giovedì 28 ottobre 2021

MARIA RIZZI LEGGE: "LUNAMAJELLA" DI GIAN PIERO STEFANONI

Maria Rizzi su “Lunamajella” di Gian Piero Stefanoni , Confine editore

Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade

Gian Piero Stefanoni, in quest’Opera dal titolo magico, “Lunamajella”, editore Cofine, che la prefatrice Anna Maria Curci racconta proprio con la levità dell’incantesimo, oltre che con la professionalità dell’eccellente esegeta, asserendo che “lunamajella è una parola che raccorda la lontananza con la prossimità, il cielo e la terra, la spiritualità (“globo sospeso”) con la fisicità (“che quasi ci tocca”)”, non narra della terra natia, ma per adottare ancora le parole della Curci  “(di una determinata area del teatino divenuta per il poeta paese dell’anima e della terra del cuore) che si va manifestando come madre terra, come un universo nel quale geografia e sonorità concorrono a ri –nominare e a ri-fondare”. In effetti se si è capaci di mettere radici nella terra, si saprà anche ergersi alti nel cielo, e divenire talee del mondo visibile così da poter raggiungere l’invisibile. Stefanoni è proteso verso una seconda patria, che ruota intorno alla Montagna Madre, come in Abruzzo tutti la conoscono, piena in ogni sua parte dei segni della presenza umana dai tempi più antichi. Un luogo privilegiato di ritualità, di rifugi per officiare culti e cerimonie religiose, la Majella ha da sempre suscitato la ricerca del contatto con la divinità. Lo confermano la presenza di grotte sacre, di chiesette, di eremi… Per gli abruzzesi la montagna è la Madre, la personificazione della crescita delle cose viventi, della fertilità della terra. Nell’Opera l’Autore si illumina e si arricchisce di un dire poetico appartenente a una lunga tradizione di italiano e di dialetto, correda le pagine di versi di illustri abruzzesi come Tito Verratti, Vittorio Clemente e si avvale per le traduzioni in abruzzese di Mario D’Arcangelo. Di Verratti è quella che la Curci definisce in modo superbo ‘perla in epigrafe’: “Sbrane e turmente l’alme, triste core, / l’alme ch’è tormentate nen si more”. La prima lirica è dedicata a uno dei paesi più famosi della zona, Pennadomo, chiamata dagli abitanti di Chieti semplicemente Penna. “Ciaffòssene le stelle, / quacche mbrije a lu spettà, /aunìte a le Sante ce’ncavéme a le rocce” – “Ci incavano stelle, vaghe ombre in attesa, / preghiamo con i Santi / allungati alle rocce”. E già dalla soavità di questi versi si evince l’importanza di custodire il dialetto, che costruisce mondi ed è, quindi, più che una lingua, una visione.  Oltre che alla Montagna Madre e a Pennadomo, nella Silloge sono contenute liriche dedicate ad altri paesi come Lama dei Peligni, San Martino, Marina di Torino di Sangro, Fara.  Lunamajella rappresenta l’astro intorno al quale si srotola la vena dell’Autore. Le dedica otto liriche e Pennadomo la segue a ruota libera con ben sette poesie. Stefanoni rivela il suo rapporto empatico con la natura di questa zona. “Giacché / anche tu cerchi sbocco / nell’autunno di viole / che di noi non si scorda -/un azzurro, un giallo / e un rosso per chi resta / ora che le anime / come uccelli si lanciano - / più non si guardano torve - / verdi in un lago verde di monti / dentro quel cielo / che mai vuole perderci”- (Lunamajella VII) – tradotta in abruzzese da Mario D’Arcangelo. E dei luoghi si coglie il misticismo e il carattere selvaggio dei monti, delle colline e del mare. La protagonista del libro, la Montagna che le dà il titolo, è paragonabile a una delle grandi cattedrali della terra, con i suoi portali di roccia, i mosaici di nubi, i cori dei torrenti, gli altari di neve, le volte di porpora scintillanti di stelle. Gian Piero Stefanoni con il suo spirito entra negli alberi, nel parato, nei fiori, nelle onde. Lunamajella è per lui un sentimento. Leggendo questa Silloge di incantesimi e insegnamenti ho ripensato a una frase di Ennio Flaiano: “Tra i dati positivi della mia eredità abruzzese metto anche la tolleranza, la pietà cristiana (nelle campagne un uomo è ancora ‘nu cristiane’), la benevolenza”. Questa eredità il nostro Poeta sembra possederla tutta. Dai suoi versi traspare la tenerezza e la modestia di fronte a tutte le bellezze della zona. Il Poeta ci convince che i dialetti devono essere eterni: Gesù parlava in dialetto, Dante scriveva in dialetto e, probabilmente, il Padreterno nel cielo, si esprime in dialetto.  

