Previsione dal dipinto
J. W. Waterhouse, Circe invidiosa
Non potevo trattenerti
era scritto nelle linee del tempo
nonostante le esche
e le rose nere di parole
che avevo evocato per te
non si può fermare la primavera
e asciugare la sete di nuovi orizzonti
dagli occhi
non potevo trattenerti
ambivi ad una terra da riconquistare
la tua
e io offrivo solo canti notturni
ora guardo la tua nave d’assenza
abbandonarmi
in un silenzio di sabbia
quando giunge l’autunno
non potevo trattenerti
dovevo saperlo
−hai occhi di cielo−
Non si può innamorarsi di te
Ulisse
(La poesia La Maga è stata pubblicata sulla rivista letteraria "Pentelite 2012")
© Simonetta
Longo
NIKE
(MUTILATA)
Previsione dalla
scultura
Nike di Samotracia
Mi
dà brividi il vento
troppo
leggera è la veste
sotto
cui freme il marmo pario
ma
devo forzare le ali
all’impeto:
Ecco
la triremi!
Vi
annuncerò la gloria, soldati,
dall’ombelico
che vi ispira
già
sulla prua
il
piede destro si posa
a
mietere attese
con
petto proteso
all’offerta
Eppure
qualcuno osò
profanarmi
il sogno
(e
ancora mi si chiede
dove
smarrii le braccia
la
testa)
È
questo vento
non
dà tregua al possesso
pieno
d’ogni
mia forma
e
l’unica mano divisa
sarà
sospesa tra un saluto
e
il nome in cui mi chiamano:
Vittoria
(Inedita)
© Simonetta
Longo
simonetta.longo@gmail.com
L’OSSESSIONE
DI DALÌ
Previsione dal dipinto
S. Dalì, Reminiscenza archeologica dell’Angelus di
Millet
Siamo
continenti alla deriva
non
guarderemo mai lo stesso orizzonte
e non pronuncerò mai il tuo
nome, il tuo nome Amore
i tuoi occhi saranno voli di
corvi ad Ovest
i miei occhi languori in
un’alba di stelle
andrai lontano
ogni giorno un passo
oltre i confini di noi
in un crollo di inviolabili
colonne
guarderò la tristezza della
tua ombra
che dilegua in questo cielo
venato d’abbandono
e lampi di malinconie
trafitta dai pini del ricordo
la mia anima abbraccerà il
silenzio
di un addio taciuto
echi di me ti attraverseranno
come crepuscoli di parole e
poesie
nelle fessure del tuo essere
di pietra
siamo anni che si rincorrono
non conosceremo mai lo stesso
istante
e non pronuncerai mai il mio
nome, il mio nome Amore.
(Inedita)
© Simonetta
Longo
simonetta.longo@gmail.com
NOTTURLABIO
PREVISIONI DALL’OMBRA
Notturlabio, di prossima pubblicazione, è un classico
libro di carta, e dunque da sfogliare; ma
è anche un’opera multimediale da
ascoltare e da guardare: i versi, che
prendono forma e ritmo sulla pagina bianca, sono spesso una trascrizione delle sensazioni prodotte da
dipinti famosi (Dalì, Munch, Waterhouse, ecc.), da brani musicali (che spaziano
dalla classica al rock anche più duro) – e, in alcuni casi, anche da profumi e da altri stimoli. E chi legge può seguire lo stesso percorso sensoriale – e,
soprattutto, del cuore – dell’autrice: accanto alle liriche sono infatti
indicate le opere figurative e i brani musicali di riferimento, mentre in fondo
al volume sono riportate le tavole delle ecfrasi (ricordiamo che l’ecfrasi è un
procedimento descrittivo molto antico, il cui esempio più noto è la descrizione
in versi dello scudo di Achille nell’Iliade
di Omero).
Notturlabio è diviso in sei parti: vista, odorato, gusto, udito, tatto e quinto senso e mezzo (il titolo di
quest’ultima sezione è un tributo della
poetessa – laureata all’Università di Lecce con una tesi sul Mefistofele di Arrigo Boito – al fumetto
Dylan Dog). Il volume raccoglie una
serie organica di previsioni sensoriali: così vengono definite le poesie con
allusione a quel residuo di profeticità ancora presente nelle donne e negli
uomini d’oggi, perché il mondo della profezia e del mito è sempre stato
considerato – fin dall’antichità – un territorio abitato dai poeti.
