Anna Magnavacca: Il colore dei giorni
I quaderni dell'Ussero. Pasturana (AL). 2014
PREFAZIONE
A
IL
COLORE DEI GIORNI
DI ANNA MAGNAVACCA
Un succo piuttosto amarognolo di un
realismo lirico avvincente e
coinvolgente
Importante
personaggio della vita culturale contemporanea, Anna Magnavacca è presente in
letterature e antologie prestigiose con all’attivo riconoscimenti nelle più
note competizioni poetiche. Componente di giuria in premi letterari, il suo curriculum
è impreziosito da riconoscimenti alla carriera e da numerose pubblicazioni di
poesia, narrativa e cronaca lunigiana di cui si sono occupati, con prefazioni e
recensioni, critici di valenza nazionale. A noi il compito di esaminare Il colore dei giorni, questa nuova sua
fatica i cui versi, intensi, coinvolgenti, e di grande fattura realistico-partecipativa,
abbracciano impulsi emotivi con voci verbali e stilemi allusivi di polisemica
significanza. Mi piace iniziare dalla seguente prodromica citazione testuale
per evidenziare le caratteristiche peculiari della sua poetica:
Si stanno aprendo le saracinesche dei
negozi
con i rumori più strani. Alcune graffiano
l’aria
altre sembrano piangere lungamente
ma con dignità ( siamo in tempo di crisi).
Altre ancora scricchiolano come avessero
ossa antiche e alcune si svegliano con una
risata.
Salgono salgono salgono
fino a lasciare scoperti i segreti della
vetrina.
Più lontano il battito ferreo di un
martello
( stanno ristrutturando una facciata)
e il sibilo sordo di un trapano.
È qui la
sua poesia, il suo dire; sono qui i suoi accostamenti ad una realtà da cui trae
ogni mossa, ogni input a sollecitare le sue emozioni, le sue visioni sullo
scorrere dei giorni, sui fatti di questo nostro esser/ci. E lo fa colorando
ogni aspetto del vivere e ricorrendo ad intuizioni e ad assemblaggi sintattici
di grande vis creativa. Alternando versi
di grande ampiezza a misure più brevi, per meglio consolidare la varietà
fenomenica che le si presenta con il polemos
eracliteo tra gli opposti di cui è condita; per sintonizzarli al fluire dei
suoi intendimenti etico-intellettivi. Un’euritmica musicalità ex abundantia cordis. Ex veritate rerum. Poesia colta intessuta di dolente esperienza,
rivisitata in chiave “pensosa”. Ricordiamo che Aldo Capasso si era fatto promotore
e interprete di un Realismo lirico
che aveva contagiato la metà del Novecento letterario. La Nostra sembra
ripercorrere con onestà, ma con intendimenti personali, i tratti salienti di
tale poetica. Già ebbi a scrivere su altre sue opere e credo sia utile
accennare ai passi salienti di tali recensioni per mettere in luce la
continuità stilistico-esplorativa del suo ductus
poetico: “… Una consuetudine quasi scontata. Un vivere i fatti come se si succedessero
senza novità alcuna, come se si presentassero con quella abitudinaria quotidianità
a cui è d’uso partecipare. Ed è da questi fatti che la Nostra sente la
necessità di svincolarsi per azzardare voli oltre, oltre certi spazi che
segnano il limen del nostro vivere,
che segnano notti che lacerano-consumano…” ( da Le promesse dei giorni e altri versi. Edizioni Helicon. Arezzo.
2013. Pp. 66); “… C’è anche la natura a supportare le tensioni emotive in
questi versi, con i suoi profumi, con i suoi squarci di cielo, le sue vermiglie
bacche, le fioriture improvvise, o gli odori di mosto a donare momenti di allettanti fughe edeniche; c’è la
natura coi suoi magici poteri a cospirare a favore di riposi interiori. E
d’altronde anche quelle fusioni paniche non sono altro che soluzioni per un
sentire che prende corpo e si concretizza; che si materializza in ariosi
slarghi di pensiero, e di amore, intenti, forse, a vedere, nelle vicissitudini
del tempo, primavere e attese di glicini dorati per offrire respiro agli
affanni del vivere…” (da Oltre la siepe
di sambuco e altre poesie. Guerra
Edizioni. Perugia. Pp. 70. € 6,00). Una continuità che consiste nell’utilizzo
della realtà, del suo minimalismo figurativo, a fini strettamente
introspettivi. La differenza è che in questa ultima opera l’autrice affonda la
penna in maniera più incisiva nei colori e nei suoni, nei fatti e nelle
stagioni, nelle vicende e nelle esemplificazioni di un verismo più aggressivo.
E fa confluire i singoli aspetti della realtà in un serbatoio per nutrire l’anima.
