Il monologo Lascia ch’io pianga è stato scritto e interpretato dalla soprano e attrice Sabrina Fardello. La regia video è di Micaela Laurelli.
https://www.youtube.com/watch?v=Ka96X6Q1mzI
Questa performance, scritta, interpretata
e cantata da Sabrina Fardello con una splendida voce da soprano, è curata nella
regia video da Micaela Laurelli e il tessuto musicale utilizza liberamente Lascia ch'io pianga, una
celebre aria composta da Georg Friedrich Händel risalente al 1705. Dopo averla
utilizzata all’interno di altre composizioni, il musicista tedesco
naturalizzato inglese, vissuto nel periodo barocco, inserì il pezzo (con il
nuovo testo del librettista Giacomo Rossi) nel secondo atto dell’opera Rinaldo (1711), affidandolo al
personaggio di Almirena.
Ascoltando
la presenza sostanziosa, nel monologo messo in scena dalla Fardello, di una moglie-madre
a rischio di morte poiché il marito infuriato tenta di strangolarla, potrebbe
sorgere spontaneo – come è accaduto a me – immaginare che Almirena, figlia di
Goffredo di Buglione, sia stata anche lei succube di un uomo deciso a
ucciderla. Ma non è così: con la donna alla quale dà corpo e anima la Fardello,
essa ha in comune un grido di rivolta non soltanto a causa di violenza fisica o
psicologica, in quanto la romanza originaria coincide con la supplica
all’umanità (rappresentata, nella trama, dal carceriere nel castello dove si
trova reclusa) di essere liberata dalla prigionia.
Senza
dubbio Sabrina Fardello, pur avendo dichiarato di essersi ispirata a un fatto di
cronaca il cui messaggio estremo mettesse in luce, oltre al coraggio tutto
femminile di ribellarsi, la carenza delle forze dell’ordine, ebbene, a due passi
da noi spaventata, terrorizzata, in ansia per la figliola, quando ho visto, presumendo
il peggio, le sue mani nel gesto di calmarla, di custodirla, di affidarle
l’orsetto bianco, e poi l’ho seguita recarsi alla stazione di polizia per
chiedere (inutilmente) aiuto, confesso di non aver pensato all’infamia di una libertà
negata, piuttosto al suo essere sottomessa a un’immotivata furia omicida,
dunque a trovarsi in pericolo di vita. Ho avuto grande paura per lei e la
bambina.
Un
atteggiamento del genere ha offerto però una risposta solo immediata all’universo
rappresentativo, totale della performance: quando infatti, a un certo punto, la
vedo, come dal nulla, con un viso imperscrutabile indossare prima di uscire - per
coprirsi, forse proteggersi - uno scialle nero, allora comprendo il cuore
profondo della mise en scene alla
quale sto assistendo.
Intorno al
1900, Luigi Pirandello scrisse un racconto entrato a far parte della raccolta Novelle per un anno e revisionato a
pochi mesi dalla scomparsa, intitolato Scialle
nero. La protagonista, Eleonora Bandi, una proprietaria terriera ormai
matura, dopo essere stata stuprata da uno stalliere diciannovenne e rimasta
incinta, costretta a sposarlo per il volere del fratello, vive infelice nell’ampia
villa della campagna siciliana e per il dolore perde il bambino. Infelice di
questa unione a lei imposta dall’ipocrisia fraterna (e dagli interessi
economici dei suoceri), la sera in cui Gerardo, il coniuge, cerca di usarle
violenza, si ribella: dapprima nasconde l’aggressore con il suo scialle nero
per non vederlo, poi si getta da una rupe. Ma «lo scialle, che s’era aperto al
vento, andava a cadere mollemente, così aperto, più in là».
Anche quello
indossato dalla Fardello prima di uscire di scena, insieme alle scarpette
rosse, è sopravvissuto alla violenza: in più, è sceso su di noi spettatori per
proteggerci, questa volta non invano, dal temere di lottare a ogni costo per
rimanere libere (ci.ba.).
Sabrina Fardello, nata a Frattamaggiore (NA), è laureata
in Scienze Biologiche. Risiede a Latina, dove da oltre venticinque anni insegna
in una scuola media inferiore.
Ha scoperto un talento artistico nel
canto lirico e ha intrapreso un periodo di intenso studio con il maestro Nicola
Franco, con il quale collabora tuttora. Ha fondato una compagnia di arte e
canto lirico intitolata "Liricando sotto le stelle", con la quale
porta le sue esibizioni nelle piazze e nei teatri d’Italia.
