Caro Giorgio,
scusa il ritardo, ma ormai il mio tempo, tra
scuola, famiglia, rivista, salute, è poco e quel poco me lo mangia lo
studio, così finisco per trascurare i pochi amici veri che ho, come te.
Sono contento che tu ora tiri fuori i tuoi versi con continuità, il Girone dei morti è un'altra tua importante scommessa, trovo che la strada scelta confermi il tuo tentativo di trovare alla Poesia un passo nuovo, siamo in effetti ad un punto di svolta, oggi, come lo erano a fine Ottocento i simbolisti francesi e, in Italia, più formalista, Carducci. Credo che la 'multistrutturazione' a cui vai incontro sia molto interessante, lega e oppone il lirico, il dialogico, la narratività, ecc., e ciò, oltre ai suoi vantaggi gnoseologici, risulta più adescante per il lettore e nobilita la sua emotività, a differenza degli emozionalisti, dei sentimentaleggianti. In particolare mi è piaciuta molto "Dalla finestra entrava il vento del Nord", ma questa predilizione è un fatto secondario. Di primario c'è che sei portatore sano di poesia e di questo sono contento perché sono uno di quelli che ti ha spronato verso il tuo più profondo amore. Appena riesco ti telefono, così ci facciamo una bella chiacchierata.
A presto e grazie per le poesie. Un abbraccio, Roberto Bertoldo.
Sono contento che tu ora tiri fuori i tuoi versi con continuità, il Girone dei morti è un'altra tua importante scommessa, trovo che la strada scelta confermi il tuo tentativo di trovare alla Poesia un passo nuovo, siamo in effetti ad un punto di svolta, oggi, come lo erano a fine Ottocento i simbolisti francesi e, in Italia, più formalista, Carducci. Credo che la 'multistrutturazione' a cui vai incontro sia molto interessante, lega e oppone il lirico, il dialogico, la narratività, ecc., e ciò, oltre ai suoi vantaggi gnoseologici, risulta più adescante per il lettore e nobilita la sua emotività, a differenza degli emozionalisti, dei sentimentaleggianti. In particolare mi è piaciuta molto "Dalla finestra entrava il vento del Nord", ma questa predilizione è un fatto secondario. Di primario c'è che sei portatore sano di poesia e di questo sono contento perché sono uno di quelli che ti ha spronato verso il tuo più profondo amore. Appena riesco ti telefono, così ci facciamo una bella chiacchierata.
A presto e grazie per le poesie. Un abbraccio, Roberto Bertoldo.
Nazario Pardini
Linguaglossa
sventola le sue perplessità con aggressione di metafore, con dilatazione
d'immagini, con forzature allusive, con ipemetriche stesure che tanto si
avvicinano ad un fluire prosastico. E' così che Giorgio evita di cadere nelle
grinfie di una globalizzazione disumana dell'essere, nella sottrazione del suo
esser(ci); lo fa con urticante reazione alla poesia dei luoghi comuni; ed è
così che si crea una sua identità; se la crea col non essere poeta, o con
l'esserlo uccidendo la consuetudine.
Una
consuetudine che, però, ha creato e crea momenti di alto spessore creativo,
donandoci il piacere di leggere ed emozionarci. Di vibrare di fronte a vere
romanze nate su sentimenti esplosi su vicissitudini umane. Quelle narrateci da tutti
quegli artisti che hanno fatto e fanno della vita, e delle memorie un serbatoio
a cui attingere per rendere personalissima la loro espressione. Là è l’arte
della consuetudine; è nella passione, nel sentimento, nella cultura e nella
parola; in una parola traslata al di là del suo significato; aggrappata alla
coda dell’inarrivabile; non è certo nel decadente piangersi addosso. Afferma
Baudelaire: “La Poesie c’est la musique; e le
monde entier c’est la musique; c’est au poète de la chercher éclairée de
son mystère…”.
