Appunti siciliani
Da Agrigento
in poi
verso l'oriente
delle industrie
esultano gli
aranci, i mandarini,
il carrubo
segue la
linea retta
della tangenziale
e si
confonde nel coro
dei limoni,
nella tenacia
dei mandorli.
Dai vetri
dell'auto da
un lato sfilano
capannoni abbandonati,
uomini radi
nei campi tra i vapori della controra,
casolari diroccati, cose
bruciate nei miasmi
mescolate a
fragranze di
zagare, gelsomini.
Scene già
viste di
un immutabile
destino.
Dall'altro lato
c'è da
inebriarsi
alla vista
del mare
e poi
dimenticare
il lamento
dei pini, la
disperazione del
lentisco,
dei corbezzoli,
il volo della poiana dorata
svaniti tra cementi
di ville, discoteche, ristoranti.
Cose nuove di un tempo amarezza e
meraviglia
scoprono la piana come
tre neri
a piedi
scalzi
che corrono
sul ciglio
dell'asfalto
e accarezzano
nespole e fichidindia.
Vanno verso
l'isola felice
e come
fanno lo
sanno solo
loro
che la
morte l'hanno lasciata alle spalle
tra le
onde e ora danzano col
passo felino
del sogno
e della
fame.
Ancora una volta Carmelo Consoli mostra la sua grande capacità poetica che, partendo da un'acuta sensibilità e da una fervida memorialità, si risolve in una suadente creazione lirica, segnata da consapevolezza e scoperta, da amarezza e stupefazione, da estenuata dolcezza e mirabile equilibrio (anche verbale).
RispondiEliminaPasquale Balestriere
La poesia di Carmelo Consoli mi riporta, l'atmosfera di una Sicilia che regola la natura e la scansione del suo ciclo di stagioni. Una poesia, che mi piace ascoltare, anche per rivivere qualcosa che ho vissuto sull'isola, forse un paio d'anni fa e che in questa poesia si ripresenta con stile.
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