La sua attività si estende anche al
teatro, che l’ha portata a frequentare un corso dedicato e a scoprire una
passione per la scrittura di monologhi, che ama recitare e accompagnare con il
canto.
Lascia ch'io pianga
monologo scritto e interpretato da
Sabrina Fardello
È sera, fuori fa freddo.
Le luci della casa sono accese e da
fuori si sentono voci di un uomo, poi di una donna e poi grida.
"Lasciami! Lasciami, vigliacco!
Lasciami! Mi stai soffocando! Lasciami!!!"
Un pianto disperato risuona nella
stanza.
Lei si blocca, il cuore stretto in
una morsa, quando incrocia gli occhi della figlia di tre anni, spaventata e in
lacrime.
"Piccola... piccola mia! Vieni,
vieni da mamma! Abbracciami..." dice
con voce spezzata. "Piccola, no!
Papà non ce l'aveva con te, no! Tranquilla! Certo che mi vuole bene, papà! Non
avere paura! Papà è solo un po' nervoso, ok? Sai che facciamo adesso? Andiamo
da zia Anna, va bene? Così giochi un po' con i cuginetti, Ok! Prendi il
cappottino... Sì, sì, anche l'orsetto! Sì, brava! Dai, andiamo... Vieni con
mamma, andiamo via da qui!"
La prende per mano e si avvia verso
la porta. Una volta fuori, tira fuori il telefono e chiama Anna.
"Pronto? Anna? Sì, sto venendo! Sto
venendo a casa tua! Senti, mi devi fare un favore... Devi tenere un po' la
bimba. Sì, ok! No, no, tranquilla! Sto bene! Arrivo subito, eh!"
Dopo poco arriva a destinazione.
"Eccomi, Anna. Buonasera!" esclama, tentando di mascherare il tremito nella voce. "Ti prego, tieni un po' la bimba... Sì, lo so
che sembro nervosa, lo so... Ma vai, vai con la zia, amore! Vai a giocare nella
stanza, dai!"
Appena la bimba sparisce dietro la
porta, si lascia andare.
"No, Anna... non sto bene! Non sto
bene, hai ragione!" confessa in
un sussurro carico di lacrime. "Hai sempre avuto ragione, è un bifolco! Me
l'hai detto mille volte, e io... io ho resistito. Ho resistito tutti questi
anni! Ma dove potevo andare? Non lavoro, non ho i miei genitori vicini... Dove
vado? Ogni volta che chiedo soldi mi risponde 'vai a lavorare'! Ma come faccio?
Con quello che guadagnerei non basterebbe per la bimba!"
Prende un respiro profondo, cercando
di controllare il flusso delle parole.
"Ma adesso basta! Questa volta ha
esagerato, Anna! Mi ha preso alla gola, mi ha bloccata al muro... Davanti alla
bambina! Hai capito? Davanti a lei! Si è spaventata a morte! Basta, basta,
basta! Questa volta vado dai carabinieri. Lo denuncio. Denuncio tutto, tutto
quello che mi ha fatto in questi anni! Non ce la faccio più!"
Si alza di scatto.
"Ok, tienimi la bimba! Io adesso
vado!"
Arriva fuori dall’ingresso della
caserma dei carabinieri, esita per un istante, poi si stringe lo scialle
attorno al corpo e sussurra tra sé e sé:
"Devo entrare... devo trovare il
coraggio. Questa volta devo farlo!"
Entra.
"Buonasera, agente. Sì, sono io.
Ecco i documenti. Voglio fare una denuncia. Mio marito... mi ha stretto alla
gola, ha cercato di soffocare!"
L’agente la osserva, serio.
"Vuole vedere i segni? Guardi,
eccoli!"
Lui scuote la testa.
"Ah... non vede segni? Ma lui mi ha
stretto! Mi ha bloccata al muro! Mi ha quasi soffocata!"
La voce dell’agente si fa monotona,
distante.
"Mi sta dicendo che, secondo la
legge, senza segni evidenti non si può fare nulla? E cosa mi consiglia, allora?
Tornare a casa, fare la brava e fare pace con mio marito?"
Sente le parole uscire dalla sua
bocca, come se non fossero le sue.
"Va bene, agente...
Buonasera."
Esce dalla caserma, incredula. Il
mondo intorno sembra sfocato, le sue mani tremano.
"Adesso torno a casa...faccio la
brava. Gli preparo la cena. Magari gli è passato il nervoso."
