Sento di condividere queste idee della Busà
intorno all’origine della Poesia. Sono teorie, a mio parere, non riconducibili
ai filoni dominanti dell’attuale pensiero estetico che tenta di ingabbiare in
vari modi l’inquietante mistero dell’Arte e del Mito. La Busà parla giustamente
di “interrogazione dell’inconscio”, intesa come “anelito alla trascendenza”: non
dunque in termini freudiani e neppure in termini di esaltazione
mistico-romantica, bensì in termini di segreto e sereno dialogo dell’individuo
con la coscienza universale. Dal che deriva che il territorio della poesia non è
prettamente immanente, né prettamente trascendente, ma è il luogo in cui
immanenza e trascendenza si incontrano e si scontrano, relazionandosi fra di
loro. C’è un rapporto strettissimo fra Mito e Storia. Per quanto questa faccia
del tutto per allontanarsi dal primo, è sempre a quelle fonti misteriose ed
inspiegabili che deve tornare per potersi alimentare e riceverne spinte per
ulteriori cammini. Può dimostrarlo paradossalmente il fatto – come giustamente
Ninnj osserva e fa osservare – che l’emarginazione odierna del poeta e della
poesia corrisponde ad un incremento vertiginoso degli adepti di questa
straordinaria musa.