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giovedì 24 aprile 2014

N. PARDINI: PREFAZIONE A "IL COLORE DEI GIORNI", DI A. MAGNAVACCA

Anna Magnavacca: Il  colore dei giorni
I quaderni dell'Ussero. Pasturana (AL). 2014

PREFAZIONE
A
IL COLORE DEI GIORNI
DI ANNA MAGNAVACCA
Un succo piuttosto amarognolo di un realismo lirico avvincente e
coinvolgente



Importante personaggio della vita culturale contemporanea, Anna Magnavacca è presente in letterature e antologie prestigiose con all’attivo riconoscimenti nelle più note competizioni poetiche. Componente di giuria in premi letterari, il suo curriculum è impreziosito da riconoscimenti alla carriera e da numerose pubblicazioni di poesia, narrativa e cronaca lunigiana di cui si sono occupati, con prefazioni e recensioni, critici di valenza nazionale. A noi il compito di esaminare Il colore dei giorni, questa nuova sua fatica i cui versi, intensi, coinvolgenti, e di grande fattura realistico-partecipativa, abbracciano impulsi emotivi con voci verbali e stilemi allusivi di polisemica significanza. Mi piace iniziare dalla seguente prodromica citazione testuale per evidenziare le caratteristiche peculiari della sua poetica:
Si stanno aprendo le saracinesche dei negozi                             
con i rumori più strani. Alcune graffiano l’aria
altre sembrano piangere lungamente
ma con dignità ( siamo in tempo di crisi).
Altre ancora scricchiolano come avessero
ossa antiche e alcune si svegliano con una risata.
Salgono salgono salgono
fino a lasciare scoperti i segreti della vetrina.
Più lontano il battito ferreo di un martello
( stanno ristrutturando una facciata)
e il sibilo sordo di un trapano.

È qui la sua poesia, il suo dire; sono qui i suoi accostamenti ad una realtà da cui trae ogni mossa, ogni input a sollecitare le sue emozioni, le sue visioni sullo scorrere dei giorni, sui fatti di questo nostro esser/ci. E lo fa colorando ogni aspetto del vivere e ricorrendo ad intuizioni e ad assemblaggi sintattici di grande vis creativa. Alternando versi di grande ampiezza a misure più brevi, per meglio consolidare la varietà fenomenica che le si presenta con il polemos eracliteo tra gli opposti di cui è condita; per sintonizzarli al fluire dei suoi intendimenti etico-intellettivi. Un’euritmica musicalità ex abundantia cordis. Ex veritate rerum. Poesia colta intessuta di dolente esperienza, rivisitata in chiave “pensosa”. Ricordiamo che Aldo Capasso si era fatto promotore e interprete di un Realismo lirico che aveva contagiato la metà del Novecento letterario. La Nostra sembra ripercorrere con onestà, ma con intendimenti personali, i tratti salienti di tale poetica. Già ebbi a scrivere su altre sue opere e credo sia utile accennare ai passi salienti di tali recensioni per mettere in luce la continuità stilistico-esplorativa del suo ductus poetico: “… Una consuetudine quasi scontata. Un vivere i fatti come se si succedessero senza novità alcuna, come se si presentassero con quella abitudinaria quotidianità a cui è d’uso partecipare. Ed è da questi fatti che la Nostra sente la necessità di svincolarsi per azzardare voli oltre, oltre certi spazi che segnano il limen del nostro vivere, che segnano notti che lacerano-consumano…” ( da Le promesse dei giorni e altri versi. Edizioni Helicon. Arezzo. 2013. Pp. 66); “… C’è anche la natura a supportare le tensioni emotive in questi versi, con i suoi profumi, con i suoi squarci di cielo, le sue vermiglie bacche, le fioriture improvvise, o gli odori di mosto a donare  momenti di allettanti fughe edeniche; c’è la natura coi suoi magici poteri a cospirare a favore di riposi interiori. E d’altronde anche quelle fusioni paniche non sono altro che soluzioni per un sentire che prende corpo e si concretizza; che si materializza in ariosi slarghi di pensiero, e di amore, intenti, forse, a vedere, nelle vicissitudini del tempo, primavere e attese di glicini dorati per offrire respiro agli affanni del vivere…” (da Oltre la siepe di sambuco e altre poesie. Guerra Edizioni. Perugia. Pp. 70. € 6,00). Una continuità che consiste nell’utilizzo della realtà, del suo minimalismo figurativo, a fini strettamente introspettivi. La differenza è che in questa ultima opera l’autrice affonda la penna in maniera più incisiva nei colori e nei suoni, nei fatti e nelle stagioni, nelle vicende e nelle esemplificazioni di un verismo più aggressivo. E fa confluire i singoli aspetti della realtà in un serbatoio per nutrire l’anima. Tanto che tutto in lei assume un significato di perspicua sapidità disvelatrice. Ogni strappo, ogni movimento si fa voce di un sentire che ri/dà alla pagina una storia vissuta, animata del suo mondo interiore. Un articolato linguistico dove l’apporto di combinazioni semantiche imprime forza a sollecitazioni mnemoriche che ora fanno vagire gli autunni, ora fanno verzicare le primavere. È così che Il colore dei giorni si dipana su uno spartito poetico rivelatore di maestria tecnica, sensibilità, capacità di osservazione e di rielaborazione, nonché di efficaci simbolismi analogici di tensione orfica e, anche, dai toni epico-lirici.
   Si osservano strade piene di voci in giornate di caldo estivo; voci che si confondono, si legano e volano:

