Marisa Cossu legge “Il nido”, poesia inedita
di
Dario
Marelli
“… dove il cielo si rompe in un turgore e il bianco
ha il sapore di un inno, si vive
appena sopra la superficie del sogno
e tutto accade a un passo da qui”.
(Pierluigi Cappello)
Il
nido
Tra
le foglie del cuore
si
nascondono covi d’uccello
dove
le piume si trasformano in ali.
Sanno
i tuoi occhi
le
radici del bene e volano
oltre
le cime lucenti di bellezza e silenzio
-solo
il fischio del vento-.
Lì
le bufere si quietano al sole,
gli
arcobaleni germogliano incanti.
Sulle
punte dei larici
-ne
respiro la resina-
la
neve cede il passo all’immenso.
E
l’anima si ammanta di azzurro,
riprende
il suo battito.
È un atto d’amore
furibondo
il profumo del bosco”
Dario Marelli
Logos e desiderio nella poesia “Il nido”
Nell’incavo profondo
dell’anima Dario Marelli compone la musica del verso, tra lievi foglie
consapevoli del prossimo distacco, desiderose di custodire il calore e i colori
dell’attesa e il libero volo chiamato al cammino nell’azzurro. Qui
“si
nascondono covi d’uccello
dove
le piume si trasformano in ali”.
Il
canto origina dal complesso ingranaggio “cuore-cervello” dove frammenti
sensoriali ed emotivi vengono custoditi insieme per esplodere lentamente, passo
dopo passo, immagine dopo immagine nella catarsi della realtà sospirata. Nel
percorso il poeta ricongiunge le istanze dell’anima alla bellezza circostante e
all’armonia interiore. Tutto origina dalla sintonica partecipazione al cosmo misterioso
e suggestivo in una immanente meraviglia: è un modo di stare infinitamente
nella pienezza di un amore furibondo suscitato dagli umori della natura e
dalla totalizzante, psico-fisica, immersione nell’amato mondo della montagna.
La valle attraversata è già pura bellezza nell’andamento del respiro e nel
senso di ben-essere che si rafforza nell’appercezione del candido silenzio,
l’Apeiron in cui tutto origina e trova fine.
L’io poetico si leva
con ali appassionate versandosi negli occhi amati, specchio d’altro amore nel
proprio universo emotivo; si volge alla contemplazione olimpica di qualcosa che
altri non possono sentire; qualcosa che alla fine riconduce al Nido
per riunire foglia a foglia, piuma a piuma, frammento a frammento d’esistenza:
“Lì
le bufere si quietano al sole,
gli
arcobaleni germogliano incanti”.
E non è solo un Infinito
spazio-temporale, ma la condizione dell’essere poeta, del percepirsi particola
dell’Immenso nella bellezza delle cime lucenti, del vento e dei passi
che lasciano orme azzurrine sui soffici tappeti innevati. Fioriscono arcobaleni
nella meraviglia dell’assoluta intensità di uno sprazzo di cielo. Raggiungere
una meta attraverso l’incanto di un viaggio interiore pervaso dal sentimento
della neve, è ciò che si propone Dario per trovare ristoro, pace ed approdo. Il
“Nido” è alcova in cui riposare almeno per un attimo sospeso,
incontaminato come i boschi e i monti da scalare, un non-luogo che potrebbe
essere altrove, ma che ora vive tra quelle atmosfere.
Sul cuore del poeta
incombe un silenzio carico d’attesa, un piacere assaporato ma non ancora
compiuto. Il fischio del vento, in questa sinestetica realtà, entra a
far parte dell’universo emotivo-sonoro a preannunciare la scoperta del sé e sembra
non interrompere l’energica andatura del passo né la tensione emotiva:
“-solo il fischio
del vento-“
È un suono inglobato
tra ambiente e psiche, allusione melodica ai tanti diversi “venti” della vita,
forse richiamo letterario e affettivo. Il fischio del vento è tensione a
superare i confini, una sfida volta a sé stessi per scalare le rocce e le
inevitabili salite.
Nei poeti il vento è
simbolo del soffio vitale che fugge, forza che trascorre oltre l’accaduto disperdendone
i contorni:
“Vento ostile che
spinge a fuggire gli uccelli” (Pascoli); “Il consumarsi dell’eterno grembo” (Montale);
“Il conforto della musica del vento” (Sereni); “Le parole soffiano nel vento” (Bob
Dylan).