Maria Rizzi

 

 

 

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PREMIO LETTERARIO "LUNGOFIUME"

 




Riflessioni…

 

Ero rigagnolo.

Diventai fiume d'argento

un giorno che mi ribellai.

Impossibile abituarsi al grigio.

Complice fu la pioggia.

Un varco nella nuda terra.

Sconfinai nell'azzurro.

 

Serenella Menichetti.

 

1. L’APS Lungofiume indice il “Premio Nazionale Lungofiume di poesia e racconti brevi”.

Il sottotitolo e tema per i lavori è “Riflessioni…” ed è inteso nel suo doppio significato di “pensare, meditare… “ e “specchiarsi…”.

2. Possono concorrere liberamente tutti coloro che abbiano raggiunto la maggiore età e siano in possesso della cittadinanza italiana e/o abbiano residenza o domicilio in Italia.

3. Il premio è articolato in due sezioni:

A) poesia

B)racconto breve

Poesia

Si concorre inviando un massimo di due poesie (edite e/o inedite), di lunghezza non superiore ai 50 versi.

Racconto breve

Si concorre con un massimo due racconti brevi (editi e/o inediti), di lunghezza non superiore alle 5 cartelle.

Nella sezione A e B si accettano elaborati (editi ed inediti) anonimi -in lingua italiana- formato word, con carattere Times New Roman, dimensione 12.

Oltre ai testi, dovrà essere allegata alla mail la scheda di adesione (non occorre firmarla, la ricevuta e-mail farà da garanzia)

4. Contributo Spese di Segreteria € 20 per le sezioni

A e B.

E’ possibile partecipare ad entrambi le sezioni al costo di € 30.

L'invio prevede, oltre alle opere la ricevuta attestante il versamento effettuato tramite Bonifico Bancario: IT 16 D 08562 70950 000000192187 con causale “Premio Nazionale di Poesia e Narrativa – Lungofiume, Cascina (PI)”.

(sempre con ricevuta attestante l’effettuato bonifico).

Il termine, invio opere è per il 12 Febbraio 2022

(si invita ad aderire quanto prima per ragioni organizzative).

5. La direzione artistica selezionerà preliminarmente le opere e nominerà la Giuria che sarà composta da personalità scelte tra professionisti del mondo culturale, artistico e cinematografico.

6. Sarà stilata una rosa di 12 finalisti per sezione.

I primi tre classificati (per sezione) saranno resi noti nel corso della serata di Premiazione. I rimanenti 9 finalisti (per sezione), saranno automaticamente classificati (ex aequo) al quarto posto.

7. La Cerimonia di Premiazione si terrà sabato 28 Maggio 2022 in un evento pubblico.

In caso di imprevisti di forza maggiore la nuova data sarà comunicata in tempo utile.

8. Per Ie due sezioni A e B i premi in palio consistono in:

- 1° classificato: ass. bancario di € 800; elaborato artistico e attestato in pergamena.

- 2° classificato: ass. bancario di € 400; elaborato artistico e attestato in pergamena.

- 3° classificato: ass. bancario di € 200; elaborato artistico e attestato in pergamena.

- 4i classificati: elaborato artistico e attestato in pergamena.

- Inoltre, Premi Speciali: elaborato artistico e un attestato in pergamena.

9. Gli elaborati dei 24 finalisti e dei premi speciali, saranno pubblicati in un volume fotografico e consegnati gratuitamente.

10. I premi in denaro dovranno essere ritirati personalmente dagli autori, esclusivamente nella data della Cerimonia di Premiazione, pena la decadenza degli stessi. Gli altri premi non saranno in nessun caso spediti ad autori o autrici non presenti, saranno invece ammesse deleghe da presentare all’organizzazione prima dell’inizio della cerimonia.

11. L'Organizzazione, al termine della Cerimonia di Premiazione, offre il pernottamento gratuito, nell’ambito del territorio cascinese, ai primi 3 classificati (per ogni sezione).

12. La redazione avviserà personalmente solo i premiati e i finalisti entro il 31 Aprile 2022.

Le graduatorie saranno rese pubbliche sulle pagine Associazione Lungofiume e Casa di Lungofiume.

Per info si può contattare la Segreteria al numero

346 7063866.

13. I candidati sono pregati di leggere attentamente le norme del presente bando: l’Organizzazione non risponde di qualsiasi erronea interpretazione delle stesse.

La partecipazione al Premio implica la piena e incondizionata accettazione di questo regolamento e la divulgazione del proprio nome, cognome e premio vinto su qualsiasi pubblicazione.