Una lacrima scivola sulla sua
guancia.
"Ma lascia che
io pianga..."
Grazie al professor Pardini da parte di tutte le donne, in primis le ospiti di Leucade, e tutti gli uomini, come lui, che lottano al nostro fianco per la libertà. Con un' arma potente e sottile: il messaggio letterario.
RispondiEliminaInnanzitutto ringrazio il prof. Pardini per l'ospitalità e grazie di cuore alla dottoressa Cinzia Baldazzi per le splendide parole. È una gioia immensa sapere che il mio lavoro sia riuscito a trasmettere emozioni così profonde. Questo è il motivo per cui scrivo e faccio teatro: creare connessioni autentiche con il pubblico.
RispondiEliminaIl canto lirico è per me una fonte continua di ispirazione e il connubio che ho voluto creare ha contribuito a esaltare la drammaticità di un tema così importante e doloroso come la violenza sulle donne.
Sabrina Fardello
Un monologo, quello scritto interpretato dalla dr.ssa Fardello, indubbiamente bello. Un monologo che per certi versi, rispecchia e testimonia la normalità di tanti, troppi rapporti di coppia. Se non erro, anticamente un detto recitava che le donne indossavano gonne larghe, larghezza atta a coprire le malefatte perpetrate proprio tra quelle quattro mura domestiche non più sinonimo di sicurezza, di tranquillità, ma, mura di prigione. Prigione che incatena il corpo e soprattutto l'anima di una donna che tutto ha creduto dell'amore del suo uomo. Per la Fardello, non è la gonna, ma uno scialle, uno scialle che s'apre nero nel buio di un animo, su un corpo ferito, oltraggiato, annientato. Ieri, si copriva con gonne, oggi con pantaloni e tubini, con scialli. Profondo monologo in cui, così, come un batter di ciglia, la donna da succube e copritrice, diventa attiva e accusatrice. Ruolo, questo, non sempre apprezzato e soprattutto, spesso, sottovalutato. La cronaca ci riporta denunce inascoltate, braccialetti elettronici mal funzionanti, allontanamenti da famiglia non controllati. Tutto ancora, fa sì, che la donna nei confronti del così detto maschio, tenga il capo chino, subisca, serva, sia disponibile e nonostante gli ematomi, sorridente. Un tentativo di strangolamento, un pugno, un sei puttana? Sì, per certi uomini, tutto a bene. La letteratura e la mitologia, sono piene di storie di violenza a danno di mogli, compagne, amanti. Apollo opprime Dafne con il suo folle non contraccambiato amore, Pia de' Tolomei, a Dante immortalata, uccisa dal marito per poter sposare liberamente un'altra donna, Otello, accecato da gelosia distruttiva, uccide l'innocente moglie Desdemona. Ancora oggi, quante donne affrontano vari calvari in silenzio per amore dei figli e per quell'amore che un giorno provavano per il compagno; quante donne, ancora, sotto la scure maschilista. Per molte qualcosa sta cambiando. In tante qualcosa scatta. Non si è più disposte a subire e ci si ribella pur sapendo quanto faticoso sia risalire la china, quanto difficile ritrovare la propria dignità. E qui, ciliegina sulla torta. La dr.ssa Baldazzi cita e non a caso “LO SCIALLE NERO” di Pirandello; quello scialle che cerca di coprire l'aggressore, quel nero con cui è stato camuffato il dolore, la vergogna, quello scialle che Pirandello fa cadere mollemente, che si apre su ferite non rimarginabili è l'oscurità che non lascia più intravvedere luce. Quello scialle, però, ormai a terra , nonostante tutto, sopravvive alla morte, così come lo scialle indossato dalla Fardello, alla violenza. Questa volta, nel caso specifico, lo scialle ha avvolto ed è sceso sugli spettatori. Li ha avvolti, quasi a proteggerli, come ad incoraggiarli a lottare sempre per una libertà dignitosa e rispettosa dell'essere donna, madre, sposa. Grazie alla bravissima Fardello per la sua performance. Grazie a te, cara Cinzia per averci resi partecipi di questa magistrale rappresentazione d'arte e non solo, grazie per averci invitato a riflettere sul atto che nessun amore può essere definito tale se intessuto di violenze e sopraffazione. Andiamo oltre, LASCIAMO CADERE LO SCIALLE. Antonietta Siviero
RispondiEliminaComplimenti per la bravura e la profondità, è sempre bello vedere donne che si battono anche per le altre donne.
