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giovedì 26 ottobre 2023

Anna Vincitorio: " Scozia nel viaggio e nel sogno"

 

SCOZIA NEL VIAGGIO E NEL SOGNO

 

 È l’inizio di un viaggio atteso e temuto che sembrava volesse aspettarmi per donarmi immagini di sapore antico, di mistero, di magico.

         L’arrivo a Glasgow in piena notte e l’impazienza per il dopo che mi attendeva. Un veloce giro. La storia di San Mingo che fondò la sua chiesa di legno sulle rive del Molendinar. Il pesce e l’anello che compaiono nello stemma di Glasgow si riferiscono alla leggenda nella quale San Mingo salvò una donna infedele dall’ira del marito. Nel proseguire giungiamo a Inveraray sulla riva del loch Fyne. Case imbiancate a calce; a poca distanza il castello del clan Campbell. Imponente massa neogotica poi modificata nel XIX secolo. Raffinatissimo l’interno con tappezzerie di Beuvais XVIII sec. e arazzi del medesimo artista. Impressionante la sala d’armi: lance, asce, spadoni. Dopo; una corsa veloce tra prati inguainati di verde e di ciuffi d’erica e siamo nelle Highlands. A ovest l’Atlantico, ad est il mare del Nord. Sono finalmente nella Caledonia, così chiamata all’epoca di Roma fino al IV secolo dopo Cristo. Poi, Alba dalla stirpe reale che accede al trono con Kenneth Mac Albine, re di Alba, nome gaelico. Dall’VIII al IX secolo arrivano dal mare i Vichinghi che occupano le isole occidentali. La meta agognata: isole in cui l’azzurro intenso del mare e del cielo contrasta con distese di tenero verde e di erica. Non uomini in vista ma vento sussurrante in un silenzio che sa di antico. Il tempo cambia e banchi densi di nebbia avvolgono d’irreale barriere di roccia compatta e ammantate di mistero…poi ancora una pioggia battente. Rivoli d’acqua tra i quali compare Iona. Ha inizio il cammino dall’approdo di Baile Mor. Affiorano gradualmente le rovine del convento e del monastero fondato da San Columba, esule dell’Irlanda nel 563 con alcuni suoi discepoli. L’isola spoglia e poco ospitale, rispondeva alle loro tradizioni monastiche. Con le incursioni dei Vichinghi dell’VIII e IX secolo, persero la vita 68 monaci e i superstiti tornarono in Irlanda con le reliquie di San Columba e forse anche con il libro di Kells (libro sacro miniato), conservato al Trinity College di Dublino. Le rovine sono suggestive e ancora intrise di sacralità che dal luogo promana. Mi sono soffermata in muta preghiera davanti alla Maclean’s Cross del XV secolo, miniata e con intagli complessi nella pura tradizione celtica. Tra le schiarite e le ombre delle nebbie, il cimitero paleocristiano. Si dice sia stato il luogo di sepoltura del re di Scozia. Si nota anche un poggio – Tor Abb – dove pare fosse la cella di San Columba. Non possono sfuggire allo sguardo tre grandi croci: quella di San Martino, completa e originale; quella di San Matteo col fusto mozzato; la terza riproduce la croce di San Giovanni. Si possono inoltre ammirare l’Abbazia attuale e l’Infirmary Museum ricca di pietre paleocristiane e medioevali tra cui spicca la croce celtica di San Giovanni. C’è anche una piccola cappella, Michael Chapel, luogo di culto nei mesi invernali.

         Il cielo si schiara e nella nebbia vedo pian piano dissolversi Iona. Lasciato il mare riprendo il cammino. Piccoli paesi con case bianche e colorate. Mi soffermo al limpido scorrere dell’acqua di un fiume – Sliga Chan (fiume dell’eterna giovinezza). La leggenda racconta che un principe malvagio ripudiò la sua donna che un incidente aveva reso deforme. Lei, disperata, si buttò nel loch (fiume) e riacquistò la sua bellezza e giovinezza e sposò l’arciere del principe.