Per l’iscrizione non si accettano pseudonimi, nomi di fantasia o diversi dalla reale identità dell’autore, previa invalidazione dell’iscrizione senza restituzione dei lavori inviati e della quota versata. L’Organizzazione attraverso la presente adesione acquisisce implicitamente il diritto di pubblicare liberamente e gratuitamente tutti i componimenti ritenuti idonei.

14.       Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/2003 "Codice in materia di protezione dei dati personali", l’Associazione Lungofiume dichiara che i dati forniti dai partecipanti al Concorso saranno trattati ai sensi di legge e secondo principi di correttezza, liceità e trasparenza e di tutela della riservatezza e dei diritti del fornitore. I medesimi dati verranno trattati e diffusi per le seguenti finalità: gestione del premio, invio di bandi e/o altro materiale ed informazioni, pubblicazione e/o divulgazione, anche con strumenti informatici, delle opere unitamente al nome, cognome e luogo di provenienza dell’autore.

15.       La giuria del Premio, presieduta dalla  poetessa  e critica Marina Pratici è così composta:

Franco Donatini, Stefano Massetani, Pierantonio Pardi, Alessio Pizzech, Patrizia Stefanelli, Cristiana Vettori.

Comitato d'onore: Laura Ephrikian, Hafez Haidar, Alessandro Quasimodo, Rodolfo Vettorello.

Responsabile segreteria: Serenella Menichetti.

Collaboratrici: Nadia Chiaverini e Ombretta Mariotti.

L’APS Lungofiume - Via Tosco Romagnola 183, 56021 Cascina (Pisa).

Mail: lungofiume21@gmail.com

 


 


 

SCHEDA DI PARTECIPAZIONE

 

NOME ………………………………………………………………………………………….…… COGNOME ……………………………………………………………………………………..…

 

NATO A………….. ………………………….. IL (facoltativo) ………………………….…

 

RESIDENTE A………………………………………………………….

 

VIA ……………………………………………………….………………..

 

CITTÀ ………………………………………………………………….…

 

C.A.P. ……………………………… PROV. …………………..….…

 

Email ………………………………………………………………..…….

 

TELEFONO ………………………………………………………..…..

 

TITOLO/I DELL/E OPERA/E

 

SEZIONE A …………………………………………………………………………………………

 

SEZIONE A …………………………………………………………………………………………

 

SEZIONE B …………………………………………………………………………………………

 

SEZIONE B …………………………………………………………………………………………

 

I testi sono originali e di mia personale produzione. Partecipando al Premio accetto tutte le clausole del Regolamento del Bando.

 

DATA …………………………………………………………

 

FIRMA …………………………………………………….…





RAFFAELE PIAZZA LEGGE: "VITA NEL CUORE DELL'AMORE E DELLA FEDE" DI DOMENICO DISTEFANO


 

Domenico Distefano

VITA NEL CUORE

DELL’AMORE E DELLA FEDE

Recensione di Raffaele Piazza

 

Vita nel cuore dell’amore e della fede, la raccolta di poesie di Domenico Distefano che prendiamo in considerazione in questa sede, è un esempio di autobiografismo creaturale nel quale l’io – poetante effonde i suoi stati d’animo sulla pagina quando proprio la poesia stessa fa il miracolo e la creatura cioè il poeta stesso diviene persona.

Una vena tout-court neolirica ed elegiaca alimenta i componimenti di questa preziosa silloge che presenta una prefazione di Nazario Pardini acuta, sensibile e ricca di acribia nel cogliere in profondità il senso dell’opera.

In un panorama come quello odierno della poesia italiana contemporanea questo lavoro si rivela originale perché va controtendenza; infatti attualmente le tantissime opere di poesia che vengono pubblicate in Italia risultano complesse, spesso oscure e sono il frutto di personali sperimentalismi.

Per un critico imbattersi in un poiein, come quello di Distefano, è un fatto sorprendente perché ci si trova di fronte a composizioni sorgive, chiarissime e mai elementari, sempre d’occasione.

Il trinomio cuore, amore e fede si fa una cosa sola e si svela attraverso una parola quasi sempre gioiosa e stupita nel credere in Dio, che ha creato la Natura che è protagonista del volume.

Ma l’essere umano stesso è Natura e quindi lo sono anche i figlioletti e il padre del poeta ai quali sono dedicate molte composizioni e del resto la Natura matrigna per Leopardi è stata definita da Goethe come l’abito vivente della divinità.

Bellezza e linearità dell’incanto costituiscono la cifra distintiva della poetica del Nostro che come persona ha il privilegio di sapersi stupire dinanzi allo scenario della vita, assaporando gioie quotidiane semplici eppure fondanti nell’esistenza dell’individuo.

