INtervista
A
CARMELO CONSOLI
A CURA DI
NAZARIO PARDINI
N. P.: Mi dica un po’:
quali sono le occasioni della vita che più hanno inciso sulla sua produzione
letteraria? quanto di autobiografico c’è nelle sue opere? lei pensa che ci sia
differenza fra poesia lirica e poesia di impegno; o pensa che la poesia,
essendo un’espressione diretta dell’anima, sia sempre lirica qualsiasi
argomento tratti?
C. C. Sono stato molto influenzato dalla prima
giovinezza, dalle esaltazioni e dalle incertezze che quel periodo mi ha dato
incidendo profondamente sulla mia produzione poetica ; ricordo che io sono nato
a Catania ed in quella città ho vissuto fino all'età di 16 anni trasferendomi
poi a Firenze dove quasi interamente ho trascorso il resto della mia vita di
studi e di lavoro. E' stato per me, il
tempo della prima giovinezza una stagione di estrema importanza nel crearmi
sensibilità e humus poetico ed ancora oggi lo ritengo uno status edenico ed
irripetibile, quasi una sorta di vita parallela vissuta, sorta e svanita ma che
ha lasciato tracce significative. Esiste dunque un solco profondo tra la mia
giovinezza e la mia età matura ancora oggi e viene testimoniato costantemente
dalla mia poesia, dove l'amata terra irrompe sovente con i suoi colori e le sue
fragranze. Io ritengo che qualsiasi cosa componga il poeta, qualsiasi argomento
tratti debba essere attraversato e filtrato dalla sua anima e questo vale anche
quando egli affronta testimonianze di impegno civile e sociale. Da ciò
scaturisce un partecipato e innato lirismo che deve accompagnare sempre una
parola mai disgiunta dalla musicalità, dalle cromie, dalle fragranze anche
quando si tratta di affrontare scottanti problematiche sociali della nostra
contemporaneità. Ritengo, più che mai, che oggi il poeta, che si ritenga tale
per una sua esigenza vitale, abbia una missione da portare avanti e cioè quella
di trasmettere al lettore una scrittura che sia specchio della propria vita
costellata di sogni e intrisa di palpitanti realtà nella loro intensità emotiva
creando così in lui i presupposti di una necessaria analisi riflessiva
sull'esistenza .
N. P.: La sua
poetica, essendo un interprete della poesia contemporanea, è in gran parte
nota attraverso le recensioni, prefazioni, e note critiche che la riguardano.
Ce la vuole illustrare lei?
C. C. La maggior parte
delle note critiche che si ricevono attraverso recensioni, prefazioni,
motivazioni ai vari premi conseguiti hanno spesso valore relativo e contingente. E questo io
ritengo che valga nella maggioranza dei casi.
Talora, per quello che mi riguarda, tanti critici non hanno colto la
profondità del messaggio trasmesso o la trasmutazione poetica avvenuta a dimostrazione
di valutazioni cosiddette di” routine” o a causa di frettolose conclusioni. Ma
ho avuto anche gratificanti testimonianze di autorevolissimi critici che hanno
scritto sulla mia poesia donandomi felicità, tuttavia aleatorie, ma io dico
sempre a tutti la stessa cosa e cioè che quello che più ripaga la mia parola
poetica, sempre frutto di un duro lavoro,
è quando questa va incontro alle persone sconosciute ed anonime di una
sala che alla fine della presentazione di un libro o di un reading poetico si
alzano e mi vengono timidamente incontro confidandomi che i miei versi hanno
creato in loro profonde emozioni. Ed è questo,credo, che veramente gratifichi
il poeta dandogli la certezza di aver prodotto la sua parola nella giusta
direzione.
.
N. P.: Quali sono le
letture a cui di solito si dedica e quale il libro che più le ha suscitato
interesse? e quindi predilige? perché?
C. C.
Sono stato quasi subito catturato da Quasimodo e poi da Montale e Ungaretti
trovando nelle loro opere una inattesa fonte di nutrimento poetico e di
introduzione all'arte dello scrivere poesia.