Tanto che tutto in lei assume un significato di perspicua sapidità
disvelatrice. Ogni strappo, ogni movimento si fa voce di un sentire che ri/dà
alla pagina una storia vissuta, animata del suo mondo interiore. Un articolato
linguistico dove l’apporto di combinazioni semantiche imprime forza a
sollecitazioni mnemoriche che ora fanno vagire gli autunni, ora fanno verzicare
le primavere. È così che Il colore dei
giorni si dipana su uno spartito poetico rivelatore di maestria tecnica,
sensibilità, capacità di osservazione e di rielaborazione, nonché di efficaci
simbolismi analogici di tensione orfica e, anche, dai toni epico-lirici.
Si osservano strade piene di voci in giornate
di caldo estivo; voci che si confondono, si legano e volano:
… Voci di bimbi che non possono
stare fermi e le voci delle madri
dalle finestre dei cortili
- colorati da lunghe tovaglie stese -
chiamano richiamano e ancora.
E’ sogno per i ragazzi l’estate…
(Oggi la strada),
solitudini
che spiccano, che si elevano sopra le strade, i suoni, i colori, i movimenti; solitudini
non solo della poetessa, ma quelle oggettivanti di ogni essere di una umanità
che non riesce, nella sua globalizzazione, a leggere gli animi stanchi di
correre nel vuoto:
… Volano i piccoli piedi nella strada
che non è più sola e la solitudine
può essere sentita anche da una strada
una qualsiasi strada (Oggi
la strada),
e si
continua con l’analizzare il ristretto circuito di una stagione che può farsi
benissimo universale esistenza: la gente, i giovani, gli adulti, in questo
dipanarsi dell’ora dal mattino alla sera:
A sera cambia il tono delle voci.
Adesso voci di adulti che amano
passeggiare magari mano nella mano.
(…)
E c’è chi passeggia da solo, parla dentro
di sé
e ricorda il tempo della bellezza.
Se incontra una ragazza che cammina svelta
per un appuntamento d’amore
le sorride ma la donna ha gli occhi viola
altrove (A sera cambia il tono).
Tocchi
di memoria di antiche primavere, di bellezze sfuggite, di rimpianti, magari,
per parole non dette, in sguardi, in sorrisi di occhi viola altrove. Tocchi di
cuore in colori accennati e demandati a sveltezze di appuntamenti. Dove ragazzi
spersi nell’amore:
… parlano…parlano…”…e se io morissi?
“ Ti verrei a riprendere nel regno nero
della notte infinita…” –“ …ma Orfeo non è
riuscito a riportare alla luce Euridice…”
-“ Lo so ma io non mi girerò per entrare
nei
tuoi occhi….ti guarderò dopo, quando
saremo usciti dalla nera porta di piombo
e ci ameremo subito, appena usciti…
allora entrerò nei tuoi occhi
sull’ erba fresca, fra scoiattoli e fiori
di bosco
ci saranno cigni su un lago azzurro
azzurro….”
( quante parole l’amore può far dire ….) (Sono
abbracciati).
Si
raggiungono vette di un lirismo erotico-sentimentale di vera poesia nuova, voluta,
con cenni a contorni mitologici che ne potenziano la validità, con un linguismo
scorrevole, condito di erbe fresche, fiori di bosco, cigni e laghi azzurri in
sperdimenti detti senza retorica. Bella pagina di poesia!
Molte
le occasioni poetiche, e tante quelle concrete da cui trarre motivo d’indagine
psicologica. Si ricorre persino agli odori sugosi della dirimpettaia, per
ritrattare uno stato d’animo degli anni della fanciullezza:
La mia dirimpettaia sta
cucinando
e odori sugosi arrivano sul mio balcone.
(…)
Strofina un oggetto sul lavandino
accende il gas, butta la pasta mentre
ascolta
musica, una canzone della giovinezza
e queste note riportano anche me
al tempo delle troppe raccomandazioni
“…non fare questo…è peccato…non andare….”
Mio Dio, io peccavo…poi la sera
avevo paura che il diavolo mi portasse via
e dormivo con la testa sotto le lenzuola (La
mia dirimpettaia).
Una
maniera di porsi snella e carezzevole, intima e fugace, quella della Nostra, quando
a mezzogiorno il silenzio si impossessa dell’ora che sembra stia ferma-immobile,
al suo paese:
C’è silenzio nell’ora del mezzogiorno
e sembra che l’aria stia ferma- immobile
come un monumento antico coperto d’edera.
Nel mio paese è così( C’è
silenzio nell’ora),
o
quando al ristorante il solito venditore di fiori offre le rose:
… Un venditore di fiori fra i tavoli offre rose
ma nessuno le compra. Le ragazze preferiscono
una grande fetta di torta al cioccolato
(ibidem).