Un canto estatico dinanzi alla vita stessa che ha qualcosa di vagamente paragonabile al Cantico delle creature di San Francesco D’Assisi.

Uomo di fede Domenico si fa anche portavoce del profitto domestico implicitamente nel senso della fiduciosa alternanza delle generazioni che si passano il testimone l’una con l’altra come in una sportiva staffetta.

Il testo non è scandito e per la sua unitarietà formale, stilistica e contenutistica potrebbe essere considerato un poemetto che diviene implicitamente un inno di lode a Dio innanzitutto per la gioia che concede al poeta di poter avere una moglie e dei figli da amare e si deve comunque sottolineare che l’amore del poeta è in primis quello per Dio Padre il Creatore.

Anche un senso di struggimento per il tempo che passa pare alimentare questa raccolta quando in una poesia si rivolge all’amatissima consorte e la invita a ripensare ai giorni magici e incantevoli della loro giovinezza vissuta insieme nell’interanimarsi con le bellezze della natura stessa.

Un linguaggio colto con una patina di neoclassico si rivela in questa silloge e uno dei versi è scritto in lingua greca antica («… Complici il silenzio / ed Eros giocherellone, / della cipride Afrodite figlio, / risplendevano fiori di sogno / in un dardeggiar di sole / e volavano promesse / di percorrere insieme / il resto del cammino / e dividere a metà gioie e dolori. / “Kαί γ σέ φιλ” / ti dissi in greca lingua / e tu mi prendesti per mano, / per varcar la soglia, / che conduce all’infinito: / “Il nostro amore - mi dicesti -  / non avrà mai fine, vive e vivrà con noi e oltre”….», A mia moglie, ieri, oggi, domani).

E forse la forma d’amore più toccante messa in scena dal poeta è quella per i suoi bambini, figlioletti tenerissimi e indifesi, fanciullini, se il poeta stesso secondo la poetica di Pascoli per il suo stupore empatico per la realtà è un fanciullino.

Raffaele Piazza 

Domenico Distefano, Vita nel cuore dell’amore e della fede, pref. Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 68, isbn 978-88-31497-49-7; mianoposta@gmail.com.

 

    

CARMELO CONSOLI: "COMMENTO AL LIBRO: "SEMI NUDI" DI FRANCA CANAPINI


Carissimo Nazario mi farebbe piacere inviarti le note critiche delle opere presentate alla Camerata dei poeti durante le nostre tradizionali " Tornate Letterarie" Il quindici Ottobre 2021scorso  abbiamo ospitato la poesia di Franca Canapini validissima poetessa di cui ti mando il mio commento sul suo libro e la foto dello stesso. Ti ringrazio per l'ospitalità che vorrai darmi sulla tua ormai famosa e incantevole isola, crocevia di illustri personaggi. Un abbraccio . 

Carmelo

Commento al libro “Semi Nudi” di Franca Canapini

 

Risulta coinvolgente e piacevole la lettura del libro “ Semi nudi”di Franca Canapini per quella mistura di realtà antica, sogno, magia  e consapevolezza esistenziale moderna presente dalla  prima all’ultima pagina, con il tutto rappresentato  attraverso un linguaggio poetico di grande  efficacia, bellezza e musicalità.

Il fil rouge che lega il libro,  specialmente nella prima sezione, è un ritorno dell’autrice ad uno stato antico di purezza e Grazia nella natura e nella propria armonia vitale con un tuffo rigenerante e amorevole verso il mondo, insomma un approdo ad una felice e antica innocenza  dopo essersi depurata da ogni contaminazione ambientale e di convivenza esterna.

Una sorta di legame  con  tutto ciò che la circonda  in modalità poetica, ossia un vivere poeticamente la vita.

L’autrice e la natura si legano dunque in profonda  simbiosi ed in un rinnovato  ritorno alle origini, a quel  suo seme nudo della terra appunto, ossia  ad una antica e arcana bellezza.

I temi cari da sempre all’autrice come la Natura, il Mito, particolarmente nella prima sezione dal titolo” Un anno a passi leggeri sulla terra”  si manifestano  ma in una nuova luce  di splendori misti a riflessioni sul senso dell’esistenza, in cui si prende atto delle fragilità dell’uomo e  del suo destino nell’universo.

E così la splendida e mitica rappresentazione dei paesaggi e delle stagioni, riportata al suo originario splendore dai ricordi si carica di una matura e consapevole nota di limitatezza, di inquietudine in cui anche  il senso della morte emerge donando  un particolare e maturo fascino alla sua scrittura.

Davvero interessante scorrere le pagine di questo volume e restare sorpresi da come la tensione emotiva resti sempre alta sezione  dopo sezione .