Ma
Linguaglossa in queste poesie riesce a travalicare la delimitazione fra
spersonalizzazione emotiva e becero sentimentalismo, intuendo che dalle umili
cose possono nascere grandi abbrivi poetici; con imperfetti, magari, che sanno tanto
di memorie; ed è così che l’arte va al di là degli individualismi settoriali,
quando si traduce in messaggio universale:
“… Dalla finestra aperta entrava il vento del Nord
rimbalzava sugli stipiti
delle porte spalancate
e si posava sulle tue mani
di madreperla…”
Piccolo qui pro quo con equivoco
Un anemometro brillava tra
le masse del vento
felice del suo essere
aria, solo aria;
lui sa amare le donne, sa
far vibrare
le note come una vela sul
Baltico,
scambia il pentagramma con
la troposfera
lancia le note come comete
di polvere e ghiacci
nell'atmosfera che
respiriamo,
e Osip Mandel'štam
confonde i ciottoli di
Koktebel con la struttura
della Divina Commedia;
così, da un verso corrotto
o da una pietra striata
nascono i ponti delle
parole che nessuno
sa dove condurranno,
aeroliti che viaggiano
verso il pianeta azzurro,
cercano una casa fatta
di calce e mattoni dove
star caldi durante
i mesi invernali...
La dama bianca esce dalla
«nascita di Venere»
del Botticelli ed entra
nella «Primavera»
di Vivaldi, accompagna il
«largo»
e l'«andante con brio»
verso l'estuario della
felicità...
frattanto la polizia
segreta arresta Mandel'štam
e Hitler
ammassa eserciti alla frontiera
della
Polonia...
Enceladon si
pettina allo specchio
i suoi
bellissimi capelli color rame che prendono
fuoco che si
propaga alle pareti della sua
stanza ed
entra, senza far rumore, in città.
Un aquilone danzava in
cielo con i corvi
i benigni amici dei
cadaveri.
Dalla finestra aperta
entrava il vento del Nord
rimbalzava sugli stipiti
delle porte spalancate
e si posava sulle tue mani
di madreperla.
Un bambino mette la mano
nel primo cassetto
a destra...
il grammofono suonava un
quartetto di Mozart...
Il profilo di Enceladon mi
osserva
dal cavalletto davanti
alla finestra
il cammeo sul collo sembra
oscillare...
Le legioni di Roma si
preparano ad una nuova campagna:
Cartagine o il mare del
Nord, fa lo stesso.
Io osservo il pittore
fiammingo che dipinge il quadro
di Enceladon mentre ritrae
il mio volto
in basso nella bandella di
destra.
Devo partire: per il Nord
o il Sud fa lo stesso.
Presto sarà inverno.
L'esercito passerà i mesi
nei quartieri d'inverno.
Kafka va a spasso con
Madame Hanska
il Signor Cogito sbatte la
porta ed esce di scena
il romanzo diventa una
coppa di champagne
e Vivaldi è tornato a
Venezia con la sua sgualdrina.
Quando ritornerò, penso,
ritroverò il quadro
di Enceladon che mi
aspetta, sul cavalletto,
sarà finito da tempo, e i
corvi saranno ancora là in alto
insieme agli aquiloni.
Per illustrare la tecnica di composizione con cui sono state scritte queste poesie è indispensabile riferirsi al moderno concetto matematico e filosofico di "topologia". Che cos'è la topologia?
RispondiEliminaLa topologia o studio dei luoghi (dal greco τόπος, tópos, "luogo", e λόγος, lógos, "studio") è una delle più importanti branche della matematica moderna. Si caratterizza come lo studio delle proprietà delle figure e delle forme che non cambiano quando viene effettuata una deformazione senza "strappi", "sovrapposizioni" o "incollature". Concetti fondamentali come convergenza, limite, continuità, connessione o compattezza trovano nella topologia la loro migliore formalizzazione.
La topologia si basa essenzialmente sui concetti di spazio topologico, funzione continua e omeomorfismo. Col termine topologia si indica anche la collezione di aperti che definisce uno spazio topologico.
Gli spazi topologici sono usati quotidianamente dall'analisi matematica, dall'algebra astratta, dalla geometria: questo rende la topologia una delle grandi idee unificanti della matematica. La topologia generale (o topologia degli insiemi di punti) definisce e studia alcune proprietà utili degli spazi e delle mappe, come la loro connessione, la compattezza e la continuità. La topologia algebrica invece è un potente strumento per studiare gli spazi topologici e le mappe fra essi: essa assegna loro invarianti "discreti" (ad esempio numeri, gruppi, o anelli), più calcolabili, spesso servendosi di funtori. Le idee della topologia algebrica hanno avuto una grande influenza sull'algebra e sulla geometria algebrica.