RispondiEliminaLa solidarietà femminile e la lotta contro la violenza va sostenuta e portata avanti con la speranza che questa lotta porti la diminuzione e l’azzeramento dei femminicidi. Ho avuto il piacere di vederti in scena da vicino a Latina e sei stata davvero bravissima Sabrina.
È raccapricciante, come in questo paese, si facciano processi per cose banali, invece per cose serie come la violenza sulla donna, non si vadano ad esaminare bene i segni al fine di fare seriamente qualcosa! Vero pure che esistono denunce basate su cose false...ma verso la donna ancora ci sono pregiudizi
RispondiEliminaComplimenti. Viene descritta bene la triste resa della donna alla violenza dell'uomo. Finale che, volutamente, induce, invece, in chi legge e chi guarda l'interpretazione attoriale , la reazione e lo sdegno contro queste violenze a danno delle donne e anche dei figli bambini. (Dante Ceccarini)
RispondiEliminaSabrina Fardello, dodata di un eccellente talento artistico nell' interpretazione sulla violenza contro le donne, rappresenta un importante problema di sanità pubblica, oltre che una violazione dei diritti umani. Voglio esprimere il mio sincero apprezzamento alla critica Cinzia Baldazzi.
RispondiEliminaHo avuto il piacere di assistere dal vivo all’intensa interpretazione di Sabrina Fardello del monologo "Lascia ch’io pianga" nell’OpenHub di Latina lo scorso novembre.
RispondiEliminaUn testo potente, che racconta con dolorosa autenticità il dramma della violenza domestica. La voce di Sabrina ha dato vita a ogni sfumatura di paura, impotenza e speranza, trasportando il pubblico in una realtà troppo spesso ignorata.
Con la sua sensibilità e il suo straordinario talento interpretativo, Sabrina è riuscita a coinvolgere profondamente ogni spettatore, rendendo tangibili emozioni complesse e drammatiche.
La scena nella caserma, con l’indifferenza delle istituzioni, è stata un pugno nello stomaco, e le parole finali, "Ma lascia che io pianga", hanno risuonato come un grido silenzioso di dignità e resistenza.
Un monologo che scuote e lascia un segno profondo, ricordandoci l’urgenza di ascoltare e agire. Grazie, Sabrina, per aver portato questo messaggio con così tanta forza e sensibilità.
Ho avuto l' onore di partecipare all' evento e vedere la splendida Sabrina in questo monologo. Da donna che ha subito violenze domestiche in passato, mi sono commossa perché la sua recitazione ha veramente colto la realtà dei fatti,.
RispondiEliminaGrazie a Cinzia Baldazzi per avermi invitato e grazie a Sabrina x la Sua splendida performance! Alla prossima e buona ARTE a tutti!
Perché stupirsi se le donne piangono, perché la loro sensibilità è sempre troppa? Perché alla donna vengono delegate sin da piccola le azioni di cura, pulizia e affettuosità che, nella mitologia dei ruoli sociali imposti, diventano obbligo di un ruolo femminile. La sottomissione si impara dai gesti delle madri prima che dalle parole degli uomini. Ancora adesso qualcuno dice che dovremmo stare a casa e fare la calza. Il contesto non si stupisce della violenza sulle donne figlie madri mogli. Ragazze, l'unico affiancamento dall'ignoranza e dalla morte sociale resta lo studio e la conquista di un lavoro. Questi sono il passaporto necessario per pensare e agire autonomamente. Il tema tragico del monologo esprime a mio avviso tutta l'impotenza del ruolo femminile che un mondo patriarcale cerca di tramandare ipocritamente anche oggi, riproponendo una continua separatezza tra il sentire e il fare del rapporto uomo-donna. I figli così ascoltano e imparano in modo subliminale questa incapacità tutta maschile di esercitare uguaglianza e dignità umana. Esistono certamente uomini illuminati, ma le donne illuminate sono di più e ahimè messe sistematicamente in ombra. Ivana Sorce
RispondiEliminaGrazie Sabrina per aver lanciato questo magistrale invito, con la parola, col canto, col cuore e con il corpo tutto, a non limitarci a piangere, a denunciare nonostante i molteplici ostacoli, alzarsi in piedi anche da sole, anche incomprese, con tutta la forza di questo intenso monologo al quale ho assistito con grande partecipazione emotiva. Grazie a Cinzia Baldazzi per averci ricordato lo scialle nero di Pirandello e per aver illustrato e spiegato così bene quella tensione in cui lo spettatore viene catapultato. Che non rimanga lì questa tensione ma ci porti a cercare soluzioni costruttive per crescere tutte e tutti pur continuando a godere delle stupende arie tristi che ci hanno lasciato Haendel e prima di lui Purcell.