Architrave che regge il narrato e fondamentale supporto a questo interesse di lettura è rappresentato dal linguaggio poetico utilizzato dall’autrice, che si esalta in due tonalità.

Nelle prime due sezioni  con una sorta di composta, equilibrata continua e variegata  stupefazione di fronte agli orizzonti e agli accadimenti della sua terra, caricata di cromie e fragranze che non scade mai in sentimentalismi sterili ma che anzi induce ad una dolce riflessione e dove i versi risuonano di una pacata solennità, mentre nelle altre sezioni  il verso si impreziosisce con l’accesso ad un mondo onirico segreto e surreale che sorprende e affascina.

Si avverte senza dubbio di come la Canapini abbia la capacità di calarsi profondamente in una ipnotica fusione con ciò che descrive, di trasmutare con vera poesia la realtà esterna e di accedere a mondi afferenti a surreali fantasie, sempre con piena musicalità.

La raccolta affronta una ricca una carrellata di tematiche,  un percorso a 360  gradi nella  personalità umana e poetica dell’autrice , presenta  un DNA personale attraversato da non solo amore e pietas ma anche di spazi arcani  di espressione della parola.

   Ma entriamo nel dettaglio delle sezioni:

la prima ( la più corposa come opere presenti)  apre con una bella citazione da Tito Lucrezio Caro ( dal De rerum natura) ed è esplicitamente un felice ritorno, dopo la pandemia, alla sua natura selvatica dove abitano  affascinanti ricordi colmi di colori e fragranze, fauna e flora che teneramente si uniscono in un territorio materno e dolce.

Una semplice e trionfante felicità di epifanie riacquistate  talora  attraversa i versi dell’autrice che si ritrova immersa nel suo quotidiano spazio naturale di giorni e stagioni d’un tempo passato che ritorna mitizzato e incantevole.

Versi comunque non esenti da venature attraversate dal dubbio e dall’incertezza sul divenire degli anni e delle stagioni sulla fragilità e decadimento  degli uomini e della natura.” Chi siamo noi ombre in cammino, scrive e ancora i bellissimi versi: Come foglie noi/ accesi di bellezza, spenti di energia…./

Scorrono dunque  paesaggi, borghi, piane , cromie di albe e tramonti, silenzi e casolari abbandonati,  momenti e scatti fotografici   di quell’antico quotidiano nella loro arcana bellezza.

Significativa è la poesia “  Kairos  della prima sezione a pagina 40, quando cita: “Arriva sempre il momento giusto dopo il tormento e la bufera/”.

Nella seconda sezione  intitolata “Con dedica” la poesia si fa memoria viva e nostalgica di volti e persone scomparse, anche in modalità  traumatica, ricordo di figli e giovani con cui confrontare il tempo di ieri con quello di oggi sempre in un’ottica di amorevole accettazione del prossimo e condanna della violenza; una poesia simbolo di questa sezione è la bellissima: “ Chiedilo al ciliegio”, dedicata ai foreign-fighters .

Nella terza e quarta parte  la Canapini da una svolta introspettiva e particolarmente onirica alla sua poesia, rendendola maggiormente complessa, frastagliata e innovativa nel fraseggio poetico.

Dapprima con “Nella casa della matrioska” e successivamente con “La Sibilla del sogno”.

Una immersione alla ricerca di sé stessa direi, talora con divertita partecipazione e nel mondo della fantasia  dove scrive: “ Sono matrioska/nel mio palazzo di sette stanze/con sette porte comunicanti”e concludendo dopo aver visionato le varie stanze del palazzo con : “ Ma nella settima, infine/ sono seme nudo- fluisce l’acqua / dalla sorgente dell’intimità”.

Si fa forte il suo rifiuto di una realtà che non le appartiene e chiaro il suo accesso ad un inconscio surreale e  purificato, attraverso una suggestiva successione di versi  che caratterizza soprattutto l’ultima sezione del libro, appunto: “ La Sibilla del sogno”.

Qui torna a farsi sentire la sua voce di bambina e si  attua una sua netta  separazione dal corpo,  con una caduta  in una trance simile a  un vortice  che conduce a territori  di smarrimento,  sogno, fiaba, e filastrocca,  cadenze ipnotiche come nelle liriche “Blu flamenco” e “ DéJà vu “.

Concludendo insomma questo libro veramente lodevole si può definire  una silloge trascinante di notevole interesse letterario per i contenuti espressi ed i versi che li sorreggono, pura espressione del sogno dell’autrice di riconquistare  antichi valori e perdute leggerezze, ritornando così ai semi nudi della sua terra,  a quell’antico solenne silenzio che la caratterizza, alla sua ancestrale fragranza.

