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sabato 21 dicembre 2013

MARCO GUZZI: "ALLA RICERCA DEL CONTINENTE DELLA GIOIA"

Carissime amiche e carissimi amici,

ancora una volta in questa fine danno vorrei rivolgermi alle anime affaticate e oppresse di tutti noi, vorrei offrire qualche minuto di conforto alle nostre anime così tanto maltrattate, così raramente ascoltate a sufficienza, e così spesso invece ignorate del tutto e tradite. Lo so, stiamo sempre pensando ad altro, siamo sempre impegnati a fare qualcosa daltro, siamo quasi sempre distratti (Distracted from distraction by distraction, come dice Eliot), per poterci anche solo per un istante fermare a considerare con la dovuta attenzione la nostra reale condizione di esseri umani. Eppure questo dominio delleterna distrazione ci costa caro, in verità, ci costa, ad esempio, la perdita progressiva di ogni possibile gioia, di qualsiasi autentico entusiasmo. Dovremmo invece ripartire ogni giorno proprio dalla consapevolezza della nostra situazione drammatica. La vita umana su questa terra è infatti un dramma. Lo scriveva limpidamente il grande teologo tedesco Hans Urs von Balthasar: la situazione delluomo nel mondo è drammatica; quando se la nasconde, il teatro gliela rivelerà. Ci troviamo infatti gettati in questo mondo con la terribile percezione di unimpotenza radicale, di una solitudine e di un abbandono  irrimediabili, come precisava il giovane Ratzinger, pregno di risonanze heideggeriane: La solitudine è la regione dellangoscia, radicata nella condizione di essere-abbandonato in cui lessere si trova, il quale deve essere e tuttavia è costretto ad affrontare l’impossibile. Con questa angoscia nel cuore, con questo rovello continuo che ci dilania lanima, proviamo un po tutti a costruirci una vita mascherando l’abisso che ci risucchia:  quasi tutto il mondo pubblico, perciò, ed in particolare il mondo dello spettacolo, in cui oggi la realtà umana sembra completamente assorbita e rappresentata, non è che una patetica commedia, come intuiva molto bene Shakespeare, un varietà più o meno sconcio che tenta invano di nascondere unangoscia senza confini. Basta osservare daltronde con una certa attenzione le facce della maggior parte di questi commedianti: comici o politici che siano, ballerine o scrittori, sapienti o giornalisti o figuranti vari, per vedere la disperazione e la rabbia e lodio e la paura, mischiate a penose ambizioni e a brame tanto confuse quanto divoranti, che trasudano da ogni poro della loro pelle, sciogliendo malamente gli spessi e grotteschi ceroni di scena.
Non si scappa però allinferno della angoscia intensificando il carnevale delle maschere, né prolungando allinfinito i bagordi del martedì grasso.
Questo lo dovremo prima o poi capire tutti, volenti o nolenti, in questo finale di partita, in questi sgoccioli di civiltà consumistica e appunto dello spettacolo, in questo sfinito tramonto occidentale. L’angoscia del nulla bisogna invece attraversarla, se vogliamo scioglierne i ceppi che ci incatenano: riconoscerla, attraversarla, sopportarla, e farci molto bene i conti tutti i giorniPerciò Gesù discese agli Inferi. Il problema delluomo, lunico vero dilemma è questo: cosa cè al fondo del (mio) essere? Cè solamente il nulla del mio annientamento e la solitudine angosciosa del mio perdermi in esso? Allora la vita è per davvero un penosissimo spettacolo allestito sullinferno malcelato della disperazione universale? Oppure nellabisso dellabisso, più giù del mio stesso concetto del nulla e di ogni nichilismo di maniera, si apre qualcosa di altro? Cristo, ci dice il Credo, è disceso nellinferno della nostra disperazione e della nostra morte per sfondarlo una volta per sempre e aprirlo alla luce del Cielo, per cui se scendiamo con lui in quellabisso spalancato, senza fuggirne più lamarezza, e senza neppure costruirci sopra altre maschere di attacco/difesa o vie di fuga, possiamo ormai incontrare, proprio perdendoci e morendo e dissolvendoci in esso, unesperienza di puro amore, e cioè di senso compiuto: possiamo fare esperienza che al fondo del (nostro) essere non cè il vuoto divorante, ma cè un volto, una persona, una relazione viva, una mano forte e sicura che ci strappa via dalla nostra solitudine e dal nostro abbandono mortali, un Essere Divino/Umano insomma, infinitamente sapiente e buono, a cui affidarci. Ma è vero tutto questo? E davvero possibile trovare lo sbocco, la risoluzione dellangoscia primaria che attanaglia ogni uomo proprio nellabisso della morte, che tanto ci terrorizza, in questo Battesimo per immersione? Direi che comunque varrebbe la pena provarci dato che non ci sono alternative soddisfacenti. E dovremmo anzi provarci proprio adesso, perché il tempo dei rinvii è ormai scaduto per tutti, il tempo delle mezzadrie, delle mezze misure è finito: non cè più spiaggia tra loceano e le rocce a picco sul mare, come diceva Rilke.