Naturalmente, come tutti, mi sono immerso nella lettura dei grandi da
Omero a Dante a Manzoni e da allora in
poi ho letto tutto ciò che riguardasse la poesia e la narrativa trovando grande
interesse anche per gli autori francesi e russi in particolare. In parallelo ho coltivato la passione per la
filosofia e per tutto quello che è inerente alla spiritualità, al mistero
dell'esistenza, al miracolo della creazione. Queste sono le letture alle quali
ancora oggi mi dedico non tralasciando la realtà letteraria dei nostri giorni
che apparentemente ci appare una frammentazione precaria, soprattutto per
quanto riguarda la produzione poetica, così come è espressa in mille rivoli, ma
che in effetti contiene i fermenti di
una nuova espressione esistenziale di alto spessore e ne sono i testimoni tanti
scrittori e poeti contemporanei che a pieno titolo si possono considerare degli
ottimi autori. Ma se devo parlare del libro che più ha suscitato il mio
interesse, riferendomi alle mie più recenti letture, devo citare l'amico e
raffinato critico Emerico Giachery e segnalare il suo volume” Abitare
poeticamente la terra” nel quale ho trovato racchiuse, come in un prezioso
scrigno, tutte le strade maestre per vivere al meglio l'esistenza. Un volume,
il suo, testimonianza di profonda saggezza che raggiunge con immediatezza
l'anima e certifica la nostra appartenenza ad una armonia superiore che va ben
oltre i confini temporali della vita terrena. Ed è questa la parola miracolosa
da diffondere.
N. P.: Fino a che
punto le letture di altri autori possono contaminare uno stile di uno
scrittore? e se sì, in che modo?
C. C. La strada che porta alla creazione di un proprio
e riconoscibile timbro poetico, narrativo è in genere lunga e tortuosa e passa
attraverso la lettura di tanti altri autori . Ritengo che sia impossibile
astenersi dal leggere gli altri ed essere un buon scrittore nello stesso tempo.
Ogni individualità, diversa dalla propria, crea positiva contaminazione sia per
stili che per contenuti. Spesso si ritrovano affinità entusiastiche nelle
letture di altri scrittori, altre queste
sono fonti di interessanti confronti o scoperte innovatrici ed ancora si
possono trovare nuove strade da percorrere, idee riformatrici. Però come in ogni arte occorre saper
attingere con umiltà e intelligenza a tutte le fonti della creatività per poi
diventare detentori di una esclusiva ed autentica parola poetica, di uno stile
personale, attuando nel tempo una sorta di saggia filtrazione delle fonti,
estratto e magico contenuto finale della propria sensibilità .
N. P.: Che cosa pensa
della poesia innovatrice, quella che tenta sperimentalismi linguistici? quella
che si contrappone e rifiuta ogni ritorno al passato? o, per meglio intenderci,
quella che si contrappone ad un uso costante dell’endecasillabo, o a misure
dettate da una rigida metrica?
C. C. La parola poetica è sempre stata nei tempi espressione di uno spaccato
esistenziale, figlia del proprio tempo, di scuole letterarie, movimenti
culturali, sociali, tendenze e voli riformistici ed è naturale il procedere
della sua mutevolezza. Ma una cosa è fare poesia attingendo, attraverso la
propria anima, il proprio stupore creativo alle fonti diverse ed innovatrici
dei momenti contingenti dell'esistenza, un'altra è invece quella di tentare sterili sperimentalismi
linguistici solo per il gusto di una provocazione letteraria o di una fuga
improponibile verso inesistenti orizzonti. Quindi ben vengano autori capaci di
innovare positivamente la poesia e di adeguarla
ai tempi tortuosi e difficili che viviamo sempre ché questi siano
sorretti da quella sensibilità superiore in cui ci si possa specchiare e
riflettere. Personalmente prediligo il verso libero in quanto lo ritengo una
necessità per esprimere la mia poesia ma questa è solo una scelta personale che
si alterna comunque all'uso dell'endecasillabo o ad altre forme di metrica e
tutto avviene spontaneamente, senza forzature. Rifiutare a priori l'uso
dell'endecasillabo è operazione insensata e avventurosa se non si è poi in
grado di giungere a quella armonia superiore che crea tale forma poetica. Ma la
vera poesia sempre e comunque è quella capace di creare magie di cadenze
musicali, di cromie e fragranze, è quella in grado di commuovere, far
riflettere, rispecchiare l'uomo nella sua meraviglia creativa e nella sua
miseria corporale e la si può creare attingendo a varie forme della scrittura,
seguendo il proprio autentico timbro poetico.
N. P.: Cosa pensa
dell’editoria italiana? di questa tendenza a partorire antologie frutto di
selezioni di case editrici? di questi innumerevoli Premi Letterari disseminati
per tutto il territorio nazionale?
C. C. Siamo in effetti in una miscellanea di premi e
case editrici, piccole, medie, grandi, serie, semiserie, truffaldine ed inoltre
si è costretti e castigati da leggi di mercato che fanno di tutto per
impoverire la cultura e la creatività.