Carmelo Consoli

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 27 ottobre 2021

FRANCESCO PAOLO TANZI: "TUTTA LA VITA DA VIVERE"

Un'occasione da non perdere!

Sabato 30 ottobre alle 17,30 presso la Galleria arte Sempione di Roma si terrà una ulteriore presentazione dell'ultimo romanzo di Francesco Paolo Tanzj Tutta la vita da vivere

Ne parlerà il poeta e critico letterario Plinio Perilli, con l'intervento del critico letterario Sabino Caroni. 

Con Tutta la vita da vivere, Tanzj giunge al suo terzo romanzo. Si tratta di un racconto generazionale, nel quale il protagonista, un uomo di mezza età, all’improvviso sente il bisogno impellente di dare una svolta alla propria esistenza. Quella in cui si trova è una fase di transizione che lo porta ad abbandonare tutte le certezze della sua “vita precedente” e a vivere con lo scopo di ri-scoprire se stesso, l’essenza della sua esistenza. Quando finalmente si sentirà pronto a partire verso una nuova vita, però, un evento improvviso lo stravolgerà completamente.

Tutta la vita da vivere è una riflessione sull’imponderabilità degli eventi, sulla precarietà delle emozioni e sulle debolezze umane. Attraverso il suo malinconico protagonista, Tanzj accompagna il lettore nel complesso mondo dei sentimenti, dei legami vitali, senza mai lasciargli intuire l’inatteso finale del suo romanzo. La sua opera è complessa e articolata, riassume squarci di vita e sensazioni profonde, tracciando un percorso in progressione sempre vivo e attuale che induce il lettore a riflettere sulla condizione umana, sull’esistenza stessa dell’umanità.

 

martedì 26 ottobre 2021

GIAN PIERO STEFANONI LEGGE: "LA GRAZIA DEL TEMPO" DI JUANA ROSA PITA

Gian Piero Stefanoni,
collaboratore di Lèucade


Juana Rosa Pita, La grazia nel tempo (edizione bilingue italo-spagnola).

Deslinde Edzioni, Madrid, 2021.

Abbiamo già avuto modo di parlare della poesia e della figura di Juana Rosa Pita, poetessa, traduttrice, editrice cubana da tempo residente negli Stati Uniti piacevolmente intrisi di una scrittura nella grazia di un dialogo tra culture diverse ma quasi complementari, quasi allo specchio, quella ispanoamericana d'origine e quella europea (avendo vissuto tra l'altro per alcuni anni anche in Spagna), l'italiana soprattutto nello sguardo di propulsione della sua arte. Il tutto entro una fede nella vita da quella apertura di grazia e di tempo, nel tempo allora a proposito del titolo qui presentato, che le viene da una fede più alta, da quel Dio d'amore rivelato nel Cristo nel pieno affidamento a quella partitura a noi sconosciuta ma che il mistero nella sua musica proprio tramite noi interpreta. Discernimento, ancora, anche come da omonimo testo a pagina quarantacinque, in un "abbandonarsi a Dio,/alla sua pietà,/per essere protetti/ dall'arbitrio del mondo" che non va a chiudere ma splendidamente ad aprire nella intensità di una rivelazione che le viene dall'accompagnamento, dalla sua pronuncia in una parola sospesa tra gesto ed evocazione, e per questo libera, e dinamica anche alle intime sconfessioni di se stessa. Di noi stessi diremmo in quella bellezza che è il vero motore a cui - per cultura abbiamo detto, e per indole-  la poesia della Pita tende, a cui il suo mondo, nel mondo tende avvertendone tutta la possibilità di riemersione di ogni vita al suo"nido di luce" nella preservazione trasfusa in preghiera di una creazione che nel suo divenire mutante anche di noi abbisogna. Ed allora non a caso da questa soglia, da questa grazia nel tempo che ci comprehende e salva, il volume va ad aprirsi con l'omaggio sgomento in tre brani dedicati alla Vergine nel tema principe dell'Annunciazione risonante da altrettanti capolavori di Leonardo e Antonello da Messina. "Arca di una nuova alleanza" entro una scrittura netta, sicura, rispondente come il sì di Maria da cui poi tutto il fiume di rivelazione va a scoprirsi. Così la Pita, cui tutto ritorna come in una bambina che sa d'ogni cosa l'eco e il bisogno, saldamente legata al discorso mitico del mondo pure sa risolversi nell'intimità di una cartografia che nel dialogo tra interiorità del paesaggio e invito degli spazi finisce col divinarsi nell'intreccio sapiente dei suoi riferimenti qui nella collimazione del tanka negli ottantuno movimenti che vanno infine a definire il testo. Il tanka dunque, composizione poetica di origine giapponese nata il V° secolo d.c., di cinque versi (dai primi tre usati come poesia a sé tra nascendo tra l'altro l'haiku), come paradigma di una fonologica rappresentazione e conoscenza del mondo data nella collimazione armonica di un tempo ancora in origine, e per questo fedele nell'esatta quadratura dei suoi elementi, delle sue sillabe abilmente riportate dalla Pita al dialogo con la visione più occidentale, propria delle sue riflessioni, nella riprova di raffinate per noi allora disposizioni alla terra. "Dono fragile",  il cui dolore, le cui aspirazioni sono come raccolte in un canto che del cosmo e del piccolo si fa immenso pensiero, volo come d'uccello a cercare in alto d'ognuno la salvezza, nella pienezza di un senso che  viene dal romper le uova in alto. "Approfondire/estendendosi al certo/fondo divino:/il sangue che circola,/sconfinato, d'Iddio", questa dal tanka settantatre l'impronta di una ricerca a rompere il velo, o per meglio dire quel vizio del moderno a "dire che niente è reale:/vuota parvenza". Giacché "pur vola la farfalla/e la vede chi vive" nella lezione di una poesia che come "miglior balma:/velando armi ed anime,/al drago dà la morte". A partire da questo allora, da un sapere umilmente iscritto in tutta quella soglia a cui è chiamato, consigliamo la lettura di versi come angelicamente rivelati da un sogno:" Mi pronuncio nel cerchio/ di chiunque custodisca".