         L’atmosfera che mi circonda, il volo incrociato di uccelli variopinti che sfrecciano in un sincronico battito d’ali, mi riportano alla mente alcuni versi di Robert Burns. La Scozia è terra di artisti e scrittori come il filosofo David Hume, Walter Scott, R.L. Stevenson, economisti…

Mi avvicinai alla romantica opera di Burns negli anni ‘90, traducendo diverse poesie in INVENTARIO[1]. Robert Burns nasce a Ayr, nelle Lowlands nel 1759. Muore il 21 luglio 1796 nel suo delirare tra le nebbie della poesia e i vapori dell’alcool. Il suo canto diviene leggenda popolare, suono nel fruscio violetto dell’erica di Drumossie, nelle note di un fiddle (violino) e in ogni frammento di cuore scozzese assetato di sogni al di fuori del tempo e di ogni rimpianto. Riporto un frammento: “Ho sognato di giacere dove i fiori spuntavano/ allegri nel raggio del sole./ Io ascoltavo il canto degli uccelli selvatici,/ vicino alle cascate di un ruscello cristallino.// Nel bosco turbini di vento soffiavano minacciosi/ lottavano gli alberi dalle vecchie braccia,/ sulla scura crescente onda”[2].

         Il cammino attraverso la Scozia procede verso l’isola di Skye. Il suo fascino indiscusso è legato ad una turbolenta storia geologica che ha evidenziato scenari tra i più vari e sconvolgenti. Si raggiunge attraverso il ponte che collega Kyllaken con il Kyle of Lochalsh. Una massiccia coltre di nebbia lascia appena intravedere le alte rocce. Al suo diradarsi, si delinea acuto il faro che ispirò fortemente Virginia Woolf nel suo romanzo – Gita al faro.

Va anche rilevato che il mondo dello spettacolo ha scelto l’isola per girare il nuovo video di James Blunt “Cold”[3]. Questo video fa riferimento al precedente You are beautiful del 2005 in cui il cantante si spogliava totalmente buttandosi da un precipizio, stremato ma salvo.

         La Scozia riconosciuta come terra magica, intessuta di leggende, streghe, elfi, ci appare con panorami impressionanti. Promontori vulcanici nell’area settentrionale con picchi erosi dai ghiacci. L’isola è attraversata da loch di mare che si insinuano in scenari con altipiani rivestiti di verde, tenera erba. Romantiche piccole baie, spiagge bianche dal fascino desolato. Bestiame vagante tra prati e colline; barriere di rocce con pinnacoli. Kilt Rock con la sua spettacolare cascata; roccia basaltica. Il suo nome deriva dal popolare indumento scozzese. In questo scenario grandioso e arcano, signore è il vento che umanizza gli inimmaginabili silenzi trascinandoci in una solitudine ebbra. Ci addentriamo in zone sempre più selvagge fra terreni torbati, fiordi, rade bianche casette di sperduti villaggi.

         Calano le ombre e sostiamo a Thurso. La notte si anima di ombre alternate a fioche misteriche luci; è forse il fruscio di qualche elfo che muove il mio piumone?

         Al mattino di nuovo in mare verso le Orcadi (Patrimonio Unesco). Un’erba di un verde brillante accoglie i nostri passi fino a Skara Brae, villaggio neolitico riemerso nel 1850 dopo una tempesta. Perfettamente conservato, ci rivela quella vita lontana. Immensi spazi d’erba lambiti dal mare e, davanti ai nostri occhi increduli, il Cerchio di Brodgar; gigantesche pietre neolitiche che sfidano un cielo plumbeo e immoto. La loro sacralità impedisce di sfiorarli. Giganti svettanti e ansiosi di guadagnare il cielo lontano che li sovrasta. Ci allontaniamo un poco; il paesaggio diviene più reale e ci appare la cattedrale di San Magnus. In una baia vicina – Scapa Flow – c’è una piccola cappella costruita dagli italiani prigionieri in Scozia durante la seconda guerra mondiale. Una muta preghiera recitata in silenzio si diffonde nel mistico luogo. Torniamo sulla terra ferma. A tratti, su alture coperte di erica, si ergono castelli dal sapore di un passato di lotte, di intrighi, di magia. A Kyle of Lochalsh, il castello Eilean Donan legato alla terraferma da un ponte. Si erge come una torre compatta. Dietro, acqua intramezzata da fasce di terra erbosa e, in lontananza, le montagne. Mitico scenario del film Highlander. Il paesaggio si slarga in ampie distese con sfumature che variano al mutare del cielo. All’improvviso, laghetti con ninfee, terreni intrisi di torba e poi fiordi dal fascino primitivo. Andrebbero percorsi sfiorandone le acque. Le ombre affioranti nel verde sembrano invitarti verso…Forse in qualche anfratto si cela Niamh, fata gaelica che cavalca un bianco cavallo e porta i mortali verso l’eterna giovinezza. Il fascino delle Highlands  è accresciuto dalle rocce a precipizio di Buachaille Etive Mor e il crinale a lama di coltello di Aconach.