Alla sincera ed entusiastica partecipazione che anima lo spirito di
tante piccole case editrici, che vivono di sacrifici, si contrappone la
baldanza spadroneggiante di quelle grandi ( non faccio nomi ma tutti sappiamo
chi sono) che vendono di tutto e che vivono nell'alone luminoso delle grandi
firme, nella lucida patina di pseudo creatori di letteratura-spazzatura e che
ahimè! si aggiudicano i grandi premi letterari ( pratica questa quasi fosse una
perenne condanna per tanti ottimi e sorprendenti autori , emarginati, che non
riescono a pubblicare con loro). Quanto poi attiene alle antologie poetiche
queste sono spesso frutto di una costante pratica maliziosa e subdola di case editrici e di premi letterari è cioè
quella di fare cassa sulle spalle di chi con tanta buona volontà e mezzi
creativi spesso limitati si dedica alla poesia. Ma d'altronde non si può negare
un attimo di popolarità a nessuno e ognuno è felice nella propria
consapevolezza. Resta comunque la realtà
negativa ed eccessiva del ricorso a queste antologie che spesso hanno costi
veramente alti rispetto alla qualità che esprimono. Anche i premi letterari (esclusi i
grandissimi noti a tutti che sono solo ad esclusivo appannaggio dei soliti eletti o prescelti da un ignoto destino) in
Italia sono un miscuglio di realtà positive e negative C'è del buono, anzi
dell'ottimo in tanti laddove le giurie sono espressione di vere competenze e
serietà, c'è del miserevole o ingannevole in tanti altri in cui si mescola la
cultura letteraria con altre competenze di stampo politico, amministrativo e dove
si incontrano personaggi che niente hanno a che fare con l'arte dello scrivere.
N. P.: Certamente sarà legato ad una sua opera in particolare. Ne parli,
riferendosi più ai momenti d’ispirazione, ai tempi di scrittura, alla scelta
lessicale, alla revisione, più che ai contenuti. Che pensa della funzione del
memoriale in un’opera di un poeta? e della funzione della realtà nei confronti
di un’analisi interiore?
C. C. Generalmente
ogni composizione è un momento esaltante nell'idea introduttiva, nell'intenzione, nelle prime parole, per poi
diventare in seguito una sorta di manufatto da plasmare, correggere, tagliare,
o buttare via e rifare. Questo, nel mio
caso, per dire che sono legato ad ogni
mia opera fatta di piccoli passi e di grandi sforzi nel rendere l'armonia
giusta da immettere nella composizione. Difficilmente compongo poesie
cosiddette “ di getto” nella loro
stesura definitiva; questa è pratica riservata, quando riesce veramente bene,
credo ai poeti veramente illuminati e ne
posso citare qualcuno :ad esempio Mario Luzi o Alda Merini la quale addirittura
negli ultimi tempi dettava le liriche in una sorta di delirio poetico. Ma qua
siamo nel campo degli altissimi o cosiddetti
mostri sacri della poesia. Il mio
invece è un lavoro umile e continuo di cesellatura delle parole, dei contenuti
e soprattutto dei sensi e della musicalità. Molte volte ho rinunciato a
proseguire in un progetto, molte altre ho rivisitato vecchie composizioni
scritte con una frettolosa sensibilità. Fondamentale è, soprattutto nella poesia, ed in ogni poeta
che si rispetti, l'attimo di trasmutazione nel quale egli penetra in una sorta
di trance poetica tale da permettergli una immaginifica proiezione della
realtà, capace di creare emozioni e stupore in chi legge, ma che sempre si
accompagni a quelli che sono i valori e i contenuti positivi su cui si basa
l'esistenza. Questo è il vero legante del poeta alla poesia. La funzione della
memoria è di primaria importanza , nel mio caso poi è fondamentale. Il vissuto
si mescola costantemente con la realtà e
con il sogno . I l memoriale è quindi terra di ricordi, insegnamenti, confronti
, isola felice o meno ma sempre ricorrente presenza. Più che mai penso che oggi la realtà in cui
viviamo sia oggetto, anzi necessità, di una profonda analisi interiore in chi
scrive e nella mia creazione letteraria essa è campo quotidiano di verifica,
canto, esaltazione , sbigottimento, innamoramento.
N. P.: Cosa pensa della nostra Letteratura Contemporanea? raffrontata
magari con quelle straniere? e dei grandi Premi Letterari tipo il Campiello, il
Rèpaci…? e del rapporto fra
poesia e società? fino a che punto l’interesse per la poesia può incidere su
questo disorientamento morale (ammesso che lei veda questo disorientamento)? o
pensa che ci voglia ben altro di fronte ad una carente cultura politica per
questi problemi?
