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domenica 3 luglio 2011

Nota al libro "Poi venne una zazzera d'oro" di Francesco Tassinari

Nota 
al libro
Poi venne una zazzera d'oro
di
Francesco Tassinari 


Il poeta in questa opera riesce a tessere una trama di grande intensità lirica che si allarga attraverso evocazioni e suggestioni di vita ai dubbi delle grandi inquietudini esistenziali. “Sono un barlume stento / una voce superflua nel coro.” (Giovinezza che passa) “Un’ombra grigia / si affacciò alle case: / malinconico grido nella sera!” (Giovinezza perduta) Le piccole e le grandi cose, i timori, i luoghi, i ritorni sono iperguardati da un occhio che riceve immagini trasfigurate e il reale si fa reale di un poeta che non segna confini attorno al suo evento. Sorretto da una notevole padronanza poetica, frutto dell’alternarsi di versi brevi ad altri di misura più ampia, tesse l’ordito sul senso amaro dell’esistere, illuminandolo però col conforto di una grande luce terrena che squarcia un futuro di ombre. “Laggiù è l’orrenda siepe, ” (Estate e oblio). “Poi venne una zazzera d’oro / su un volto radioso.” (La zazzera d’oro). “Fu un giorno di fine anno, / a Natale...” (Casa della mia fanciullezza).     


Nazario Pardini

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