         Montagne che sfidano l’uomo e, in basso, l’inquieto fiume Coe. Il luogo è tristemente noto per il massacro che prende nome dal luogo: Glencoe. Dickens lo paragonò al “cimitero di una razza di giganti”. “Nel 1692 il capo Clan dei Mac Donald di Glencoe tardò cinque giorni a prestare giuramento di sottomissione a Guglielmo III… Per dieci giorni 130 soldati capeggiati da Robert Campbell, vennero ospitati dai Mac Donald che non sospettavano nulla. Il 13 febbraio all’alba, i soldati uccisero circa 38 Mac Donald. Molti ancora morirono nei gelidi nascondigli di montagna…”[4]. Nel Regno Unito e in particolare Scozia e Irlanda si sono verificati terribili massacri. Mi torna alla mente Seamus Heaney (Nobel 1995), dove parla del massacro di Vinegar in Irlanda… “Migliaia morirono sulle falde della collina/ agitando le falci al cannone./ Il fianco della collina si tinse di rosso, penetrando nella nostra onda infranta./ Ci seppellirono senza sudario o cassa./ E in agosto l’orzo germogliò sulla tomba”[5].

         Pensando alla morte di questi giovani eroi mi viene alla mente Banshee, fata e donna delle fate dal gaelico bean. Entità misteriosa dagli occhi di tenebra. I poeti e gli eroi erano accompagnati negli ultimi istanti di vita da questa figura. Percorrere la Scozia è un lungo affascinante cammino tra il soffiare del vento e i giochi delle nuvole. I grandi vuoti verdi all’improvviso, nell’aprirsi di una nuvola, delineano un castello. Una sagoma massiccia è davanti ai miei occhi: Dunrobin attuale dimora dei duchi di Sutherland. Torri circolari, cuspidi ardite, un interno palpitante di vita. Tra le curiosità, in una bacheca, la scarpa di Garibaldi.

Un immenso giardino francese con macchie variopinte di fiori che confinano con un mare irrorato di luce. La bellezza incontestabile del luogo non può tuttavia contestare le crudeltà e gli intrighi che si sono consumati nei secoli. Il cammino prosegue e ci troviamo a Inverness sul Lochness. Qui, le rovine di Urquhart castle con le sue storie intriganti e i suoi segreti. Torre isolata che si erge su un verde altipiano che domina il lago. La fantasia galoppa; cerca tra le increspature dell’acqua torba e profonda tracce di Nessie; nulla appare; è tutto calmo. Il battello scivola sull’acqua. Cerca tracce umane di magia ma è solo un grande lago, al momento tranquillo. Una sosta nel cammino verso Edimburgo non può mancare e siamo a Perth un tempo capitale della Scozia Medioevale. Notevole la church of Saint John del 1126 e poi la parte di edifici vittoriani. La FairMaid’s House a North Ort, viene indicata come abitazione dell’eroina di – La bella fanciulla di Perth (1828) – di Sir Walter Scott.

         Il viaggio volge al suo termine. Mi trovo a Edimburgo (patrimonio dell’Unesco). Città distribuita su due grandi aree. Il centro storico è medioevale; la New town a nord si sviluppò intorno al 1767. La zona raggruppa la più elegante architettura georgiana. La città è in festa. Musica, canti, artisti di strada. Forte vitalità, voglia di vivere pienamente che si riflette nei visi degli scozzesi. Su una rupe basaltica di origine vulcanica si erge il castello di Edimburgo costituito da una serie di edifici che vanno dal VII al XX secolo. Torri svettanti sfidano il cielo contrapposte alle antiche gabine telefoniche rosse. Edifici severi come la splendida chiesa di Saint James e sotto, folla festante. Storia e vita si intrecciano. Vado indietro negli anni e mi rivedo, giovane, con un’amica che non c’è più, alla scoperta di una chiesa isolata fuori città. Colme di ammirazione per la prentiss pillar, la colonna dell’apprendista in essa contenuta. Per strada, allora, fluttuavano le note di Green leaves. È tutto lontano e allo stesso tempo l’attualità intorno a me mi dà malinconia.

         Visito il Panfilo Britannia con le sue bandiere al vento.

         Poi una visita all’ultimo castello: Blair Castle – bianco, magnifico, luminoso. Al suo interno corridoi ornati con corna di cervo che si susseguono lungo spazi bianchi. Belle a vedersi ma ricordano cacce crudeli risuonanti del cupo lamento dei cervi morenti.

         Ho in me immagini, sensazioni, ansie, magie sperate che la realtà non concede. Stringo tra le mani un piccolo elfo dalla lunga barba bianca e una pecora paffuta e rotonda. Li inserirò nel mio presepe a Natale. Daranno vita ai ricordi.

 

 

                   Firenze, 8 settembre 2023

                   Anna Vincitorio



 

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