Quanta
riflessione e quanta malinconia sottintendono questi versi!
I fatti, le persone, i sentimenti, le dicotomie,
le empatie, la vita comune, gli acquerelli del giorno e della sera si susseguono
in questa narrazione scrupolosa e puntuale, oggettiva, ma che tanto ha a che
vedere con l’animo della Magnavacca. Quasi un idillio leopardiano, che fa della
prima parte il serbatoio delle immagini, per poi servirsene come simboli del
suo sentire. Narrazione, quindi, avvolta da emozione e commozione di un’autrice,
che, pur partecipe di questa avventura, sembra che la osservi da una torre
d’avorio, d’en haut, tanto i dati
sono minimizzati, frantumati dall’osservatorio su cui è disposta.
Si
fanno sempre più concreti, realistici: un uomo che raccoglie i rifiuti; una tuta
arancione brillante; il grigiotriste della strada deserta; i cestelli pieni di
colori: verde chiaro, lo scuro, l’arancio, il giallointenso; bucce, ghirigori;
impronte di denti; insalata rattrappita; mano violacea, donna centenaria; pastasciutta
rossa parrucca; arte, arte, tanta arte.
Univerbazioni
e unità sintagmatiche di accoppiamenti fra aggettivi e sostantivi - uniti fra
loro da vocali-consonanti-vocali - con invenzioni creative di prim’ordine (arancionebrillante, casaspaziosa,
odorecaldo, rossosangue, gustocolore…), e con sinestesie e figure stilistiche
che rafforzano il significante metrico della cifra poetica.
E
la vita scorre, va avanti, improrogabilmente, lo dicono gli oggetti, le figure,
le abitudini; va avanti fra silenzi, solitudini, pensieri, supposizioni, fra
signore di balconi accanto:
… La signora del balcone accanto al mio-in
silenzio, in
perfetto silenzio- ha lasciato la sua casa
un po’ rumorosa
un po’ vecchia e con l’odore di latte
bruciato.
Abita ora -così dicono- una grande casaspaziosa
piena di sole e ombra. Avrà tanto tempo, le piaceva
scrivere e allora chissà quanti versi cuore-amore!
Insomma dicono stia bene, meglio di prima (La
porta del balcone).
E c’è
la morte. La morte che fa parte della vita. Di questa vita che amiamo, forse proprio
perché ne contiene il sapore a provocare in noi la coscienza della casualità e
della brevità del nostro esistere. E il sopraggiungere di quegli accidents ferali che ci fanno disperare,
per la loro gravità, per le loro aggressive sottrazioni: forse è col ricorrere
alle memorie che si può prolungare il palpito del vivere. Me lo diceva un mio
vecchio professore: “L’unico sistema di vincere la morte è quello di ricordare
la vita”.
… E’ morta di cancro la giovane madre -42
anni. Dal seno
il male si è trasferito- ha cambiato casa
- alle ossa, alle
giunture attraverso vie segrete,
impreviste. In piena
notte - come un ladro- ha rubato tutto, ha
bevuto tutto
il sangue buono, l’ha sostituito con la
“candeggina” che brucia
forte e sbianca in quattro e quattr’otto.
(…)
E il prete parla parla dell’immenso amore
di Dio per noi.
Non so chi -in questo momento- possa
crederci (In Paradiso ti accompagnino).
Sì, è
rifugiandosi nei caldi spazi giovanili o nelle verdi speranze di antiche
primavere che si possono riportare a galla giorni e luoghi, per farli rivivere.
Ho messo i panni nella lavatrice molto
presto
( si devono rispettare certe fasce orarie).
(…)
L’odore del primo freddo di dicembre, il
sapore fra le dita
della menta, il gustocolore della crosta
del pane appena sfornato
l’odore dolce-amaro di una bocca rossa
baciata
sotto un pergolato di glicine acerbo.
Non ne rimane ormai e soltanto il ricordo
può sopravvivere (Ho messo i panni).
E
anche se l’aria cambia colore in questi versi che ci attraggono per i loro
significati di inizi e di ultimazioni, di luci e di ombre, di chiassi e di
silenzi, e di colori, colori, colori:
… Anche l’aria questa mattina
ha cambiato colore. Meno dorata
è di un grigio-azzurro profumato di
salmastro.
(…)
La vita ci offre continui cambiamenti e
spesso
tra capo e collo. Bisogna essere sempre
pronti
e previdenti. Mi viene in mente la “Parabola delle vergini”.
