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mercoledì 29 marzo 2023

Marisa Cossu legge " Il nido " di Dario Marelli

 

Marisa Cossu legge “Il nido”, poesia inedita

di

 Dario Marelli

 

 

 

“… dove il cielo si rompe in un turgore e il bianco

ha il sapore di un inno, si vive

appena sopra la superficie del sogno

e tutto accade a un passo da qui”.

(Pierluigi Cappello)

 

 

Il nido

 

 

Tra le foglie del cuore

si nascondono covi d’uccello

dove le piume si trasformano in ali.

Sanno i tuoi occhi

le radici del bene e volano

oltre le cime lucenti di bellezza e silenzio

-solo il fischio del vento-.

Lì le bufere si quietano al sole,

gli arcobaleni germogliano incanti.

 

Sulle punte dei larici

-ne respiro la resina-

la neve cede il passo all’immenso.

E l’anima si ammanta di azzurro,

riprende il suo battito.

 

                           È un atto d’amore furibondo

                     il profumo del bosco”

 

Dario Marelli

 

 

 

Logos e desiderio nella poesia “Il nido”

 

Nell’incavo profondo dell’anima Dario Marelli compone la musica del verso, tra lievi foglie consapevoli del prossimo distacco, desiderose di custodire il calore e i colori dell’attesa e il libero volo chiamato al cammino nell’azzurro. Qui

“si nascondono covi d’uccello

dove le piume si trasformano in ali”.

 

Il canto origina dal complesso ingranaggio “cuore-cervello” dove frammenti sensoriali ed emotivi vengono custoditi insieme per esplodere lentamente, passo dopo passo, immagine dopo immagine nella catarsi della realtà sospirata. Nel percorso il poeta ricongiunge le istanze dell’anima alla bellezza circostante e all’armonia interiore. Tutto origina dalla sintonica partecipazione al cosmo misterioso e suggestivo in una immanente meraviglia: è un modo di stare infinitamente nella pienezza di un amore furibondo suscitato dagli umori della natura e dalla totalizzante, psico-fisica, immersione nell’amato mondo della montagna. La valle attraversata è già pura bellezza nell’andamento del respiro e nel senso di ben-essere che si rafforza nell’appercezione del candido silenzio, l’Apeiron in cui tutto origina e trova fine.

L’io poetico si leva con ali appassionate versandosi negli occhi amati, specchio d’altro amore nel proprio universo emotivo; si volge alla contemplazione olimpica di qualcosa che altri non possono sentire; qualcosa che alla fine riconduce al Nido per riunire foglia a foglia, piuma a piuma, frammento a frammento d’esistenza:

“Lì le bufere si quietano al sole,

gli arcobaleni germogliano incanti”.

 

E non è solo un Infinito spazio-temporale, ma la condizione dell’essere poeta, del percepirsi particola dell’Immenso nella bellezza delle cime lucenti, del vento e dei passi che lasciano orme azzurrine sui soffici tappeti innevati. Fioriscono arcobaleni nella meraviglia dell’assoluta intensità di uno sprazzo di cielo. Raggiungere una meta attraverso l’incanto di un viaggio interiore pervaso dal sentimento della neve, è ciò che si propone Dario per trovare ristoro, pace ed approdo. Il “Nido” è alcova in cui riposare almeno per un attimo sospeso, incontaminato come i boschi e i monti da scalare, un non-luogo che potrebbe essere altrove, ma che ora vive tra quelle atmosfere.

Sul cuore del poeta incombe un silenzio carico d’attesa, un piacere assaporato ma non ancora compiuto. Il fischio del vento, in questa sinestetica realtà, entra a far parte dell’universo emotivo-sonoro a preannunciare la scoperta del sé e sembra non interrompere l’energica andatura del passo né la tensione emotiva:

“-solo il fischio del vento-“  

È un suono inglobato tra ambiente e psiche, allusione melodica ai tanti diversi “venti” della vita, forse richiamo letterario e affettivo. Il fischio del vento è tensione a superare i confini, una sfida volta a sé stessi per scalare le rocce e le inevitabili salite.