O si nuota verso il largo o si muore. Questo è il tempo cioè delle scelte definitive, sia a livello personale che a livello storico-collettivo, tra la menzogna palesemente omicida e una nuova stagione di ricerca spirituale, radicale, iniziatica, seria, atta a trasformare anche le strutture (economiche, politiche, e culturali) di questo mondo, dominato ormai in forma totalitaria da piccole cerchie di oligarchi crudeli, pronti a distruggere perfino la terra per perseguire i propri guadagni: In questo sistema, che tende a fagocitare tutto al fine di accrescere i benefici, qualunque cosa che sia fragile, come lambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta(Papa Francesco). Io sono cristiano perché la fede cristiana non inganna e non illude. Gesù ci dice che la vita umana è e resta un dramma su questa terra, fino alla fine, un combattimento allultimo sangue, e che chi ti dice il contrario sta solo barando e in qualche modo ti vuole fregare Gesù non maschera l’infinita tristezza che abita il cuore dell’uomo, condannato a morte, accerchiato da mille pericoli e nemici, e nello stesso tempo bramoso di felicità eterna e mendicante di un goccio di amore.  Gesù non maschera neppure la propria tristezza: La mia anima è triste fino alla morte (Matteo 26,38). Ma ci dice che questa tristezza può essere sanata se ci abbandoniamo fino in fondo e con fiducia nellabisso del nostro cuore, e proprio lì, del tutto indifesi, ci lasciamo incontrare e abbracciare da Qualcuno che ci salva, da una parola, da una voce che risponde al nostro grido di aiuto, e allora, soltanto allora, nellevidenza di quellincontro, possiamo esultare anche noi: Sì, è vero! non siamo soli in questo mondo, in nome di Dio! Cè Qualcuno in fondo alla mia disperazione! E mi risponde! Beati perciò non sono i beoti, gli allegrotti, gli ottimisti, i benpensanti, o i buontemponi, sempre (ipocrita-mente) felici, e sordi al grido delle vittime, ma proprio gli afflitti, ma non in quanto sono eternamente infelici, bensì perché saranno consolati, liberati dalla loro terribile e giustificatissima afflizione, toccati da Qualcuno che può per davvero rovesciare la loro condizione avversa! 
Siamo cioè beati proprio noi, quando viviamo la nostra afflizione senza perdere la speranza della consolazione, e così possiamo riconoscere in mezzo al nostro mondo di morte il volto dellamore eterno che vince la morte, e in esso il mondo nuovo, diverso: il mondo di Colui che viene (J. Ratzinger). Cristo discese agli inferi, affinché potessimo trovarlo anche lì, pronto a tirarci su, a ridarci la vita. Solo se in quel buco di annientamento, che ci portiamo tutti dentro, troviamo Qualcuno che ci vuole bene e che ci accoglie, la nostra vita può realmente ricominciare in altro modo, e questo mondo di menzogne e di ciarlatani può essere vinto senza compromessi o ripensamenti. La nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore, dice ancora Papa Francesco nellEsortazione Evangelii gaudium  (n. 265). La lotta è senza quartieri, però, giorno e notte, tra la nostra tristezza abissale e il nostro bisogno straziante di amore, tra il non senso glaciale e paralizzante e il calore del significato, tra la mascherata di questo mondo e il germoglio della vita nuova, tra i miasmi della fine e il profumo darance dellAvvento, di Colui che viene a salvarci: Buon Natale, perciò, fratelli! Consacriamo le nostre vite a questa Nascita! Meglio la follia di Dio che la furbizia dei tanti stoltissimi e ciechi Masters of the universe, condannati allannientamento da san Paolo fino a KrugmanDobbiamo attrezzarci molto meglio però per questa battaglia finale, dobbiamo perfezionare i nostri strumenti di lavoro interiore e di lotta culturale e politica, in quanto, come dice ancora Papa Francesco: Una individuazione dei fini senza unadeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia (n. 33). E di discorsi retorici e fantasiosi, di tanti bei progetti privi di metodi efficaci per realizzarli, siamo per davvero stanchi, e non solo in ambito politico, ma anche in ambito ecclesiale. Desidero perciò in questa chiave di ricerca di metodi concreti di liberazione interiore, chiave che daltronde ispira tutto il lavoro dei Gruppi Darsi pace (www.darsipace.it), proporvi come Nuova Visione nel mio sito www.marcoguzzi.it il testo, pubblicato di recente nella Rivista della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori Religiosi in Italia:

Alla ricerca del continente della gioia
Passi, passaggi, pratiche, e grazie

Vi segnalo inoltre che sabato 28 dicembre, alle ore 9.30, su Radio Tre, interverrò alla puntata di Uomini e profeti, condotta da Irene Santori, sul tema:

Guarigioni

Grazie, carissimi, della vostra costante e fraterna vicinanza spirituale, e tanti affettuosi auguri di vivere un Natale felice, ma forse anche un po triste. Vi auguro e mi auguro di vivere un Natale pregno della soavità e a volte dellamarezza dei nostri giorni terreni, un Natale reale cioè, umano e divino, come quello vero, quello di Cristo, che visse la sua nascita nella fuga e nella persecuzione, nel pericolo e nel più totale misconoscimento, tutto illuminato però dalla Gloria di Dio. Vi auguro un Natale di sentimenti forti e veri, fratelli, perché è solo un cuore afflitto e  appassionato quello che piangendo e implorando, gridando e lodando, può imparare ad amare sul serio, a gioire sul serio, e a sperare sul serio la cosa più inaudita, che cioè Dio stesso ci stia salvando ADESSO, proprio ADESSO da questa morte che tutto annienta. Lasciamo il resto, carissimi, lasciamo il chiasso festoso dei centri commerciali, lallegria di plastica dei panettoni, delle babbe(e)natale, dei babb(e)inatale, e degli slogans tipo a natale si può, buono, buono, fate i buoni e via così nauseando, lasciamo loffesa acustica e visiva di questi giorni ingloriosi, la gioia tutta cosmetica degli ipocriti, la retorica sdolcinata dei talk shows e dei TG e di troppi discorsi pii, devoti e religiosi, agli adepti del natale della Bestia, celebrato al meglio nello spot pubblicitario di Vodafone e in miriadi di altri riti più o meno blasfemi. Noi restiamo rasoterra, in attesa e in silenzio, felicemente afflitti, diseredati e maledetti come i pastori, folli e veggenti come i Magi, pieni di vita e incantati come bambini nascenti e come madri ingravidate che cantano, che sognano e che cantano, innamorate e pazze, semplice-mente gonfie di futuro.

Marco Guzzi


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