… Voci di bimbi che non possono
stare fermi e le voci delle madri
dalle finestre dei cortili
- colorati da lunghe tovaglie stese -
chiamano richiamano e ancora.
E’ sogno per i ragazzi l’estate… (Oggi la strada),

solitudini che spiccano, che si elevano sopra le strade, i suoni, i colori, i movimenti; solitudini non solo della poetessa, ma quelle oggettivanti di ogni essere di una umanità che non riesce, nella sua globalizzazione, a leggere gli animi stanchi di correre nel vuoto:
… Volano i piccoli piedi nella strada
che non è più sola e la solitudine
può essere sentita anche da una strada
una qualsiasi strada (Oggi la strada),

e si continua con l’analizzare il ristretto circuito di una stagione che può farsi benissimo universale esistenza: la gente, i giovani, gli adulti, in questo dipanarsi dell’ora dal mattino alla sera:

A sera cambia il tono delle voci.                                 
Adesso voci di adulti che amano
passeggiare magari mano nella mano.
(…)
E c’è chi passeggia da solo, parla dentro di sé
e ricorda il tempo della bellezza.
Se incontra una ragazza che cammina svelta
per un appuntamento d’amore
le sorride ma la donna ha gli occhi viola altrove (A sera cambia il tono).

Tocchi di memoria di antiche primavere, di bellezze sfuggite, di rimpianti, magari, per parole non dette, in sguardi, in sorrisi di occhi viola altrove. Tocchi di cuore in colori accennati e demandati a sveltezze di appuntamenti. Dove ragazzi spersi nell’amore:

… parlano…parlano…”…e se io morissi?
“ Ti verrei a riprendere nel regno nero
della notte infinita…” –“ …ma Orfeo non è
riuscito a riportare alla luce Euridice…”
-“ Lo so ma io non mi girerò per entrare nei
tuoi occhi….ti guarderò dopo, quando
saremo usciti dalla nera porta di piombo
e ci ameremo subito, appena usciti…
allora entrerò nei tuoi occhi
sull’ erba fresca, fra scoiattoli e fiori di bosco
ci saranno cigni su un lago azzurro azzurro….”
( quante parole l’amore può far dire ….) (Sono abbracciati).

Si raggiungono vette di un lirismo erotico-sentimentale di vera poesia nuova, voluta, con cenni a contorni mitologici che ne potenziano la validità, con un linguismo scorrevole, condito di erbe fresche, fiori di bosco, cigni e laghi azzurri in sperdimenti detti senza retorica. Bella pagina di poesia!   

Molte le occasioni poetiche, e tante quelle concrete da cui trarre motivo d’indagine psicologica. Si ricorre persino agli odori sugosi della dirimpettaia, per ritrattare uno stato d’animo degli anni della fanciullezza:
         
La mia dirimpettaia  sta cucinando                              
e odori sugosi arrivano sul mio balcone.
(…)
Strofina un oggetto sul lavandino
accende il gas, butta la pasta mentre ascolta
musica, una canzone della giovinezza
e queste note riportano anche me
al tempo delle troppe raccomandazioni
“…non fare questo…è peccato…non andare….”
Mio Dio, io peccavo…poi la sera
avevo paura che il diavolo mi portasse via
e dormivo con la testa sotto le lenzuola (La mia dirimpettaia).

Una maniera di porsi snella e carezzevole, intima e fugace, quella della Nostra, quando a mezzogiorno il silenzio si impossessa dell’ora che sembra stia ferma-immobile, al suo paese:

C’è silenzio nell’ora del mezzogiorno        
e sembra che l’aria stia ferma- immobile
come un monumento antico coperto d’edera.
Nel mio paese è così( C’è silenzio nell’ora),

o quando al ristorante il solito venditore di fiori offre le rose:

… Un venditore di fiori fra i tavoli  offre rose
ma nessuno le compra. Le ragazze preferiscono
una grande fetta di torta al cioccolato (ibidem).
 
