“Il
rumore del silenzio” - edito da Kairos -, conclude la trilogia di Nunzia
Gionfriddo, che tutti dovrebbero leggere, perché è cucita nella storia del
nostro paese, dal secondo conflitto a metà degli anni ’80, attraverso la lente
d’ingrandimento della città di Napoli. Ho avuto l’onore di presentare i
precedenti volumi: “Gli angeli del Rione
Sanità” e “Sopravvissuti” e sono emozionata all’idea di trovarmi ancora accanto
a quest’Autrice, che considero una Maestra. Va precisato che il romanzo rappresenta
una storia compiuta, non necessita della lettura dei due testi precedenti,
ovviamente la trilogia rende esaustiva la conoscenza dei protagonisti e delle
vicende che si trovano a fronteggiare.
Partirei
dallo stile di Nunzia Gionfriddo. Fluido, immediato, caldo, permeato di speculazioni
filosofiche, e di spunti poetici. La struttura del testo è divisa in sequenze
narrative, descrittive e riflessive, in quest’ultime l’elemento dialogico è
centrale, e il nerbo della Scrittrice è
eccellente. Si tratta di una storia corale, nella quale i personaggi sono tutti
protagonisti e l’ Autrice riesce a caratterizzarli in modo da consentire ai
lettori di vederli, di viverli. Si potrebbe parlare di un’opera filmica.
A
livello contenutistico si parla di uomini e donne che combattono contro le mafie, le bande armate, i
traffici di droga, le connivenze, nelle diverse fasi storiche di Napoli e dell’Italia.
D’altronde la Scrittrice
è grande studiosa di storia e autentica combattente anche nella vita.
Il
romanzo si svolge fino alla parte conclusiva con uno dei protagonisti, Maria,
che versa in stato di coma. Non so se si è trattato di un espediente
letterario, ma è una delle spiegazioni al titolo ossimorico del testo. La
storia si svolge nell’atmosfera ovattata dell’ospedale. “Il tempo non esiste fuori,di sé, ma solo
nella mente”, scrive Nunzia, esprimendo un concetto filosofico, che io ho
collegato a Bergson, che distingueva il tempo interiore, la percezione
coscienziale di esso, da quello esteriore, il tempo esatto della scienza.. La
donna sembra vivere l’esperienza non solo come il famoso tunnel del quale ci
parlano spesso, ma come una voragine, che risucchiandola, la protegge dagli
urti esterni.
La
memoria dilatata del tempo interiore le consente di rivisitare le isole della
memoria sin dalla primissima infanzia e di rivedere la storia del rione nel
quale è nata, e di tutti gli affetti di sempre.
Maria
è figlia di Ninetta e Mariuccio, che nel corso delle Quattro Giornate di
Napoli, e non solo, si batterono per la Resistenza, insieme a Beppe e Assuntina, a
Pasqualino, netturbino della Sanità e al pilastro della comunità, il parroco
Don Antonio, accompagnato dalla fedele perpetua Mimina. Maria rivive la propria
crescita con gli amici di sempre, i figli di Beppe e Assuntina Ciruzzo e
Totonno, la figlia dello spazzino, Enzina, amica del cuore, Rosetta, incontrata
più tardi, e divenuta parte integrante del gruppo. Erano soliti riunirsi nella
piazza antistante la Basilica
della Santissima Maria, detta il Monacone, dove nel cortile della chiesa li
accoglieva Don Antonio.
Maria,
nel corso del suo viaggio, divenuto elastico, incontra il futuro marito Lucio,
che rinunciando all’avvocatura si era dedicato al giornalismo. Lei, negli anni
’70, dopo aver conseguito la laurea in lettere, aveva combattuto per il
riconoscimento del ruolo paritario tra i sessi, nell’orgoglio della mamma
Ninetta, partigiana. Nunzia Gionfriddo, fedele alla natura di donna capace di
coniugare i verbi al futuro, come solo i veri sognatori sanno fare, ci dona
un’altra perla filosofica asserendo che “dalla nascita in poi si comincia a
sognare qualcosa”. Aristotele affermava addirittura che “il sogno inizia
dall’utero”.
Seguendo
il coma di Maria si attraversano le vicende degli altri protagonisti. Credo
vada sottolineato come per attenersi al vero storico, molti dei protagonisti
non siamo frutto di fantasia, ma rispondano a persone realmente esistite.
