Carissimi Nazario e Orazio, avrei voluto scrivere questo commento nel blog e l'ho anche fatto, credo senza successo. Nazario, forse c'è davvero un problema adesso. Lo farai tu per me quando potrai? Grazie.
Una lettura appassionata, vibrante di citazioni colte come soltanto il prof. Orazio Antonio Bologna può fare. La sua grande cultura, che abbraccia vastamente molti ambiti letterari, gli ha permesso di entrare nei suoni delle
parole facendoli propri. L'emozione, nel leggerlo, è tanta, almeno quanto la fortuna di averlo quale prezioso amico.
Ma davvero ho scritto un libro con il Poeta Nazario Pardini? Forse ancora non ci credo. Eppure è qui, vicino a me, così come a lui, lo so. Grazie, Nazario, per ogni momento vissuto in poesia e amicizia, e per quelli che vivremo; e grazie, Orazio, ancora grazie, per questo tuo dono immenso che ti ha rubato il tempo, che è prezioso per ognuno, e per avermi arricchita con la tua lettura che si presenta come un'opera critica di alto livello.
Buonanotte a voi, carissimi.
Di verticalità e altre cose
(il Mastro e la mezza cucchiara)
I
Dal Mastro mio provavo a rimestare
del più e del meno in una cardarella.
Un filo a piombo stava sempre teso
da sopra un muro verso il nuovo piano
e intanto che il progetto lui creava
io rimestavo con maggiore lena.
Adesso si trattava di un bel vaso
un grande vaso (che non c’era invero).
II
E rimestavo:
– È scritto? tutto è scritto?
da sempre contemplato nelle cose
che nascono già vere nelle idee?
– Dicono. Ma se solo sposti il vaso
l’ombra del piano cambia.
– Se voglio l’ombra proprio lì nel mezzo
lascio che il vaso resti sotto il sole.
– Ma il tempo inganna, vedi?
C’è già una nube che ricopre il prato
e il leccio lì nel fondo
ha perso l’apparenza di misura.
III
Un giovane passante
scrollando la sua testa ridacchiava
vedendolo così, senza l’oggetto
a ragionare con le mani al cielo.
– Per quel che viene al mondo
e che tu senti in alto divenire
lascia i tuoi occhi
ché vedono poco, l’udito chiudi
alle risate sciocche,
richiama a te il tuo fiato
fuggito alla campagna
come un randagio, senza più padrone.
Non so perché girai nel verso opposto
quel più e quel meno mentre il Mastro mio
ancora disegnava curve in aria.
Evviva!
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