Quanta riflessione e quanta malinconia sottintendono questi versi!
   I fatti, le persone, i sentimenti, le dicotomie, le empatie, la vita comune, gli acquerelli del giorno e della sera si susseguono in questa narrazione scrupolosa e puntuale, oggettiva, ma che tanto ha a che vedere con l’animo della Magnavacca. Quasi un idillio leopardiano, che fa della prima parte il serbatoio delle immagini, per poi servirsene come simboli del suo sentire. Narrazione, quindi, avvolta da emozione e commozione di un’autrice, che, pur partecipe di questa avventura, sembra che la osservi da una torre d’avorio, d’en haut, tanto i dati sono minimizzati, frantumati dall’osservatorio su cui è disposta.
Si fanno sempre più concreti, realistici: un uomo che raccoglie i rifiuti; una tuta arancione brillante; il grigiotriste della strada deserta; i cestelli pieni di colori: verde chiaro, lo scuro, l’arancio, il giallointenso; bucce, ghirigori; impronte di denti; insalata rattrappita; mano violacea, donna centenaria; pastasciutta rossa parrucca; arte, arte, tanta arte.
Univerbazioni e unità sintagmatiche di accoppiamenti fra aggettivi e sostantivi - uniti fra loro da vocali-consonanti-vocali - con invenzioni creative di prim’ordine  (arancionebrillante, casaspaziosa, odorecaldo, rossosangue, gustocolore…), e con sinestesie e figure stilistiche che rafforzano il significante metrico della cifra poetica.   
          E la vita scorre, va avanti, improrogabilmente, lo dicono gli oggetti, le figure, le abitudini; va avanti fra silenzi, solitudini, pensieri, supposizioni, fra signore di balconi accanto:

… La signora del balcone accanto al mio-in silenzio, in
perfetto silenzio- ha lasciato la sua casa un po’ rumorosa
un po’ vecchia e con l’odore di latte bruciato.
Abita ora -così dicono- una grande casaspaziosa
piena di sole e  ombra. Avrà tanto tempo, le piaceva
        scrivere e allora chissà quanti versi cuore-amore!
Insomma dicono stia bene, meglio di prima (La porta del balcone).

E c’è la morte. La morte che fa parte della vita. Di questa vita che amiamo, forse proprio perché ne contiene il sapore a provocare in noi la coscienza della casualità e della brevità del nostro esistere. E il sopraggiungere di quegli accidents ferali che ci fanno disperare, per la loro gravità, per le loro aggressive sottrazioni: forse è col ricorrere alle memorie che si può prolungare il palpito del vivere. Me lo diceva un mio vecchio professore: “L’unico sistema di vincere la morte è quello di ricordare la vita”.

… E’ morta di cancro la giovane madre -42 anni. Dal seno
il male si è trasferito- ha cambiato casa - alle ossa, alle
giunture attraverso vie segrete, impreviste. In piena
notte - come un ladro- ha rubato tutto, ha bevuto tutto
il sangue buono, l’ha sostituito con la “candeggina” che brucia
forte e sbianca in quattro e quattr’otto.
(…)
E il prete parla parla dell’immenso amore di Dio per noi.
Non so chi -in questo momento- possa crederci (In Paradiso ti accompagnino).

Sì, è rifugiandosi nei caldi spazi giovanili o nelle verdi speranze di antiche primavere che si possono riportare a galla giorni e luoghi, per farli rivivere.        

Ho messo i panni nella lavatrice molto presto              
( si devono rispettare certe fasce orarie).
(…)
L’odore del primo freddo di dicembre, il sapore fra le dita
della menta, il gustocolore della crosta del pane appena sfornato
l’odore dolce-amaro di una bocca rossa baciata
sotto un pergolato di glicine acerbo.
Non ne rimane ormai e soltanto il ricordo può sopravvivere (Ho messo i panni).

