Nota
a
Poeti e scrittori d'oltre frontiera
di Domenico Defelice
Innanzitutto la ringrazio di avermi arricchito umanamente e culturalmente, omaggiandomi della sua opera Poeti e scrittori d’oltre frontiera; arrivante il suo lavoro, convincente e polposo, da leggersi tutto di un fiato, soprattutto per la grande facilità nel trattare tematiche per niente semplici, che Lei sa rendere estremamente interessanti per uno stile fluido, calzante e visivo. Indaga con perspicacia, sagacia intellettiva e competenti strumenti analitici, vita e poetica di autori, tenendo di conto di criteri critici basilari, quali il rapporto fra poesia e panismo, fra poesia e cultura, fra poesia intimistico-esistenziale e poesia oggettivo-interattiva; fra intendimenti e stili ora prettamente nuovi e ora più innervati di riflessi tradizionali. Mi è arrivata con grande forza emotiva l’analisi su Peter Russel, autore con il quale ho maturato una grande esperienza umana e culturale, avendolo conosciuto di persona e avendo con lui affrontato tematiche multivalenti. Calzante e veritiera la differenza fra poesia moderna di “ciò che non mi tocca ignoro” e quella “che sprona, che interagisce con il lettore e l’ambiente, …, sempre aperta al mondo e alla sua storia di bene e di male, nella quale passato e presente si aggrovigliano in un impasto di particolare vigore.” del poeta Russel. Per non dire di Solange de Bressieux, del suo rapporto con la natura, con la cultura, o del suo amore per le chiesette più sperdute. La complessità del suo esistere è tracciata e indagata in maniera scaltra e meticolosa: la purezza della sua anima, la filosofia dell’esistenza, la profonda religiosità, la sua vicinanza a tutte le creature, nelle quali ritrova i processi del suo vivere. Il rapporto particolare con il nostro paese: “Non occorre andare in Grecia / per gustare la grandezza ellenica”. Quello con la morte, leit motif di gran parte della sua opera, vissuto in maniera serena, dolce perché finalizzato a un completamento divino. La sua opera, me lo lasci dire, è un lavoro di ricerca filologico-letteraria, uno strumento senz’altro completivo di conoscenza e di studio, perché quello che ne emerge è l’ergersi di figure non sempre conosciute, ma trattate con grande rigore storico.
Un caro saluto
Arena Metato 11/01/2010
ho letto la sua opera (Resurrectio) con grande coinvolgimento, e sinceramente mi ha “agguantato” lo stomaco per la sua crudezza e per la spontaneità fonico-lessicale. Lei sa trasmettere, con una grande facilità comunicativa, sensazioni e esperienze, direi comuni a tante persone; ma mi permetta una breve esegesi.
Caro Defelice,
ho letto la sua opera (Resurrectio) con grande coinvolgimento, e sinceramente mi ha “agguantato” lo stomaco per la sua crudezza e per la spontaneità fonico-lessicale. Lei sa trasmettere, con una grande facilità comunicativa, sensazioni e esperienze, direi comuni a tante persone; ma mi permetta una breve esegesi.
Opera di grande intensità umana, libera, vera, dove le parole esondano incalzanti come scrosci di un fiume in piena misti a ciottoli accumulati durante il suo tragitto. Le folgorazioni, che si accendono improvvise come schizzi di fiamma ossidrica sulla tessitura del verbo, entrano nelle viscere fino a stringerti e lasciarti senza respiro. In questo poemetto Defelice eleva un canto di alta liricità, impolpandolo di un succo aspro e velenoso, che addensatosi nell’animo e una volta riassaporato, trabocca sulla carta seguendo la luminosità delle intenzioni. E la forza dell’autore è tutta nel saper tradurre una tematica estremamente soggettiva in uno sfogo lirico e universale, nutrito di una concreta e al contempo robusta comunicazione. E qui la resurrezione, direi quasi dantesca, on la gagne, intonando un canto a Dio dopo una ascesi di grande respiro: “Che non sia buio pesto. / Altro non chiedo.”
Un caro saluto
Arena Metato 12/04/010
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