Notturlabio si configura, pagina dopo pagina, come
un’opera visionaria vicina, per alcuni aspetti, al Decadentismo e alla poesia
simbolista francese (ma anche al Romanticismo inglese, popolato di maghi,
cavalieri, dame e mostri): la poetessa come veggente,
il ricorso a figure retoriche quali la sinestesia, il linguaggio evocativo, lo
scardinamento dei nessi logici del linguaggio tendono a configurare le liriche
di Notturlabio come profezie notturne
in tutti i sensi. L’esperienza
sensoriale, sembra suggerire l’autrice, è anche un’esperienza extra-sensoriale;
e ogni previsione è una chiave
letteraria per aprire la porta della fantasia ed esperire l’Ignoto (che è anche
il nostro lato scuro), attraverso un piccolo oggetto astronomico – il
notturlabio appunto –.
©
Mario Buonofiglio
mario.buonofiglio@gmail.com
©
Simonetta Longo
simonetta.longo@gmail.com
L’ULTIMA
EMOZIONE DELLA MAGA CIRCE
(Un’interpretazione
della lirica La maga
di Simonetta
Longo)
L’isola
Quanto tempo è
passato da quella primavera, quando i Greci giunsero all’isola incantata e
furono trasformati in porci, tutti tranne Ulisse? Guardando la nave
allontanarsi, Circe ricorda ora solo un frammento della formula magica, composta
di rose nere di parole, con la quale
aveva irretito Ulisse e risvegliato
il lato oscuro dell’amore.
La nave
Intanto, sulla
nave, Ulisse (dall’agile mente) ricorda ancora il giorno dell’approdo
«Ecco, ed all’isola Eèa
giungemmo, ove Circe abitava,
L’isola
Circe aveva
evocato quelle parole per incantare e
trattenere (inutilmente!) Ulisse presso di sé; ed ora, abbandonata in un silenzio di sabbia, continua ostinatamente a bisbigliare sempre
lo stesso residuo ritmico, l’unico frammento che riesce ancora (fino a quando?)
a ricordare.
Il frammento “ritrovato” dell’ultimo
canto di Circe
Nella raccolta
poetica Notturlabio, previsioni
dall’ombra della poetessa Simonetta Longo troviamo la lirica La maga:[2]
Non potevo trattenerti
era scritto nelle linee
del tempo
nonostante le esche
e le rose nere di parole
che avevo evocato per te
non si può fermare la
primavera
e asciugare la sete di
nuovi orizzonti
dagli occhi
non potevo trattenerti
ambivi ad una terra da
riconquistare
la tua
e io offrivo solo canti
notturni
ora guardo la tua nave
d’assenza
abbandonarmi
in un silenzio di sabbia
quando giunge l’autunno
non potevo trattenerti
dovevo saperlo
−hai occhi di cielo−
Non si può innamorarsi
di te
Ulisse
In questa lirica l’autrice
“ricostruisce”, attraverso un frammento ritmico del canto di Circe, gli ultimi
istanti di un incontro (durato una stagione? un’ora soltanto?).
Questa è la
trascrizione del frammento che Circe, invasa dalla tristezza, ricorda ancora a
memoria:[3]
–
– + – – – + –
–
+ –
Le parole corrispondenti
a questo ritmo ancestrale sono:
Non potevo trattenerti, Ulisse
– – + – – – + – || – + –
(8 + 3 = 11)
Il secondo verso della
lirica La maga contiene dunque il
ritmema predominante, il motivo musicale.
Il ritornello non potevo trattenerti (ripetuto tre
volte)
– – + – – – + – (8)
esprime la mancanza
(ritmica) di Ulisse
– + –
(3)
Perché il
Greco, nonostante le esche che la maga aveva evocato, sta ora abbandonando
quella Terra di mezzo che è l’isola Eèa, sospesa tra il desiderio
dell’incantamento e il dover essere ciò che si è. Il destino di Ulisse era già
scritto: ritornare ad Itaca.
La nave
Ulisse ha alzato le vele e
naviga verso la sua petrosa Itaca, ora che il sole sta tramontando sul mare
immergendosi tra le onde, e la tenebra giunge. E, all’improvviso, il marinaio
sente un brivido, avverte che la maga sta scrutando l’orizzonte dalla spiaggia.
Sente il sibilo, quasi impercettibile, della sua lingua.
L’isola
Perché Circe
non può più trattenere Ulisse, identificabile con il trisillabo – + –? Perché
era scritto nelle linee || del tempo
– – + – – – + – || – + –
(8 + 3 = 11)
Nel ritornello – – + – – – + – (8) manca appunto il tempo – + – (3), perché il tempo dell’incanto
è fuggito e, con esso, Ulisse – + –
(3).