Se tre insiemi chiusi ricoprono una sfera, almeno uno di questi contiene due punti antipodali: questo fatto può essere dimostrato con strumenti topologici. Un enunciato analogo è fornito dal teorema di Borsuk-Ulam: esistono sempre due punti antipodali sulla Terra aventi la stessa temperatura e la stessa pressione atmosferica.
La motivazione profonda della topologia è che alcuni problemi geometrici non dipendono dalla forma esatta degli oggetti coinvolti, ma piuttosto "dal modo in cui questi sono connessi". Per esempio il teorema della sfera pelosa della topologia algebrica dice che "non si può pettinare in modo continuo il pelo di una sfera pelosa". Questo fatto è evidente per molte persone, anche se probabilmente non lo riconoscerebbero leggendo l'enunciato formale del teorema, e cioè che non esiste un campo vettoriale continuo e non nullo di vettori tangenti alla sfera stessa. Come per i Ponti di Königsberg, il risultato non dipende dalla esatta forma della sfera, ma si applica anche a forme sferiche non regolari e in generale ad ogni tipo di oggetto (purché la sua superficie soddisfi certi requisiti di continuità e regolarità) che non abbia buchi.
Per trattare problemi che non considerano la forma esatta degli oggetti, bisogna mettere bene in chiaro quali sono le proprietà degli oggetti su cui possiamo contare: da questo bisogno nasce la nozione di equivalenza topologica. L'impossibilità di attraversare ogni ponte una e una sola volta è vera per ogni configurazione di ponti topologicamente equivalente a quelli di Königsberg, e il problema della sfera pelosa si applica ad ogni spazio topologicamente equivalente a una sfera. Formalmente, due spazi sono topologicamente equivalenti se esiste un omeomorfismo fra loro: in questo caso sono detti omeomorfi e sono, ai fini topologici, esattamente identici.
...continua:
RispondiEliminaUna deformazione continua di una tazza di caffè in un toro. Le deformazioni continue vengono formalizzate nelle nozioni di omeomorfismo e omotopia.
Un omeomorfismo è formalmente definito come una funzione biettiva continua dotata di una inversa continua, il che non è molto intuitivo anche per chi conosce già il significato delle parole nella definizione. Una definizione meno formale restituisce meglio il senso di quanto sopra: due spazi sono topologicamente equivalenti se è possibile trasformare l'uno nell'altro senza tagliare né incollare insieme pezzi dei due. Ad esempio, una tazza ed una ciambella sono omeomorfi,
Per esempio un cubo e una sfera sono oggetti topologicamente equivalenti (cioè omeomorfi), perché possono essere deformati l'uno nell'altro senza ricorrere ad alcuna incollatura, strappo o sovrapposizione; una sfera e un toro invece non lo sono, perché il toro contiene un "buco" che non può essere eliminato da una deformazione.
Tenendo presenti queste teorie, adesso possiamo rileggere queste poesie per verificare come esse siano costruite con l'applicazione della topologia alle immagini. Le immagini sono considerate equivalenti e interscambiabili, cioè possono entrare le une nelle altre e, ovviamente, uscirne. Analogo discorso può farsi per i personaggi che popolano queste poesie: (VIvaldi, Mandel'stam, Enceladon, Mozart, Madame Hanska, il Signor Cogito etc...) oppure il luoghi (Cartagine, Venezia), anch'essi entrano ed escono l'uno dall'altro, si fondono e si scindono. Si tratta di un nuovo concetto di tempo e di una diversa temporalità: gli oggetti, i luoghi e i personaggi obbediscono a un diverso concetto di tempo e di temporalità: essi abitano non più il Presente cui siamo abituati dalla frequentazione di una poesia temporalmente lineare di scuola, ma abitano un presente assoluto che semplicemente non c'è. Il presente degli eventi di queste poesie è dato dalla molteplicità di Presenti che sono contenute in esse; il presente è dato da un punto di vista che non esclude ma include gli altri punti di vista. E non esiste più una temporalità degli oggetti, dei luoghi e dei personaggi ma una sintetica contemporaneità di molteplici temporalità.
So che non sono concetti che nella poesia italiana contemporanea possono sembrare astrusi, ma ritengo che bisogna partire da essi se si vuole comprendere qualcosa della costruzione di queste poesie.