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martedì 14 gennaio 2014

FRANCO CAMPEGIANI SU "SOTTO OGNI CIELO" DI AURORA DE LUCA

Caro Nazario, ho letto e commentato a mia volta il libro di Aurora, per cui mi sento di avallare il tuo superbo discorso critico, teso a mostrare le valenze universali di un eloquio poetico che, partendo da vibrazioni sensibili, si proietta molto oltre le colonne d'Ercole della carnalità. E’ una poesia limpida e sognante, quella di Aurora De Luca, non fondata sulla scansione metrica convenzionale, bensì sul verso libero, in una musicalità che vibra di sensi e di anima. Un canto dove il primo incontro d’amore è proprio quello che avviene tra materia e spirito, tra assoluto e relativo, tra contingenza ed eternità. Non a caso, in un verso lapidario e felice, la poetessa parla de “l’amore che il finito prova per il tempo infinito”. Questa poesia è come un volo leggero capace di raccogliere le melodie del cielo e della terra. Poesia dell’incontro duale, poesia dello yin e dello yang, potremmo anche dire, usando i termini di una vetusta filosofia orientale. Poesia fondata sulla legge elementare e misteriosa dell’attrazione dei contrari. Non poesia di sospiri amorosi, sdolcinati, melensi. Qui non c’è l’atteggiamento feticistico di chi fa dell’amato, o dell’amata, un idolo da adorare, bensì una concezione dell’amore come trascendimento, come superamento dei propri confini, come viaggio di comprensione e conoscenza, come proiezione della propria anima verso l’altro, verso ciò che è diverso e non si conosce, ma di cui si ha bisogno per un ampliamento della propria vita coscienziale. Molte delle poesie di Aurora sono scritte in riva al mare, simbolo di separazione, ma anche di congiunzione tra due mondi, tra due universi divergenti, desiderosi di incontrarsi tra di loro. Amore, dunque, come equilibrio, come capacità di tenere uniti i contrari. Amore universale. Amore come “battito del cuore, / tamburo nel petto che / smuove l’immortalità”. 

                                                        Franco Campegiani

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