Primo Premio
a
Pierangelo Scatena
per il libro
Nelle parole
Fin dall’inizio della sua plaquette il poeta mette in luce quelle che saranno le caratteristiche essenziali del dettato poetico. Le esprime subito nella prima lirica Le parole che siamo; perché, in fin dei conti, noi siamo parole, quelle dette, quelle non dette, le più tristi, le più felici, e quelle esatte tese a qualche meta o aperte nel futuro e infine quelle che potevamo e che non siamo stati. E cosa alimenta principalmente l’anima dei poeti, se non che quegli interrogativi esistenziali che comportano il fatto di esistere e il destino del patrimonio delle nostre parole? Sì!, perché le nostre parole siamo noi, coi nostri dubbi, le nostre incertezze, le nostre memorie. E c’è chi le affida ad un credo religioso, chi ad un credo laico, chi ad un’isola, quale Leucade, che rappresenta la poesia, lo scoglio della dimenticanza e della vita. Ed il poeta spera che queste parole possano prolungare il loro cammino oltre l’esistenza umana: “vorrei accoglierle qui nell’illusione / che resteranno un po’ più in là di me.” Quindi il leit motiv della silloge è questo senso di fugacità del tempo, della caducità della vita, (“siamo nel tempo impronte di passaggi”), toccato da un sentimento di sottile melanconia, come un terriccio fertile a partorire versi di arrivante lettura. E quel che resta è poco: “Tutto compreso dentro il dizionario / tutto intruppato dentro le parole / ciò che in parole si squaderna e muore”. Anche la poesia, in fin dei conti, non è che serva a molto: la si scrive, perché non si ha niente da dire: “per questo scriviamo poesie”. E questo morire della luce, strappandosi dalle cose, evidenzia con efficacia il passaggio alla memoria, e dalla memoria al nulla: “Come sapremo ch’era primavera?”. L’opera si suddivide in tre sezioni così distribuite: Le parole che siamo, Tra le parole e l’assenza, In fondo alle parole.
Lo spartito è caratterizzato da una versificazione varia e articolata: versi ora più brevi, ora più ampi, come nella lirica Il mare nel cuore; o versi in sonetti dallo spartito perfetto sotto il profilo della tradizione letteraria: Era, Sonetto dello scacco matto, Sonetto dei troppi anni. Ma a dominare il tutto è l’endecasillabo costruito con esperienza tecnica in tutte le sue complesse soluzioni. Ed è l’endecasillabo ad intrecciare il tessuto verbale con una musicalità che rende piacevole la lettura. Le fanno da supporto figure tecnico-foniche quali assonanze, consonanze, rime, anastrofi, sinestesie impiegate, con malizia poetica, a rafforzare la plasticità delle immagini.
Nazario Pardini
Arena Metato 11/07/2011
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