Spesso anch’io non mi sono sentita pronta
verso gli accadimenti imprevisti della
vita
e ho incolpato Diopadre di non amarmi
abbastanza….
ma- a volte- anche l’amore dei genitori
non è completo e duraturo
(Un’acquazzone improvviso),
lo fa fra
queste presenze, fra questo susseguirsi abituale e giornaliero di ore e di giorni
in cui si esplicita la filosofia dell’autrice. Perché è con quei richiami che
dà vita ai suoi pensieri, che concretizza i suoi sentimenti, e che nutre il suo
poema rivelatore di un senso brevitatis
vitae. Rivelatore di una stagione memore di abbandoni e tristezze, di
illusioni e delusioni, di realtà e sogni. Ma di quadri, anche, che dipingono giovani
forti che a torso nudo ispirano bellezze in fiore:
… Quando suona mezzogiorno i ragazzi
bevono caffè
e menta e mangiano grandi focacce.
A sera le ragazze profumano di vaniglia
e i giovani muratori le baciano fra tigli
e gelsomini.
La luna apre la sua bianca conchiglia
e loro se ne stanno lì dentro con i volti
accesi (Stanno ristrutturando),
o di
quelli che trattano storie commoventi di amori oblativi, di uomini grassi che sudano
per il caldo e che vanno a trovare la moglie al mare, lei in vacanza; per loro
un attimo, una sera, perché devono tornare, c’è il lavoro. Ma lasciano la sposa
felice con una luce dorata negli occhi per una nuova storia estiva. La moglie è
felice, e questo basta:
“ Ieri sera -sulla battigia -ho ballato
con mia moglie.
Ho visto nei suoi occhi una luce dorata
che non vedevo da anni. …”
(…)
“ Dopo mia moglie ha ballato con un
giovane…..
…scivolavano leggeri sulla pista. Io sono
andato a letto
ero stanco e dovevo alzarmi presto. Lei è
rimasta
a guardare le luna e a contare le
stelle…così luminose….
Quando mi ha raggiunto mi ha detto
“
Ti amo perché sei grasso e sempre stanco…”
“ Può essere e lei è felice?”
“ Sì, sono felice!” e allora “ Questo basta.”
(L’uomo grasso).
La
vita a 360° gradi quella che ci racconta la poetessa. Con tutte le vicende che
capitano in questo nostro spazio ristretto di un soggiorno. Sì!, con storie
d’amore, d’incontri, di sguardi, con storie comuni da cui è possibile ricavare
un succo, un grande pensamento, totale, generale, oggettivo. Un succo piuttosto
amarognolo di un realismo lirico avvincente e coinvolgente, perché nostro;
romanticamente lirico, anche, nel dipanarsi di una poesia sorretta da tanta naturalezza
e spontaneità, che indaga nei meandri più reconditi dell’esistenza e che fa
della memoria un gioco di fughe e di ritorni, d’incanti e di magie, in cui i colori
brillano più vividi. In cui divengono liricamente sublimi, perché è la memoria
stessa a colorarli di lucciole che
volavano misteriose e luminose nel buio della notte:
Ho percorso oggi le antiche strade
del paese della mia infanzia e giovinezza.
(…)
Mi tornano in mente le lucciole che
volavano
misteriose e luminose nel buio della
notte….
Chi ne acchiappava di più vinceva
e sotto il bicchiere era la loro fine….
al chiarore-amico delle lucciole il sonno arrivava
prima
non entravano dalla finestra streghe e
fantasmi.
Benedetta acerba dolce età! (Ho
percorso oggi).
E si
fanno avanti vasi di fiori sul terrazzo che parlottano fra loro; tombe sole fra
erbe avvizzite a memorare la morte; sigarette che parlano di noi; e donne che
viaggiano sui treni con tanta stanchezza negli occhi. E tutto con nel
sottofondo quel motivo di malinconia, giusto, mai eccessivo, vero terriccio
fertile per la poesia. Sì, un certo pessimismo sulla vita e sul correre del
tempo. Ma alla fine sono gli squilli della natura a incantare la poetessa e a
incantarci:
Cambia
il colore dei giorni
con
le giornate che portano grappoli ardenti
e
caldo profumo di menta nascosta
negli
umidi fossi. Freme il ligustro
all’ultimo
oro di zigzag nel cielo.
Il
sambuco nasconde piccoli-avidi volatili
e
il suo profumo entra nelle narici.
Chiarepulite
le facciate delle case antiche
e
il mattino più dolce nei riverberi del risveglio
(Cambia il colore dei giorni).
Ed è proprio
il pensiero della sacralità della vita col tesoro che contiene a dominare sul
tutto:
…
Nell’orma fuggevole del tempo la vita
deve
essere vissuta tutta, fino in fondo
e
sul fondo - a volte - puoi trovare un tesoro
nascosto… (ibidem).
Nazario
Pardini
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