 

 

 

FRAMMENTI DI LUCE, DI MARCO ZELIOLI


GUIDO MIANO EDITORE

NOVITÀ EDITORIALE

È uscito il libro di poesie:

FRAMMENTI DI LUCE di MARCO ZELIOLI

con prefazione Marcella Mellea

 

 

Pubblicata la raccolta poetica dal titolo “Frammenti di luce” di Marco Zelioli, con prefazione di Marcella Mellea, nella prestigiosa collana “Alcyone 2000”, Guido Miano Editore, Milano 2021.

 

 

Frammenti di luce, di Marco Zelioli, è un’opera poetica che riunisce pensieri, principi morali, considerazioni, convinzioni, tensioni spirituali, osservazioni critiche, che hanno per oggetto aspetti e sentimenti fondanti del nostro vivere quotidiano. Quasi tutte le poesie sono inedite e di recente produzione – tranne qualche eccezione – come lo stesso autore precisa nella sua “nota di apertura”, nella quale egli ci informa anche – non senza un filo di malinconica espressione – che questa raccolta sarà la sua ultima opera poetica, poiché è sua intenzione dedicarsi alla prosa.

Il poeta Zelioli, come un drammaturgo classico, chiede pazienza e benevolenza ai suoi lettori, nella speranza – verosimilmente – di catturare la loro simpatia ed il loro affetto ed entrare, sostanzialmente, in empatia con loro. Obiettivo questo che, in verità, evidenzia la volontà dell’autore di stabilire una relazione, quasi dialogante, col proprio pubblico di lettori: da qui il tono quasi confidenziale e amicale che caratterizza la narrazione ed il linguaggio di tutta l’opera.

Questo aspetto è particolarmente evidente nella poesia Verso la fine (?) dell’opera, dove il poeta annuncia il suo lascito poetico al mondo, lascito per tutti, anche per persone che lui non conosce, e si accorge che è un lavoro difficile, ma lo fa con il cuore: si auto definisce, infatti, uno che «scrive versi con il cuore»: «Non è che sia così poi tanto facile / aprire il cuore a chi non sai chi sia. // Ho rinunciato a tanto nel mio piccolo / ma non a pubblicare questi versi. // Non troverai stanchezza nella voce / di chi ancor scrive versi con il cuore / anche se forse non ha più parole».

Dalla lettura delle poesie, e dalle note esplicative che accompagnano buona parte di esse, si comprende che il poeta Zelioli sente su di sé il difficile compito, il dovere morale quasi, di istruire il lettore, di indirizzarlo verso il bene, di offrire le sue sagge riflessioni e i suoi insegnamenti su temi e aspetti importanti della nostra vita quotidiana. Un velato intento pedagogico, in effetti, caratterizza tutta l’opera poetica dei Frammenti di luce e l’attraversa come suo sottile e illuminante filo conduttore. Lo scopo didattico della raccolta poetica, pertanto, è ben chiaro e si percepisce in molte delle liriche presenti nella raccolta. Non solo, tutta la raccolta poetica è intessuta di una grande umanità da parte dell’autore, da un profondo senso civico, da una forte spiritualità e da un’alta tensione etica e morale, che traspare da ogni verso e che sembra aspirare ad una umanità rinnovata, “umanizzata” verrebbe da dire, sempre e comunque sotto la guida dei grandi insegnamenti di Gesù e di un’incrollabile fede in Dio: «Avrebbe senso senza Te la vita? / Forse no. Non credo. Adesso non so. /…/ Per questo vale forse un buon consiglio: / guardarsi sempre dalla solitudine. // Non titubare oltre, cuore mio» (Luce all’orizzonte ultimo); «…Tutto andrà bene perché Dio ci ama. / Ne abbiamo un pegno: l’amore fraterno» (Andrà tutto bene).