Nei poeti il vento è simbolo del soffio vitale che fugge, forza che trascorre oltre l’accaduto disperdendone i contorni:

“Vento ostile che spinge a fuggire gli uccelli” (Pascoli); “Il consumarsi dell’eterno grembo” (Montale); “Il conforto della musica del vento” (Sereni); “Le parole soffiano nel vento” (Bob Dylan).

Le citazioni riguardano solo alcuni dei poeti la cui ispirazione può essere evocata nei versi del nostro poeta; ma è ancora più coinvolgente comparare all’emozione di Dario Marelli i magnifici versi, monumento universale della lirica leopardiana:

“E come il vento/ odo stormir tra queste piante, io quello/infinito silenzio e questa voce/ vo comparando: e mi sovvien l’eterno…”

L’Eterno, l’Infinito, l’Immenso di Dario Marelli sono ancora qui oltre le cime dei monti già vissuti nella tempestosa immaginifica attesa. Tra poco il compimento del desiderio, l’epifanica visione, l’ossimorico fine-inizio della ricerca, la poesia abbracciata in un totalizzante atto d’amore. “Solo chi ama conosce”, confida Elsa Morante in “Alibi”: il volo ardito è lo stesso logos, incontenibile forza d’amore.  Entusiasmante la chiusa in un distico dagli echi ungarettiani (Il porto sepolto), potente, evocativa, destabilizzante. Il lettore non è abituato a questo spessore dell’amore, al suo tremore esistenziale, alla profondità del dettato poetico. Sobbalza, è colpito nell’ombra del proprio io, comprende che, in Dario Marelli, la passione è poesia delle cose desiderate e conquistate:

“È un atto d’amore furibondo

il profumo del bosco”

 

Questa lirica, in due strofe e un distico finale, fluisce nella sintagmatica efficacia espressiva del verso libero mediato da parole essenziali a volte pungenti, sempre eleganti. Il linguaggio elevato del Nostro è il “grembo” in cui si dischiude l’essere rendendo possibile l’esistenza del mondo. Alcuni versi settenari, come quello d’esordio “Tra le foglie del cuore” ed altri nel corpo del testo, o endecasillabi come i due ultimi della prima strofa, mostrano con altre forme metriche, l’influsso della tradizione letteraria nell’originale linguaggio di Dario Marelli. Anche il verso “lungo” si compone e scorre in un crescendo illuminante e significativo, ben dosato e dal ritmo impeccabile.  

 Con preziosa perizia compositiva Dario cesella il verso in una tessitura scorrevole, classica ed essenziale; il ritmo è dato dallo stesso respiro del poeta, la misura è nella maestria prosodica. L’innovazione risiede, infatti, nel “fare poesia” con sincera disponibilità a muovere emozioni e riflessioni lontane da modernismi ed eccessi nocivi alla comprensione dei valori di alterità, etici ed estetici che ispirano l’attività poetica.

In questa beve e intensa lirica il soggetto è sempre presente, mescolato alle “cose” fuori da sé, l’oggetto viene indotto all’interno del processo creativo, lo pervade per essere soggettivizzato e lasciato libero nel canto. La poesia di Dario può essere posizionata tra le più significative espressioni della poesia contemporanea, sulla scia dei grandi del Novecento fino ai nostri giorni. Meritevole di essere storicizzata, essa non soccombe alle mode o alle correnti che tentano di destrutturare l’Arte della parola in progetti di poco meditate “nuove” ontologie, ma crea di fatto un ponte tra il lascito della tradizione letteraria e la genuina innovazione. Le parole di Dario sono di per sé “realtà” capaci di portare alla luce ciò che vi è nascosto.

 

Marisa Cossu

 

1 commento:

  1. Leggo con grande piacere il post confezionato dal Prof. Nazario Pardini che ringrazio con stima e affetto per la sollecita ospitalità su blog "Alla volta di Lèucade".
    Sono onorata di essere sulla nostra Isola. Nulla reca tanta gioia quanto il poter scrivere di un altro poeta che con i suoi versi è capace di sorprendere e meravigliare il cuore con forti emozioni. È il caso di questa breve e potente lirica che ha motivato il commento e le riflessioni. Mi auguro che sia una piacevole lettura per i Leucadiani che vorranno soffermarsi sui versi di Dario Marelli. Al Prof. Nazario Pardini un abbraccio e un saluto affettuoso.
    Marisa Cossu

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