La nave
Veleggiando
verso l’ignoto, Ulisse attende con inquietudine il sorgere del Sole, mentre la
nave va –verso dove? Ascolta il sussurro del mare e le voci umane dei suoi
compagni, che giocano ai dadi, ignari del loro futuro. E dice le chiare parole:
«Amici, qui non si sa da che parte sia l’alba
e il tramonto,
né da che parte il Sole
fulgente discende sotterra,
Il segreto dell’Isola e i marinai
L’isola
misteriosa alle loro spalle, il territorio di Circe, è un luogo oscuro (i
marinai inorridiscono al ricordo):
«Circe, condottili dentro, su seggi e su
troni li assise,
cacio per essi intrise,
con miele dorato e farina,
con vin di fiamma; e
filtri maligni mescé ne l’intriso,
ché della terra nativa
ricordo nei cuor non restasse.
Or, poi che Circe ebbe
offerto, quegli altri ingoiato l’intriso,
li colpì con una verga,
li rinchiuse dentro il porcile;
e tutto avean già
l’aspetto di porci: grugnito,
L’isola di Circe è dunque
il luogo dell’oblio, della dimenticanza. Ma è anche il luogo dove la bestialità
prende forma. Partendo, i marinai si lasciano alle spalle il proprio lato
oscuro.
La
“ricostruzione” del canto di Circe nella lirica La maga
La poetessa Simonetta Longo
ricostruisce, a partire dal frammento ritmico, l’intero canto (nello schema
segnaliamo il ritmema predominante della lirica):
Non potevo trattenerti –
– + – – – + – (8)
era
scritto nelle linee del tempo –
– + – – – + – || – + – (8+3=11)
nonostante le esche
e le rose nere di parole
che avevo evocato per te
non si può fermare la
primavera
e asciugare la sete di
nuovi orizzonti
dagli occhi
– + – (3)
non potevo trattenerti –
– + – – – + – (8)
ambivi ad una terra da
riconquistare
la tua
– + – (3)
e
io offrivo solo canti notturni –
– + – – – + – || – + –
(8+3=11)
ora guardo la tua nave
d’assenza – – + – – – + – || – + – (8+3=11)
abbandonarmi
in un silenzio di sabbia
quando giunge l’autunno
non potevo trattenerti – – + – – – + – (8)
dovevo saperlo
−hai occhi di cielo−
Non si può | innamorarsi di te – – + – – – + – || – + – (8+3=11)
Ulisse
– + – (3)
E ora, continuando
a guardare la nave allontanarsi dall’Isola, Circe biascica alcune parole: non si può innamorarsi di te, Ulisse; e
nel sibilo delle due “esse” è evocato il nome di Ulisse.
Il sibilo
Nella lirica La maga, un’interpretazione moderna e
magistrale della figura di Circe, la poetessa Simonetta Longo ha disseminato le
sibilanti (che alludono alla presenza−assenza di Ulisse) dosandone il suono ad
arte:
nonostante
le esche
e asciugare
la sete
la tua nave d’assenza
un silenzio
di sabbia
non si
può innamorarsi
di te
Ulisse
Nell’isola Eèa
nulla è come appare, e tutto muta diventando ciò che è. E Circe, dopo aver
accarezzato il sogno −impossibile– di essere donna (e dunque umana!) si sta
trasformando nuovamente in un animale a sangue freddo che non prova emozioni − in
una serpe?
Nelle ultime
sillabe pronunziate da Circe s’avverte ancora un’ultima nota umana: u-lis-se. E poi il linguaggio articolato
scivola verso suoni incomprensibili, sibilanti:
ssssss…
La metamorfosi dell’incantatrice
è ora completa; Ulisse ha abbandonato Circe in
un silenzio di sabbia, al suo destino d’animale, che è –anche e
soprattutto− l’assenza di memoria.
© Mario
Buonofiglio
mario.buonofiglio@gmail.com
[1] Odissea
X, vv. 135-136, traduzione di Ettore Romagnoli. Il grecista traduce
l’esametro omerico utilizzando un settenario o un ottonario con accenti ritmici
fissi sulla 1a, 4a e 7a sillaba, seguito da un
novenario o, più raramente, da un decasillabo. Rispetto alla soluzione adottata
da Giovanni Pascoli, che utilizza un verso lungo composto di diciassette
sillabe con accentazione fissa (vedi la prefazione), i versi del Romagnoli
risultano meno monotoni all’orecchio.
[2] La maga
è un’ecfrasi (il dipinto di riferimento è Circe
invidiosa di J. W. Waterhouse). La lirica è proprietà letteraria di
Simonetta Longo, pubblicata per gentile concessione dell’autrice.
[3] Il “+” più e il “–“ meno indicano le sillabe accentate e no.
[4]
Odissea X, vv. 189-191, trad. cit.
[5] Odissea X, vv. 232-249, trad. cit. Si segnala il
verso “ché della terra nativa ricordo nei cuor non
restasse”, che
fa pensare a un verso dei Pastori di Gabriele D’Annunzio: “rimanga ne’ cuori esuli a conforto”.
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