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martedì 18 settembre 2012

Tre poesie di Maria Ebe Argenti


         Noli me tàngere                               

 

  Per troppo tempo sei rimasta sola,
ghermita da flessibili sarmenti
che ricoprivano le antiche mura
nascondendoti al sole ed agli eventi;
per troppo tempo la voce del silenzio
urlava il tuo squallore desolante,
la smania di un tepore ritemprante
che addolcisse il soffitto e le pareti.
 

Non fu buon’accoglienza, quando entrai,
spalancai le finestre e le persiane
bruscamente, rischiando d’accecarti:
troppe ferite, troppe cicatrici.
“Noli me tàngere” era scritto ad arte
sull’umida parete scolorita.
Mi rammentai di quei dipinti sacri
di Giotto, del Correggio, di Tiziano
e fu così che m’attirasti a te
con quella forza intrinseca dei deboli;
forse ci somigliammo in quel momento,
prigioniere soltanto di noi stesse
con sogni rosa ancora da sognare.


Nulla c’importa ormai di crepe o rughe
se Dio chiamerà in alto i prigionieri
liberandoli dai soverchi fiati,
donando loro cieli spalancati
e la pace che dura oltre la vita.



     
      Ma dove sono le farfalle bianche  
                                              
  Il muro della chiesa che protegge
            un tavolo di pietra, un’ombra d’acero,
            qualche pensiero che sul foglio scivola.
                                                          
 
            Tutto qui il mio rifugio
            finché l’aria mantiene la sua luce
            mentre un’eco racconta l’amarezza
            di perdute visioni che incantavano
            con quei campi di grano e fiordalisi,
            con filari di pioppi le cui foglie
            tremolavano all’alito del vento,
            con le grida dei bimbi che giocavano
            d’astuzia a nascondino nei cortili.
            L’Anima mia farfalla si faceva
            e poi seguiva le farfalle bianche
            a saziarsi del miele delle acacie
            fiorite a gruppi, là, nella pianura
            al soffio dell’aprile.
            Ora mi guardo intorno e ancora sento
            il cuore che s’incanta e che si scioglie
            al soffio dell’aprile,
            ma dove sono le farfalle bianche
            che vogliono volare fra le acacie?
            Tace il pensiero e intanto una matita
            disegna su quel foglio inanimato
            una nuvola dietro il campanile.
 
MOTIVAZIONE:

Due terzine aprono e chiudono la composizione che si dispiega in una strofa centrale dove
la dolcezza del ricordo s’intreccia con il presente.   L’atmosfera di serena nostalgia è resa
palpabile dal lirismo del linguaggio poetico  e  dalla magistrale naturalezza dello scorrere
dei versi.

                                                                                                   Maria Pia Giustolisi

 

 

      Audace sento sussurrare il vento

 

  Questo consorzio umano che è la vita,
dove il dolore è l’unico maestro
che ci colpisce e insieme ci fortifica,
ogni giorno largisce bei vassoi
di svariate ingannevoli pietanze,
curate con perverse competenze
da un diabolico cuoco che in cucina
le predispone e ai ghiotti le propina.

 
Io disconosco questo cibo indegno
poiché l’Anima mia non ne ha bisogno
essendo lei l’essenza basilare
e a digiunare sempre mi costringo,
sgranando melanconiche quaresime
senza tridui pasquali che consolano
senza gioiosi canti d’alleluia
che nell’Anima mia letizia infondono.

Ma stasera, attraverso le persiane,
audace sento sussurrare il vento
luculliano ben oltre la decenza
che sollecita, complice la luna,
tutte le stelle accese in firmamento
a porgermi un vassoio dovizioso.
Non sarà dignitoso per qualcuno,
ma poi continuerà, lento, il digiuno.

  

 




 

 

1 commento:

  1. " la voce del silenzio" (2012) : ossimoro

    "Le voci del silenzio" (2006) : ossimoro

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