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domenica 8 dicembre 2013

N. PARDINI: LETTURA DI "NEL TACIUTO LA GIOIA", DI I. S. SAMA'


Innocenza Scerrotta Samà: NEL TACIUTO LA GIOIA. Edizioni Polistampa. Firenze. 2013. Pp. 62


Innocenza Scerrotta Samà:
Nel taciuto la gioia
Edizioni Polistampa. Firenze. 2013. Pp. 62

Nell’incontro degli opposti la lucentezza della  quiete



Poesia schietta, sincera, libera, generosa, tutta volta a indagare sugli interrogativi dell’essere e dell’esistere. E la parola, incastonata in nessi di grande rendita etimo-fonica, è duttile e disponibile ad involucrare gli slanci di un’anima cosciente della povertà delle ristrettezze umane. Una sottrazione che sente e da cui vorrebbe fuggire. Sì!, cosciente della precarietà della nostra permanenza di fronte a un tempo che scorre implacabilmente indifferente. Ed ecco, quindi, tutte le dicotomie del vivere e la ricerca di equilibri che mutino i quesiti del soggetto nell’universale senso dell’esser-ci. Ed è umano, fortemente umano il discorso poetico di Scerrotta Samà. Percepisce che - col suo linguismo frantumato in azzardi esplorativi - l’equilibrio può venire solo dalla simbiotica fusione degli opposti: notte e giorno, Eros e Thanatos, Caino e Abele. Sono questi opposti che convivono nel nostro essere; che ci rendono coscienti del senso eracliteo del nostro breve segmento esistenziale, e che ci fanno anche azzardare sguardi oltre i confini del nostro fatto, oltre i limiti della nostra caducità, del nostro possibile, con risultati di pascaliana memoria. Sì, perché è proprio dell’uomo cercare di sottrarsi il più possibile da questo stato d’inquietudine, determinato dalla dualità del nostro essere terreni con l’occhio rivolto al cielo. Ed è dell’uomo cercare il divino nelle minuzie e nelle grandi espansioni della nostra vicenda: “Invito ad Eros all’ombra del divino”; vedere nello stesso amore  una categoria dello spirito che sa tanto di ultra/umano. Per cui la stessa notte, illuminandosi d’ebbrezza, può rendere il tutto una aspirazione all’eterno per  tradire quel tempo che ci rende vulnerabili.  Emerge da questo poema un sapido profumo di classicismo rivisitato, attualizzato, una proteiforme apertura verso un mondo di miti che prolunga lo sguardo ad una palingenesi rigeneratrice. Ed il mito non è fine a se stesso, ma si fa nuovo messaggio, azzardo allusivo, cospirazione panica di rinnovamento di vita. Tutto è attualizzato con freschezza di verbi, e di slanci emotivi. Una grande vis creativa per cui il verbo stesso non è mai soddisfatto del suo etimo, del suo topos: si amplia, si scorcia, si prolunga, si frantuma, pur mantenendo la sua autonomia ritmica, la sua unicità nel verso, per cercare di appagare un sentire tanto zeppo di spleen alla ricerca della sua dimensione.  Ed il terreno con i suoi palpiti sublimanti confonde la sua luminosità fra abbracci di dionisiaca avventura stellare: “Non sapeva/ forse/ farfalla/ nel/ verde orchestrale/ delle foglie,/ naviglio/ sull’onda/ della luna/ errante/ dionisiaco/ palpitio stellare”. Questo mélange di tocchi panici e accostamenti di vaghezze mitico/semantiche offre una resa poetica di particolare orfica tensione, non di rado, dai toni epico/lirici.
        Insomma  una ricerca del vero?  Una scalata verso le vette che miscelano nell’azzurro Eros e Thanatos?  Un tentativo di fare della poesia una scalinata di agili gradini per forare le nubi? Il fatto sta che la Nostra ama questa poesia e ricorre a tutti gli stratagemmi formali (sinestesie, metonimie, enjambements, anastrofi, ossimori…), a variegati giochi etimo allusivi in tracciati linguistici secchi e rapidi, per renderla unica e liberatrice. Catartica, direi. E forse la Nostra la ottiene questa libertà estetico/esistenziale.  Proprio con la bellezza di questa antica arte che lei riesce a fare nuova e, se si vuole, anche rivoluzionaria. Proprio perché nel taciuto, nel silenzio che parla con voce ultra/umana, ritrova parole non dette, parole chiave, anelli mancanti, per aprire quello spazio dove, appunto, nell’incontro degli opposti brilla la lucentezza della  quiete:

Nel
taciuto
la
gioia
dell’incontro.
                                                       Nazario Pardini

  

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