C. C. A queste domande ho già risposto in parte
per quanto concerne i grandissimi premi letterari terra di conquista di autori
a volte sconosciuti e di selezioni abbastanza discutibili e oscure da
interpretare. La nostra letteratura contemporanea, specialmente quella
dell'ultimo ventennio, è una fucina di tanti pregevoli autori tuttavia
distratta e indebolita da un generale disorientamento sociale e morale. C'è
molta frammentazione, come già accennato, nella poesia di oggi, con tante
ottime individualità ma anche forti rivalità e nessun legante che possa
accomunarla in un grande progetto. Penso
che esista una maggiore serietà e serenità consapevole nella letteratura
straniera in particolare in quella dei paesi emergenti del mondo orientale dove
ancora tengono sensibilità che si sono perse altrove. Del rapporto tra poesia e
società ho anche già parlato ma preferisco continuare a parlarne in quanto è un argomento a cui si
lega molto la mia poetica, soprattutto la più recente. Ritengo e l'ho già detto
pubblicamente varie volte che il poeta debba oggi essere un cantore della sua e
altrui realtà sociale. La poesia altrimenti rischia, con i tempi che corrono,
di essere uno sterile esercizio di persone che si isolano in nicchie dorate ed
il fatto che parlino di valori e sentimenti fondamentali, ma fini a se stessi, al punto in cui siamo
interessa a pochi ( agli addetti ai lavori) e lo dimostra lo scarso interesse
per l'arte poetica che ha il grande pubblico che non compra più libri di
poesia. La poesia oggi deve avere il coraggio di essere presa di coscienza e
denuncia di malesseri e disagi ma al tempo stesso illustrare le bellezze ed i
sogni della vita. Deve parlare al cuore entrando nel vivo di ritualità e
fenomeni del nostro tempo così come accade per tanta narrativa che viene
maggiormente letta e compresa. La poesia deve insomma incidere sul forte
disorientamento morale, sullo sbandamento dei valori che subiamo ed il suo
messaggio deve commuovere, denunciare, ristabilire dignità e valori. Così potrà fare la sua piccola ma preziosa
parte correttiva ed educativa come del resto è stato sempre nella cultura dei
popoli e nell'esistenza umana.
N. P.: Se potesse
cambiare qualcosa nel mondo della poesia o dell’arte in generale, che cosa
farebbe? se avesse questi poteri che cosa lascerebbe invariato e che, invece,
muterebbe sostanzialmente?
C. C. Farei una politica maggiormente rivolta alla
diffusione della cultura letteraria e artistica, ad iniziare dalla scuola. Una
maggiore pressione sui media per la
diffusione della poesia, in particolare, anche se ho notato con piacere che
negli ultimi anni spontaneamente sono
sorti movimenti poetici nelle piazze, nelle strade segno questo della necessità
di una ricerca d'armonia e di analisi introspettiva. Sono nati anche interessanti
centri contemporanei di poesia come quello di Rondoni a Bologna o quello di
Roma contanti bei nomi della letteratura. Ma la poesia e l'arte hanno purtroppo
anche loro bisogno di fondi e pertanto bisognerebbe spingere sponsor e
benefattori a sostenerle. Quanto alla poesia per farla apprezzare occorrerebbe
spettacolarizzarla unendola ad altre forme artistiche come la musica ad
esempio, la danza, il disegno. Renderla insomma strumento sempre più alla
portata di grandi masse, anche nel contesto di spettacoli di intrattenimento di
larga diffusione. La scuola, ed è inutile ripeterlo, dovrebbe essere il bacino
di partenza, la grande madre che introduce all'arte dello scrivere o del
rappresentare la vita in forma armoniosa ed è qui che punterei il dito ed il
cuore per cambiare, rettificare, incrementare tutto quanto in funzione della
diffusione della cultura artistica, pur nel rispetto delle forme espressive
sempre più veloci e informatizzate del nostro tempo.
N. P. Potesse tornare addietro negli anni, cambierebbe
qualcosa nelle opere che ha scritto? a livello formale, lessicale o
contenutistico? o è dell’idea che ogni opera partorita è figlia del suo tempo e
degli stati d’animo di quel momento?
C. C. Non cambierei molto di ciò che ho prodotto né a livello
di contenuti né a livello formale o lessicale. Penso proprio che ogni opera sia
frutto di una contingente situazione del tempo e di una sensibilità o stato
dell'anima in atto. Se potessi tornare
indietro, in una sorta di magica
rielaborazione della vita, chiedere al destino di darmi più tempo e possibilità
di dedicarmi alla scrittura, quella poetica sopratutto, perché in effetti, per
varie contingenze esistenziali, sono arrivato tardivamente ed in età matura ad
essa, nella sua completa elaborazione e diffusione, nonostante avessi
cominciato a scrivere già all'età di 15 anni . Come un fiume di parole,
sentimenti, contenuti la mia poesia si è
inabissata nelle profondità dell'anima e dell'inconscio per poi riemerge con la
coscienza della maturità e del tempo trascorso e giungere agli altri con i
pregi ed i limiti della propria consistenza.
La ringrazio per la sua disponibilità.
La sua intervista verrà pubblicata sul blog “Alla volta di Leucade”
Nazario Pardini
20/07/2012
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