RispondiEliminaDavvero bello e toccante questo monologo che con un testo essenziale ma assai significativo e una gestualità stilizzata, di grande eleganza, rilievo e rigore espressivo riesce a trattare una tematica tanto delicata. Ottima anche la scelta dello struggente brano di Hendel, che conferisce un ulteriore, profondo pathos alla performance.
RispondiEliminaComplimenti. Grazie. Francesco De Girolamo
Grazie Sabrina per aver lanciato questo magistrale invito, con la parola, col canto, col cuore e con il corpo tutto, a non limitarci a piangere, a denunciare nonostante i molteplici ostacoli, alzarsi in piedi anche da sole, anche incomprese, con tutta la forza di questo intenso monologo al quale ho assistito con grande partecipazione emotiva. Grazie a Cinzia Baldazzi per averci ricordato lo scialle nero di Pirandello e per aver illustrato e spiegato così bene quella tensione in cui lo spettatore viene catapultato. Che non rimanga lì questa tensione ma ci porti a cercare soluzioni costruttive per crescere tutte e tutti pur continuando a godere delle stupende arie tristi che ci hanno lasciato Haendel e prima di lui Purcell.
RispondiElimina(Susanna Hirsch)
Ben scritto e drammaticamente vero e attuale
RispondiEliminaLa cosa che più mi colpisce della violenza sia fisica che psicologica subìta costantemente dalle donne è che ci stiamo talmente abituando ad ascoltare e a seguire fatti di cronaca di questo tipo che ne siamo quasi assuefatti, viziati, corrotti a tal punto da non capirne più profondamente la gravità, l’ importanza, tutto il nero che li ricopre. Questo è terribile. Questo spaventa. Dove sta andando l’ umanità ? Sabrina Fardello ha fatto qualcosa di grande, ha dato sè stessa in una magistrale interpretazione in cui, ancora una volta, la figura maschile risulta doppiamente negativa. Rimane la donna col suo pianto, sì, ma anche col suo coraggio, la sua forza, la sua determinazione, la sua maternità che la rende indistruttibile di fronte ad ogni male.
RispondiEliminaSilvana Cenciarelli
Potente ed efficace il messaggio del monologo.
RispondiEliminaLa resa del tutto è affidata anche all'elemento simbolico dello scialelle nero che a mio avviso rende il messaggio un po .... senza uscita. Non tutto deve per forza finire in "tragedia".
Insomma manca un elemento salvifico anche se vedo tante realtà associative di donne che sono capaci di produrre importanti risultati sia di cura sia di protezione e di prevenzione.
Valerio Di Paolo
Descrivere un problema sociale così grave che irrompe troppo spesso nella nostra quotidianità, non è semplice. Siamo abituati alla sintesi delle notizie di cronaca che comprimono in poche parole storie drammatiche, privandole della loro profondità. Il teatro, invece, è uno strumento potente per il coinvolgimento emotivo e per la sua natura pedagogica. L'artista ha qui usato al meglio il potere del teatro, grazie ad una rappresentazione emozionante, intensa ma nel contempo misurata, riuscendo a trasmettere tutta la forza del dramma umano. Complimenti.
RispondiEliminaGrazie dell’opportunità che mi viene data di esprimermi sull’argomento che meriterebbe grande spazio e confronto.
RispondiEliminaInnanzitutto mi complimento con l’autrice Sabrina Fardello per questo commovente e potente monologo.
Ho partecipato all’Open Hub svoltosi a Latina nel mese del novembre scorso, presente come animatrice e moderatrice la D.ssa Cinzia Baldazzi. In questa occasione ho avuto modo di apprezzare, del monologo, tutta la sua forza comunicativa, lo spessore umano e la rappresentazione artistica.
Purtroppo, devo dirlo, ho dovuto condividere anche l’epilogo di colpevole impotenza in cui le istituzioni galleggiano vinte spesso dagli artifici, dai cavilli legali e dalle sottigliezze che di fatto tolgono strumenti per combattere e condannare quella barbarie, così come mi sento di mettere in guardia dalla subdola spettacolarizzazione, quasi pessima moda che si impadronisce di questo dramma, di ,questa gravissima piaga sociale che tra i salotti ed i programmi- verità tende a contrapporre in una deriva di livello psico-filosofico la donna all’uomo, dimenticando e cancellando il tutt’uno per cui l’uomo e la donna hanno ragione di esistere.