Le citazioni riguardano
solo alcuni dei poeti la cui ispirazione può essere evocata nei versi del
nostro poeta; ma è ancora più coinvolgente comparare all’emozione di Dario
Marelli i magnifici versi, monumento universale della lirica leopardiana:
“E come il vento/ odo
stormir tra queste piante, io quello/infinito silenzio e questa voce/ vo
comparando: e mi sovvien l’eterno…”
L’Eterno, l’Infinito,
l’Immenso di Dario Marelli sono ancora qui oltre le cime dei monti già vissuti
nella tempestosa immaginifica attesa. Tra poco il compimento del desiderio,
l’epifanica visione, l’ossimorico fine-inizio della ricerca, la poesia
abbracciata in un totalizzante atto d’amore. “Solo chi ama conosce”, confida
Elsa Morante in “Alibi”: il volo ardito è lo stesso logos, incontenibile forza
d’amore. Entusiasmante la chiusa in un
distico dagli echi ungarettiani (Il porto sepolto), potente, evocativa,
destabilizzante. Il lettore non è abituato a questo spessore dell’amore, al suo
tremore esistenziale, alla profondità del dettato poetico. Sobbalza, è colpito
nell’ombra del proprio io, comprende che, in Dario Marelli, la passione è poesia
delle cose desiderate e conquistate:
“È
un atto d’amore furibondo
il
profumo del bosco”
Questa lirica, in due
strofe e un distico finale, fluisce nella sintagmatica efficacia espressiva del
verso libero mediato da parole essenziali a volte pungenti, sempre eleganti. Il
linguaggio elevato del Nostro è il “grembo” in cui si dischiude l’essere
rendendo possibile l’esistenza del mondo. Alcuni versi settenari, come quello
d’esordio “Tra le foglie del cuore” ed altri nel corpo del testo, o
endecasillabi come i due ultimi della prima strofa, mostrano con altre forme
metriche, l’influsso della tradizione letteraria nell’originale linguaggio di
Dario Marelli. Anche il verso “lungo” si compone e scorre in un crescendo illuminante
e significativo, ben dosato e dal ritmo impeccabile.
Con preziosa perizia compositiva Dario cesella
il verso in una tessitura scorrevole, classica ed essenziale; il ritmo è dato
dallo stesso respiro del poeta, la misura è nella maestria prosodica. L’innovazione
risiede, infatti, nel “fare poesia” con sincera disponibilità a muovere
emozioni e riflessioni lontane da modernismi ed eccessi nocivi alla
comprensione dei valori di alterità, etici ed estetici che ispirano l’attività
poetica.
In questa beve e intensa
lirica il soggetto è sempre presente, mescolato alle “cose” fuori da sé,
l’oggetto viene indotto all’interno del processo creativo, lo pervade per
essere soggettivizzato e lasciato libero nel canto. La poesia di Dario può
essere posizionata tra le più significative espressioni della poesia
contemporanea, sulla scia dei grandi del Novecento fino ai nostri giorni. Meritevole
di essere storicizzata, essa non soccombe alle mode o alle correnti che tentano
di destrutturare l’Arte della parola in progetti di poco meditate “nuove”
ontologie, ma crea di fatto un ponte tra il lascito della tradizione letteraria
e la genuina innovazione. Le parole di Dario sono di per sé “realtà” capaci di
portare alla luce ciò che vi è nascosto.
Marisa Cossu
Leggo con grande piacere il post confezionato dal Prof. Nazario Pardini che ringrazio con stima e affetto per la sollecita ospitalità su blog "Alla volta di Lèucade".
RispondiEliminaSono onorata di essere sulla nostra Isola. Nulla reca tanta gioia quanto il poter scrivere di un altro poeta che con i suoi versi è capace di sorprendere e meravigliare il cuore con forti emozioni. È il caso di questa breve e potente lirica che ha motivato il commento e le riflessioni. Mi auguro che sia una piacevole lettura per i Leucadiani che vorranno soffermarsi sui versi di Dario Marelli. Al Prof. Nazario Pardini un abbraccio e un saluto affettuoso.
Marisa Cossu