Paolo Bassani
Era la sera di lunedì,
A quel "Vieni, tua madre non sta bene" mi precipitai a casa, anche se in cuor mio mi figuravo una banale indisposizione passeggera, che una tazza di camomilla avrebbe presto rimediato. Trovai parecchie persone in cucina; in camera c'era mio padre seduto su una sedia e con la testa tra le mani, innanzi a mia madre immobile distesa sul letto. La chiamai, la chiamai invano. I suoi occhi erano sbarrati, terribilmente senza pensieri; la bocca lasciava sfuggire una bava di sangue; il suo respiro era affannoso. Capii. Qualcuno appoggiò la sua mano sulla mia spalla e mi disse qualcosa; forse fu una parola di speranza; non ricordo. Arrivarono con la barella e la portarono via... Poi la zia Irma mi condusse a casa sua. Non ricordo altro. L'ombra soffocante della tragedia stava calando improvvisa e opprimente su di me e il dolore, per la prima volta, mi si presentava come un gigante irreale, come un incubo pieno di paura e smarrimento. Ma la speranza, una irragionevole speranza, alimentava oltre ogni limite il mio pensiero; e la preghiera così limpida e sofferta sgorgò dal mio cuore: "Signore, Ti prego, fammi svegliare da questo terribile sogno". Volevo fuggire ad ogni costo da quella dolorosa realtà; così aspettai il sonno come un liberatore, ma il sonno tardò a venire. Nell'attesa della notte, paure e speranze continuavano a correre e confondersi nella mia mente. Anzi, nel silenzio, nel buio della stanza le loro voci mi sembravano più distinguibili e insistenti. Poi, finalmente, la stanchezza ebbe ragione d’ogni pensiero. Il sonno mi avvolse nelle sue spire nebbiose coprendomi con il suo lenzuolo di vuoto e di nulla. Neppure un brevissimo pallido sogno venne a turbare il mio inconscio. E forse fu anche per questo che, l'indomani, il risveglio mi parve giungere ristoratore e sereno come il solito. Breve, però, fu questo stato di benessere, perché immediatamente la mia mente mi richiamò l’angoscia della realtà, che faticavo ad accettare. No, non poteva essere vero…era stato soltanto un brutto sogni, un incubo. Triste è chi si ritrova immerso in una realtà amara da cui il sonno pietoso lo aveva liberato.
Quel lontano
I traumi dell’infanzia lasciano inevitabilmente un segno che neppure l’avvento di una vita serena riesce del tutto a far scomparire. Così, ricordando quel mio primo momento di dolore, ho sentito il bisogno di scrivere la poesia “Il tempio della vita”, che Mario Luzi definì “molto toccante…un mondo doloroso evocato e rivissuto nei versi chiari…”
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E ti rivissi, vita,con un sentire lieve e tanto amato che in ogni fatto lieto o meno lieto,ma scampato, vidi un superbo dono
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