E anche se l’aria cambia colore in questi versi che ci attraggono per i loro significati di inizi e di ultimazioni, di luci e di ombre, di chiassi e di silenzi, e di colori, colori, colori:

… Anche l’aria questa mattina
ha cambiato colore. Meno dorata
è di un grigio-azzurro profumato di salmastro.
(…)
La vita ci offre continui cambiamenti e spesso
tra capo e collo. Bisogna essere sempre pronti
e previdenti. Mi viene in mente la  “Parabola delle vergini”.
Spesso anch’io non mi sono sentita pronta
verso gli accadimenti imprevisti della vita
e ho incolpato Diopadre di non amarmi abbastanza….
ma- a volte- anche l’amore dei genitori
non è completo e duraturo (Un’acquazzone improvviso),

lo fa fra queste presenze, fra questo susseguirsi abituale e giornaliero di ore e di giorni in cui si esplicita la filosofia dell’autrice. Perché è con quei richiami che dà vita ai suoi pensieri, che concretizza i suoi sentimenti, e che nutre il suo poema rivelatore di un senso brevitatis vitae. Rivelatore di una stagione memore di abbandoni e tristezze, di illusioni e delusioni, di realtà e sogni. Ma di quadri, anche, che dipingono giovani forti che a torso nudo ispirano bellezze in fiore:

… Quando suona mezzogiorno i ragazzi bevono caffè
e menta e mangiano grandi focacce.
A sera le ragazze profumano di vaniglia
e i giovani muratori le baciano fra tigli e gelsomini.
La luna apre la sua bianca conchiglia
e loro se ne stanno lì dentro con i volti accesi (Stanno ristrutturando),

o di quelli che trattano storie commoventi di amori oblativi, di uomini grassi che sudano per il caldo e che vanno a trovare la moglie al mare, lei in vacanza; per loro un attimo, una sera, perché devono tornare, c’è il lavoro. Ma lasciano la sposa felice con una luce dorata negli occhi per una nuova storia estiva. La moglie è felice, e questo basta:

“ Ieri sera -sulla battigia -ho ballato con mia moglie.
Ho visto nei suoi occhi una luce dorata
che non vedevo da anni. …”
(…)
“ Dopo mia moglie ha ballato con un giovane…..
…scivolavano leggeri sulla pista. Io sono andato a letto
ero stanco e dovevo alzarmi presto. Lei è rimasta
a guardare le luna e a contare le stelle…così luminose….
Quando mi ha raggiunto mi ha detto
 “ Ti amo perché sei grasso e sempre stanco…”
“ Può essere e lei è felice?”
“ Sì, sono felice!” e allora  “ Questo basta.” (L’uomo grasso).

          La vita a 360° gradi quella che ci racconta la poetessa. Con tutte le vicende che capitano in questo nostro spazio ristretto di un soggiorno. Sì!, con storie d’amore, d’incontri, di sguardi, con storie comuni da cui è possibile ricavare un succo, un grande pensamento, totale, generale, oggettivo. Un succo piuttosto amarognolo di un realismo lirico avvincente e coinvolgente, perché nostro; romanticamente lirico, anche, nel dipanarsi di una poesia sorretta da tanta naturalezza e spontaneità, che indaga nei meandri più reconditi dell’esistenza e che fa della memoria un gioco di fughe e di ritorni, d’incanti e di magie, in cui i colori brillano più vividi. In cui divengono liricamente sublimi, perché è la memoria stessa a colorarli di lucciole che volavano misteriose e luminose nel buio della notte:
Ho percorso oggi  le antiche strade                                         
del paese della mia infanzia e giovinezza.
(…)
Mi tornano in mente le lucciole che volavano
misteriose e luminose nel buio della notte….
Chi ne acchiappava di più vinceva
e sotto il bicchiere era la loro fine….
al chiarore-amico delle lucciole il sonno arrivava prima
non entravano dalla finestra streghe e fantasmi.
Benedetta acerba dolce età! (Ho percorso oggi).

E si fanno avanti vasi di fiori sul terrazzo che parlottano fra loro; tombe sole fra erbe avvizzite a memorare la morte; sigarette che parlano di noi; e donne che viaggiano sui treni con tanta stanchezza negli occhi. E tutto con nel sottofondo quel motivo di malinconia, giusto, mai eccessivo, vero terriccio fertile per la poesia. Sì, un certo pessimismo sulla vita e sul correre del tempo. Ma alla fine sono gli squilli della natura a incantare la poetessa e a incantarci:
Cambia il colore dei giorni
con le giornate che portano grappoli ardenti
e caldo profumo di menta nascosta
negli umidi fossi. Freme il ligustro
all’ultimo oro di zigzag nel cielo.
Il sambuco nasconde piccoli-avidi volatili
e il suo profumo entra nelle narici.
Chiarepulite le facciate delle case antiche
e il mattino più dolce nei riverberi del risveglio (Cambia il colore dei giorni).
Ed è proprio il pensiero della sacralità della vita col tesoro che contiene a dominare sul tutto:

… Nell’orma fuggevole del tempo la vita
deve essere vissuta tutta, fino in fondo
e sul fondo - a volte - puoi trovare un tesoro
nascosto… (ibidem). 
                                             Nazario Pardini
  
 



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