Estendo i complimenti alla cara d.ssa Cinzia per averci detto, nelle note storiche espresse, quale sia il legame invisibile che alimenta l’antico al moderno.
Carmelo Salvaggio
A nome dell’associazione culturale Transversum desideriamo ringraziare il prof. Nazario Pardini per aver dato spazio al monologo di Sabrina Fardello.
RispondiEliminaIl 30 novembre scorso, a chiusura del mese dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne, nel nostro spazio multifunzione Quadrarum Art Gallery, a Roma, in un evento coordinato da Cinzia Baldazzi, abbiamo avuto il piacere e l’onore di ospitare l’attrice nel suo monologo “Lascia ch’io pianga”: la performance ha lasciato forte commozione nei presenti, tra i quali molti hanno poi commentato su questo blog.
Grazie ancora e complimenti per l’attività di “Alla volta di Leucade”.
Donatella Calì e Maurizio Pochesci
I miei complimenti all’attrice Sabrina Fardello, una performance toccante, direi una perfetta interpretazione di una donna che si trova ad aver subito l'ennesima violenza domestica da parte del marito, per di più davanti alla propria figlioletta.
RispondiEliminaStraziante la scena di dover giustificare il marito davanti alla figlia, stati d'animo che passano dall'amore alla disperazione, pure quando porta la figlia dalla sorella, ritrovando l'amore per se stessa andando a denunciare il fattaccio: ma purtroppo non ha segni sul collo, le forze dell'ordine la rimandano a casa col suo aguzzino, e lei: “lascia ch'io pianga”.
Tanto amore, tanta rabbia, tanta delusione, tanta disperazione, tanta pseudo-calma, poi la rassegnazione, un coacervo di emozioni sparate letteralmente in un monologo perfetto, in cui l'attrice fa entrare lo spettatore nel personaggio che interpreta, vivendo ogni stato d'animo in ogni suo gesto, in ogni sua parola, vivendo la sua stessa amarezza, in quel velo portato sul petto nella scena finale, con tanta dolcezza ma anche con tanta rabbia. Chapeau, anche per la sua interpretazione canora, un usignolo, tanta qualità in questa artista.
Complimenti anche alla recensione di Cinzia Baldazzi, sempre impeccabile nei suoi accurati riferimenti storici da riportarci nel dramma del teatro classico greco, arricchendo il monologo di Sabrina Fardella di nuovi spunti
riflessivi.
Ermanno Spera
Disperazione e rassegnazione sono i componenti di questo monologo, un momento atroce vissuto nel quotidiano, con la forza sovrumana che caratterizza molte donne. La “forza di farsi forza” per i figli e per risolvere ciò che è irrisolvibile…grande interpretazione.
RispondiEliminaDovremmo pensare,respirare,onorare.
RispondiEliminaMentre ascoltando un dolore,
quello di una donna che gridando protegge il suo frutto,il suo amore,il suo cuore,offrendo il suo corpo alle mani di un solo che non conosce il sogno.
Splendida interpretazione ma una donna non si tocca nemmeno con un fiore dovrebbe saperlo quella giustizia che vuole solo interpretare non considerare.
Questo monologo, semplice, diretto e toccante, fotografa con precisione chirurgica una realtà che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, viene ancora e ancora colpevolmente ignorata da tante, troppe persone. Abbiamo bisogno dell'arte, come sempre, per arrivare al cuore delle questioni e delle persone.
RispondiEliminaUn monologo purtroppo molto vero. La violenza subita in casa e troppo spesso tenuta nascosta a un mondo che sa ma fa finta di non sapere...
RispondiEliminaLia Grassi
Il monologo di Sabrina Fardello è un potente ritratto di una donna intrappolata in una situazione di violenza domestica. La scelta di farla parlare direttamente al pubblico, senza filtri, rende la sua sofferenza palpabile e toccante. È un monologo intenso e toccante che offre una testimonianza potente della violenza domestica. La scelta di portare in scena una tematica così delicata è coraggiosa e merita di essere apprezzata. È un invito a non restare indifferenti di fronte a una realtà troppo spesso nascosta.
RispondiEliminaÈ evidente un contrasto tra la realtà e l’apparenza: la donna cerca di mantenere un’apparente calma, ma interiormente è tormentata dalla paura e dalla disperazione. La della figlia rappresenta la fragilità e l’innocenza, ma anche la motivazione più forte per cercare aiuto. La protagonista esita a denunciare il marito, mostrando la complessità di uscire da una situazione di violenza e la risposta dell’agente di polizia sottolinea le difficoltà che le donne vittime di violenza spesso incontrano nel cercare giustizia.
