La poesia oggi
Carmelo Consoli
Per interagire con l'amico stimatissimo
Paolo Ruffilli ( leggi il suo articolo in data 7.3.2013 sul Blog) e con tutti gli altri illustri colleghi poeti
che si sono espressi sul tema : “La poesia oggi” dirò anch'io la mia su questo
argomento anche perché è di vitale importanza capire che senso abbia e se abbia
un senso, veicolare la poesia in un mondo come il nostro dove il lettore appare
disinteressato ormai a questa forma d'arte. Scrivere poesia certamente
è sempre esercizio
individuale, intimo percorso
di ispirazione interiore e magica,
sentiero in cui
si svela la vita nel suo misterioso contenitore
di emozioni, siano esse positive o negative. E' innegabile quindi che tale
condizione sorga spontanea come denuncia del proprio stato umorale e della
propria inquietudine esistenziale ma
proprio perché si
instaura naturalmente una
semplice equazione dove esercizio
individuale e personale corrisponde
a esigenza collettiva
di sentimenti, valori,
tradizioni la poesia
assurgere sempre a valore simbolico per
tutti e non può mai, a mio parere,
permanendo questa condizione, disgiungersi come
arte, dalla sua intima funzione
conoscitiva, formativa
e didattica. Il poeta non
deve scrivere mai per
il compiacimento altrui,
ci mancherebbe, e su questo siamo tutti d'accordo ma,
coscientemente o meno, l'atto poetico
si fa perché chi
legge ( primo fra
tutti l'autore) provi l'emozione
di un riconoscimento,
di una identificazione
con la parola ,
il gesto, la musica
e le fragranze
che esso contiene. Alla fine il compito e la missione di
tutti noi poeti, anche se intesi come atto personale, privato, dobbiamo onestamente ammetterlo, è quello di stupire chi legge facendo emergere
dal suo inconscio remote emozioni, ma questo stupore per non perdere la sua
intensità nella pratica realtà quotidiana, deve sapersi adeguare ai tempi e
alle modalità del vivere nostro contemporaneo, essere specchio fedele di una
travagliata modernità. Se è
vero come è vero( i dati
statistici lo provano)
che la poesia per i più ai
nostri giorni appare oscura
ed inutile ( frutto di vecchie concezioni
scolastiche) la colpa è
forse anche da ascrivere
a noi poeti per
il non sapersi calare
nella realtà difficile
e tortuosa della nostra società.
Cosa voglio dire ?
Sottolineare che sono
cambiate le tematiche
sociali, i sistemi
comunicativi, i tempi e le necessità della lettura
poetica e che quindi chi vuole fare
poesia e diffonderne i contenuti deve adeguarsi inevitabilmente nei riferimenti
e nelle forme. Certamente occorre scrivere versi
mantenendo quella sorta di purezza onirica di incanto o disincanto per la vita
che ci fa entrare nella trance poetica dentro i reconditi antri delle visioni e
che sta alla base dell'ispirazione lirica ma occorre anche soffermarsi ed
insinuarsi in un mondo reale che è cambiato profondamente e cantarne le gioie,
i dolori le quotidianità, i bisogni, le
tragedie. Quanto poi alle forme di diffusione
della poesia queste hanno già preso altre strade e oltre alla carta
stampata viaggiano sul web, tramite l'
e.book , attraverso forme multimediali ma bisognerebbe ancora sempre più
abbinarle a manifestazioni musicali,
artistiche come ad esempio le arti visive. Insomma la poesia deve aprirsi alla
società di oggi compiendo un'operazione inversa a quella che abitualmente
conosciamo e cioè attendere il lettore in libreria o in biblioteca, una pratica
specifica che necessita di apposito marketing,
diffusione massiccia a tutti i livelli, ma sopratutto dovrebbe avere la
parola, la voce, il corpo degli uomini e delle donne del terzo millennio con il
loro carico di attese e di inquietudini perché
essi vi si possano specchiare e riconoscersi. Solo così potrà continuare ad essere quella fonte di
arricchimento vitale collettivo nei valori e nelle domande esistenziali che è
stata nei millenni. Fare poesia per parlare dei temi che
inquietano, entrando nelle aree critiche della società, scendendo nelle strade
equivale a fare del poeta non più un
personaggio dai più visto inutile,
stravagante, abitante dei sogni e della luna ma un cantore/ abitante di una
terra viva, sanguigna e piena di sgomenti, riferimento di luce e di conforto
anche e sopratutto a sua insaputa.
Carmelo Consoli
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