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mercoledì 22 giugno 2011

Prefazione per "Incontro a te" di Adriano Bottarelli

Prefazione
a
Incontro a te, Edizioni ETS, Pisa 2004. Pp. 64
di
Adriano Bottarelli



"Nei miei pensieri,
lungo le dita dell’ombra,
si sfilacciolano
bioccoli di solitudine."




La silloge Incontro a te di 63 poesie si snoda su un percorso vario e articolato, in cui l’autore con versi brevi e concisi tocca problematiche e affetti, concretizzandoli in immagini di alto spessore simbolico esistenziale: l’amore, il ricordo, la vita, la solitudine, l’inquietudine, la coscienza dell’essere e dell’esistere. Incontro a te, Quando ti dirò, L’amore viene, Il tuo passo, Buon Natale amore ... tante liriche che costituiscono un canzoniere d’amore che nel tempo si rafforza e si arricchisce di costante  alimento e si affina in intima fusione spirituale.
      Ed è proprio dalla prima lirica che la raccolta trae il titolo: “E il mio cuore, / avvinto dalla freschezza / delle tue parole, / raccolse le salmodianti / promesse, / incontro a te”. Tutto sembra respirare e gioire di questo sentimento erotico, e la natura stessa è coinvolta in questa luce di intima spiritualità: “Lungo il viale degli ulivi / dal colore di malva”, “I tuoi braccialetti di luna”, “La nostra gioia / accolse la dolcezza / del bouquet che profuma / nella stanza serena”, “Nel vento / delle tue primavere”, “Allacciare la mia / con la tua bocca / che di bosco odora / e gridarti “Amore”...”, “Mentre grappoli di sogni, / quasi pioggia di petali, / t’empiono le mani”.  “Allora / il vento dei pini / all’improvviso spioverà / aghi sui miei pensieri, per placare / la mia inquietudine” Versi questi ultimi che denotano la peculiarità della poetica di Bottarelli sia a livello intimistico che strutturale. E’ la natura coi suoi colori, coi suoi movimenti, e i suoi palpiti a visualizzare gli stati d’animo, le grandi motivazioni e le grandi questioni dell’esistere. Il linguaggio assume così un registro spesso simbolico, ricorrendo a un paesaggio mai come semplice pretesto descrittivo. La realtà è in continua simbiosi con l’uomo, con la sua gioia, il suo dolore, le sue perplessità: ora con l’esplodere della primavera, ora col preannuncio della sera, ora con il senso di precarietà del tempo colto nella fugacità delle stagioni: “è la musica della natura / la tua voce / le tue adorabili mani / che dolcemente tolgono / il fardello che pesa / sulle mie spalle”. E la luna, il vento, gli ulivi sono assidui interlocutori delle ansie, delle gioie, delle palpitazioni del poeta: “Ed io son qui, / sotto questa luna / magica / ad aspettarti”. “E ancora / petali d’ansia / sorprenderò / su strati di vento / gonfi di sogni”. “E la luna, / che teneramente origlia...”. “Ma le ore / con sospiro d’affanni / scivoleranno morbide ...” 
      Così recita un verso di Mario Luzi: “Non si percepisce mai la vita così forte come nella sua perdita” e noi perdendola di giorno in giorno, e accumulando la storia di noi stessi, sempre più ci rendiamo coscienti della sua unicità. Altro motivo, questo, fortemente sentito nella poesia di Bottarelli. Il memoriale si fa patrimonio, ricchezza, nuova vita. La vera esistenza è quella che è sfuggita all’oblio, quella che resta in noi, permeata nella nostra anima, ingrossata nella nostra immaginazione e ricreata con affetti e stati d’animo. La vita che viviamo quotidianamente è soggetta in gran parte a naufragare; l’anima e la memoria sono attente a che si perpetrino quegli accadimenti particolari che alla fine, messi insieme, compongono un breve tratto, una piccola porzione della nostra esistenza a cui restiamo sempre più aggrappati. La definirei la nostra vera storia, fatta di gioie e di tristezze: un tracciato che alla fine ci accompagna col suo magico potere, con la sua forza emotiva, che in Bottarelli si traduce in poesia liricamente e musicalmente avvincente. “Scorrono così / i sogni e i ricordi / della mia giovinezza / che racchiudo / nel calice dorato / della mia anima”. “Ora in questa casa / ... / le nitide pareti / hanno colore d’attese / che non conoscono / carezze di ritorni”. “E’ un alitare segreto / lungo siepi annose / sulle soglie / di un autunno / gravido / di memorie”. “E sulle labbra / di ricordi / che non vogliono appassire, / scandaglia la sera / sotto il sereno / mondo delle rondini”. “E perenne sarà il ricordo / delle vivide notti / ... / o Taormina”. “Nella carezza di luna / dei miei pensieri / ritrovo / i volti sereni / della mia infanzia / in cui confidavano / i miei sogni / cercando / tenerezze e voglie di ritorni”. “Tu sei tutto / il mio passato, / qui racchiuso / entro il grembo soave / della notte”. 
      Ma è sempre il sentimento panico ad avvolgere di sé ogni altro aspetto poetico, ogni altro sentimento di vita, offrendo al lettore versi di un lirismo piacevole e suasivo. L’autore si racconta tramite le cose, si rivela attraverso il vento dei pini, la magia della luna, i salici, i carri, la nebbia, l’autunno, il palpito del mare che diventano corpo di tanti segmenti di un’anima tesa a ritrovarsi oggettivamente nel mondo esterno. D’altronde il messaggio poetico non è mai fine a se stesso in Bottarelli, ma si dilata con forza lessicale e fonica coinvolgendo il fruitore che si riscopre nei suoi versi. Barthes auspicava che la poesia dovesse suggerire al lettore un campo di risposte emotive e concettuali legate alla sensibilità del singolo. Il lettore va lasciato libero protagonista nell’avviare i meccanismi della conoscenza. Il poeta è solo un ispiratore, nel senso che la poesia si ponga come istanza non direttamente conoscitiva, ma stimolatrice, rivolta ad una pluralità di fruitori, alla più estesa pluralità possibile di intuizioni fruitive. E questo fa la poesia di Bottarelli con la sua immediatezza e con la sua estensione: arriva al lettore, coinvolgendolo e rendendolo interprete, attore del suo messaggio umano ed esistenziale.
      Ognuno si deve esprimere con lo stile che più gli si confà, con quello che gli sgorga direttamente dall’anima, senza cadere troppo nel tecnicismo, nella freddezza del ritocco e dell’accomodamento: anche se a volte necessari, tendono più ad adattare un verso ad un ragionamento che ad uno stato d’animo. Quando leggiamo poesia il discorso deve essere personificabile, e lo è soprattutto se assolve alla vera funzione d’indagare l’anima universale: quella parte di noi che più si avvicina all’inarrivabile.
      E la poesia di Bottarelli, distesa su un ordito che fa della musicalità la sua arma principale, denota malizia ed esperienza poetica, soprattutto nell’uso di importanti significanti metrici, che combinano anima e parola. La versificazione concisa, modernamente  orchestrata su misure in prevalenza  brevi di versi bisillabi, trisillabi, quaternari, quinari, senari e settenari, ricorrendo all’uso di assonanze, enjambements e particolari combinazioni foniche, incatena un lessico di per sé maturo e concreto, in moduli poetici visivi e efficacemente armonici.



                                                                                        Nazario Pardini

25/07/2004



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