Il monologo ha una grande autenticità e tocca corde profonde, grazie alla rappresentazione realistica di una situazione purtroppo comune, mentre la recitazione di Sabrina Fardello trasmette tutta la gamma di emozioni della protagonista, dalla paura alla rabbia, dalla disperazione alla rassegnazione. Il monologo solleva un problema importante e attualissimo, invitando alla riflessione e alla sensibilizzazione. Il linguaggio usato è semplice e diretto, rende il monologo accessibile a tutti, rafforzando l’impatto emotivo, l’interpretazione, attraverso la mimica facciale e i gesti, arricchisce il significato delle parole e ha la capacità di provocare una forte reazione emotiva nello spettatore, spingendolo a riflettere sulla violenza di genere e a sensibilizzare l’opinione pubblica.
Congratulazioni!
Complimenti.
RispondiEliminaOrmai rara l'identità totale nell'essere attrice.
Riuscita in una interpretazione ardita. Non c'era finzione, era realtá. È il vero messaggio, di quella donna, che arriva al pubblico, senza ostacoli, se la sensibilità dell'ascoltatore si apre.
Credo possa dare non solo un messaggio contro la violenza alla donna ma anche contro la violenza psicologica ai figli.
Un monologo che ti scuote fino al profondo, 'Ma lascia che io pianga'. Parole che danno voce alle grandi responsabilità che una donna si trova a portare sulle spalle, tra famiglia, lavoro e ingiustizie. Grazie alla dottoressa Cinzia Baldazzi ho scoperto questo testo e ho subito voluto dire la mia. Complimenti a Sabrina per aver avuto il coraggio di affrontare temi così attuali.
RispondiEliminaAllora come ora, a distanza di più cento anni, le donne sono ancora discriminate.
RispondiEliminaNe parlava Pirandello nella novella “Scialle Nero” agli inizi del Novecento e lo raccontano mirabilmente Sabrina Fardello nel suo monologo “Lascia ch'io pianga” e Cinzia Baldazzi nella recensione al monologo.
Monologo nel quale lo scialle nero della protagonista cade a terra, quasi ad emblema del dolore causato, così come fu per lo scialle della novella pirandelliana.
La società patriarcale degli inizi del secolo scorso relega la donna al ruolo di madre e moglie, sottomessa prima al padre, poi al marito o ai fratelli in caso di donna nubile.
Pirandello lo descrive abilmente nella sua novella che vede la protagonista, in principio violentata e costretta al matrimonio riparatore, legare al suicidio il suo supremo gesto di libertà.
A distanza di cento anni la protagonista di “Lascia ch'io pianga” di Sabrina Fardello prova a ribellarsi al marito violento, che tenta di ucciderla in presenza della bambina, denunciando il suo comportamento ai carabinieri.
Il suo gesto, però, lungi dall'essere accolto dalle forze dell'ordine, non soltanto è respinto, ma annientato, non riconosciuto e, ancor più dolorosamente, minimizzato.
La donna ancora una volta costretta ad abbassare il capo e piegarsi ai dettami di un amore violento, distruttivo e pericoloso, volto ad annientare la sua essenza.
La donna alla quale è negato qualsiasi diritto anche in ambito familiare, soggetta ancora oggi a un potere che si regge su tradizioni patriarcali che considerano le donne prive di qualunque identità, ancor più grave, prive di qualunque tutela giuridica.
Le donne oggi più che mai fanno paura perché in grado di costruire ponti, di unire, di essere portatrici di dialogo, di speranza, come fu per Eleonora Bandi, protagonista della novella pirandelliana, e per le tante donne che si battono per le affermazioni dei loro diritti, della loro indipendenza.
Si battono per la loro capacità di ribellarsi ad un razzismo dilagante che le considera il bersaglio principale.
Rosella Lisoni
Complimenti a Sabrina, un’attrice con la A maiuscola, che ha il dono grande di saper emozionare e incantare l'anima. Ho avuto il piacere di assistere alla sua interpretazione che mi ha toccata e commossa... e, aggiungo, anche cantante magnifica... grazie Sabrina.
