabile non tanto nell’intimismo evocativo, quanto in una riflessione
umanistica e filosofica.
Marisa Cossu
Pasqualino mio, hai ricevuto l'esegesi dell'immensa Marisa, così esaustiva da rendere superflua ogni parola. Sì, scendi i gradini dell'esistenza e affronti i territori della memoria e il timore dell'incontro con Thanatos. Ma la chiusa risolve con un'apertura d'ali incantevole. Sei consapevole che la Vita e la Morte rappresentano un'unica essenza, siamo fatti di carne, di sogni, di nascite e di eterni sonni quodidiani. Un singhiozzo l'attimo, una lacerazione il palpito e una fine di te nella fine di ogni amore... Bellissima la tua lirca di oro e seta. Marisa tocca vette eccelse nel lirismo e nell'attività di critico. Mi congratulo con entrambi e vi stringo al cuore nel segno del Nume Tutelare.
RispondiEliminaCaro amico, ti ringrazio per aver pubblicato su Lèucade il mio commento alla tua poesia. Un abbraccio al nostro grande Nazario Pardini e a Maria Rizzi che ha voluto soffermarsi con squisita gentilezza sui nostri testi. Un affettuoso saluto
RispondiEliminaMarisa Cossu