Innanzitutto ‘O Malommo, al secolo Giovanni
Spavone, contrabbandiere temutissimo a Napoli, che in questo testo è fuori dai
giochi, perché non vuole smerciare droga. Ha lasciato il posto, purtroppo, alla Nuova Camorra Organizzata. Totonno,
figlio di Bebbe e Assuntina, che nel dopoguerra faceva il contrabbandiere per
aiutare la famiglia e fu accusato ingiustamente di omicidio, sembrava morto, invece era stato protetto proprio
da ‘O Malommo, che lo aveva fatto rifugiare in America, e poi in Sardegna, dove
Enzina andò a trovarlo più volte e rimase
incinta.
Maria
rivede il proprio matrimonio avvenuto
nel giorno in cui viene approvato il Nuovo Diritto di famiglia, in linea con le
sue idee progressiste. Lei e l’amica del cuore Enzina, restano incinte nello
stesso periodo, e diventano madri rispettivamente di Mariuccio e Teresina. Un momento cruciale dei ricordi è il ritorno a Napoli di Totonno, che da
contrabbandiere, si trasforma in colto rivoluzionario. I due uomini, Lucio e
Totonno, rispondono al giornalista napoletano Giancarlo Siani, trucidato dalla
mafia e a Peppino Impastato, poeta, giornalista, che si ribello alla famiglia
camorrista e combatté contro le organizzazioni criminali.
Gi
anni ’70 e ’80 non si rivelano facili, come molti erroneamente affermano,
perché oltre alle mafie si formano i gruppi armati di sinistra e di destra.
Nascono Le Brigate Rosse, guidate da Senzani, legato alla colonna romana. Sono quelli
che vennero definiti ‘anni di piombo’, culminati con il rapimento e l’uccisione
di Aldo Moro nel 1978. I giovani sono tutti sensibilizzati e attivi come i loro
genitori, tanti anni prima. Maria, che nel tempo reale è un’insegnante, agisce
nella scuola, rendendo consapevoli gli studenti; Enzina nella libreria e, da
grande attivista, propone di “smuovere la pigrizia degli apatici e la paura dei
pavidi” -l’espressione è tratta dal testo-
A
colmare la misura nel 1980 avviene in Campania il terremoto, che provoca morte,
distruzione, sfollati e scatena un’altra
forma di raket: la guerra per gli appalti.
Gli
studenti scendono in piazza contro le mafie, il terrorismo e i rappresentanti
dello Stato sospettati di essere collusi. La rivolta studentesca ha inizio dal
rapimento del governatore campano della Democrazia Cristiana, Cirillo, da parte
delle Brigate Rosse, che viene sottoposto al tribunale del popolo come Aldo
Moro, e rilasciato misteriosamente…
Lucio
è facinoroso, attraverso il giornale e, in seguito, insieme a Totonno, tramite
una radio libera campana. La scintilla che accende il fuoco sotto la cenere è
rappresentata nel 1980 dall’agguato di Cosa Nostra al generale Carlo Dalla
Chiesa, trucidato con la moglie e la scorta, dopo il dirigente comunista Pio La Torre e il suo collaboratore
Di Salvo. Il nemico è diventato più subdolo e Don Antonio, autentico eroe della
trilogia, parla di una nuova resistenza, da condurre non più con le armi ma con
i cortei. Il parroco proprio dopo aver lanciato strali contro le mafie nel
corso di un comizio, ha un malore e muore, segnando un vuoto incolmabile nel
Rione Sanità. Gli anni ’80 sono contraddistinti dalle marce, con le donne in
prima linea, che durano a lungo e sono purtroppo affiancate da quelli che
Nunzia definisce ‘gli ammazzamenti’. Lucio scrive articoli di fuoco, scavando
tra i traffici di droga, le correità, coadiuvato in radio dall’indomito amico
Totonno.
Con
“Il rumore del silenzio il cerchio si chiude e non solo metaforicamente. Nella sequenza
finale, si assiste a una scena degna della tragedia greca, con il ritorno degli
angeli stretti in cerchio e uniti nel motto”Resistere, sempre!”. Non svelo
l’ultima sequenza di questo romanzo, didattico da solo e insieme agli altri due,
ma vi garantisco che, oltre a essere lirico e commovente, rivela la dignità
infinita dei protagonisti, ed è di altissimo valore umano, politico e
narrativo. Sono fiera di essere amica dell’Autrice!
Maria
Rizzi