RispondiEliminaBarbara Peonia
Essere stata spettatrice di violenza sin dai primi anni di vita e vivere dopo i miei settanta anni ancora in un mondo dove dilaga questo grave problema senza poterlo arrestare, mi fa capire che l'uomo, inteso come essere umano, invece di cercare di amare il fratello, quali noi siamo, non ha fatto un passo avanti nei millenni che si sono succeduti. Pervade odio, indifferenza, mania di grandezza e tutto ciò che ci fa vedere nemici. La donna dovrebbe essere considerata come il fiore che dà la Vita e quindi rispettata sempre! Ma tutto prosegue indifferentemente, come una (la) guerra che, per mania di grandezza, nessuno vuole arrestare.
RispondiEliminaComplimenti a Sabrina Fardello e alla cara Cinzia.
Rosanna Di Iorio
Quando l’essere umano capirà che l’amore non significa possesso sarà sempre troppo tardi. Il genere maschile, in particolare, sostenuto da un atavico senso di competizione, non permette al suo ego di essere sopraffatto da nessuno e da nessun sentimento che lo possa mettere in crisi. La cronaca è piena di fragili omicidi che non riescono a comprendere che l’amore è libertà. Ma è anche una condizione di maleducazione sentimentale che proviene dalle famiglie di origine. Educare, in generale, è faticoso: molto più facile lasciare diseducati in tutti i sensi. Ora, come nel passato, questo archetipo produce vittime e disagi non solo tra i due sessi. Brava la Baldazzi nella critica a mettere in risalto il dramma della protagonista: lo scialle rappresenta lo schermo che cela una realtà che non si vuol vedere. Facendo finta di niente si sopravvive ma non si vive pienamente…
RispondiEliminaGraziano Gismondi
L' uso dell'aria di Händel come spunto musicale è particolarmente toccante: la supplica universale per la libertà si trasforma in un grido contemporaneo contro la violenza domestica, con un forte richiamo alla cronaca attuale. La scena dello scialle nero, non solo come accessorio, ma come simbolo di protezione, dolore ma anche di trasformazione e di resistenza, si rivela un elemento narrativo di rara profondità, richiamando suggestioni pirandelliane...
RispondiEliminaQuesta fusione di musica, teatro e denuncia sociale renderà sicuramente il monologo un'esperienza toccante in grado di scuotere le corde più profonde della sensibilità umana e invitando a riflettere sull'urgenza di lottare contro ogni forma di oppressione. Complimenti a Cinzia Baldazzi e a Sabrina Fardello.
Cinzia Proietti
Ci sono poche occasioni per dare spazio ad interventi di vario spessore e la performance della versatile Sabrina Fardello fa la differenza. Con il suo monologo “Lascia ch' io pianga” coglie una centralità, mettendo in risalto una tematica contrastante, non solo la violenza domestica, ma descrive nel filone logico l'indifferenza delle istituzioni che a volte non si fanno carico di tali problematiche a una adeguata prevenzione.
RispondiEliminaComplimenti per aver evidenziato come percussore “Scialle nero” menzionato dalla nostra saggista- scrittrice-critica di prestigiosa letteratura Cinzia Baldazzi la condizione di sottomissione delle donne ottocentesche di cui parla Pirandello.
Mi ha ricordato "Il canto delle donne" di Alda Merini, una denuncia del femmicidio.
La discriminazione è la violenza nei confronti delle donne, e la donna si fa scudo attraverso il linguaggio, la complicità di personaggi che hanno le capacità interpretative, come l'eccellente espressività canora della Fardello tra spettacolo e commento, potenziando egregiamente aspetti inquietanti, menzionando la prevaricazione, la manipolazione come campanelli d'allarme.
Fabiola Poliziani
Tutta forza di una "donna madre moglie", racchiusa in un toccante monologo che sintetizza in modo realistico e poetico, al tempo stesso, il dolore di essere donna.
RispondiEliminaPurtroppo, non ho potuto godere dell'interpretazione dal vivo, ma il testo e i commenti del pubblico hanno reso evidente l'atmosfera della serata. Sempre illuminante il commento di Cinzia Baldazzi che ricompone il senso delle opere rileggendole in chiave storico artistica e filosofica, dando unitarietà e significato a quello che viviamo.
Concordo con chi afferma che la spettacolarizzazione dei media non aiuta a risolvere il problema ma lo accentua. Tuttavia, ben venga "la voce delle donne” come Sabrina Fardello e Cinzia Baldazzi.
Grazie!!!
Saveria Balbi
Interpretazione emozionante e coinvolgente. Sembra di sentire sul proprio corpo, la violenza di questa donna. Complimenti Sabrina Fardello!
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