L’opera Frammenti di luce è divisa in tre parti. La prima parte è intitolata Anche la più piccola luce nel buio risplende; ed è già un titolo che lascia trasparire non solo la poetica ma anche la filosofia di vita che caratterizza tutte le poesie in essa presenti. Sono squarci di luce e di speranza, in un mondo che presenta spesso ombre, con le quali bisogna convivere ma che abbiamo il dovere di illuminare, sembra dire il nostro poeta. In questa sezione l’autore tratta temi sociali e di attualità, ci parla della violenza che si registra in varie parti del mondo (Siria, riferita alla guerra civile siriana; This is the question, riferita alla Brexit e alle problematiche relative al processo di costruzione dell’integrazione europea), di problemi con la giustizia, della giustizia umana in contrasto con quella divina (Le tue prigioni, contro la mitizzazione della giustizia umana, senza considerare la sua fallacia); dell’eutanasia (Quando finirà?, con riferimento alla vicenda di Eluana Englaro); non mancano tuttavia decisi riferimenti ai sentimenti umani, come l’amicizia, la vicinanza, la solidarietà, commemorazioni di eventi familiari ed espressioni di empatia e sostegno per gli amici e gli uomini in senso universale (Buon compleanno amica mia; Pensiero sull’amore).

La seconda parte del libro, Frammenti di luce nel buio (I primi venti undici settembre), richiama nel titolo la tensione umana della prima sezione, fatta sempre di speranza, di “luce” che illumina nel “buio” della vita. Si tratta di una parte monotematica. Essa raccoglie, infatti, tutte le poesie dedicate ad un unico e grande evento, che ha percorso (e scosso) la storia degli ultimi vent’anni: l’11 settembre del 2001. Si tratta di componimenti scritti, di anno in anno, a partire da quella fatidica data e fino al 2020. Poesie che nonostante ripercorrano l’orrore provocato dal crollo delle torri gemelle e la morte di migliaia di persone, gettano una luce di speranza. La data fatale dell’11 settembre rappresenta un segno di rottura, la fine di un’epoca intrisa di malvagità e violenza e traccia l’inizio di una nuova epoca («Niente oramai sarà più come prima»); dalle sue macerie può nascere la speranza per un mondo nuovo, un mondo che può e deve essere ricostruito, grazie a una presa di coscienza collettiva, al risveglio delle coscienze. L’incipit di questa sezione è «Ho visto dove può giungere l’uomo», la sua «immane follia», con riferimento alle malvagità di cui esso può rendersi artefice, e sembra richiamare plasticamente l’acquaforte Il sonno della ragione genera mostri (1797) del pittore spagnolo Francisco Goya. La sezione si chiude, però, sempre con quel lume di speranza, alimentata e sostenuta da una grande tensione spirituale e da una profonda fede, che caratterizza tutta l’opera, e si materializza con l’invocazione della pace come strumento di convivenza civile e di amore a Dio.

Nella terza e ultima parte, Un anno di cantici (2020 - quasi degli inni sacri), probabilmente di memoria Manzoniana, il poeta affronta temi più squisitamente teologici e religiosi: i sette sacramenti, le virtù teologali, l’Epifania, il Natale, la Preghiera. Sono presenti, inoltre, alcune poesie dedicate all’evento principale che ha caratterizzato il 2020: la pandemia da Covid19, con tutte le conseguenze e le restrizioni che essa ha comportato. È presenta, infine, una brevissima ma intensa poesia dedicata alla beatificazione del giovane Carlo Acutis: «Tu, ragazzino beato, hai messo / il computer al servizio di Dio. // Aiutaci dal Cielo a far lo stesso» (Preghiera nell’era digitale). Anche i componimenti di questa sezione, come per i precedenti, ispirano ed elevano l’autore e lo trasportano in una dimensione spirituale forte e alta.

La divisione in tre parti (tre è il numero della Trinità e rappresenta la perfezione), l’uso del sostantivo cantico e alcune citazioni in Inverni e stelle («…Il ciclo della vita certe volte / è così stranamente aggrovigliato / che sembra cancellare la speranza / di uscirne fuori e riveder le stelle. /… Il tuo profumo, dono che ci reca, / insieme ad un sorriso di speranza, / l’amor che move ‘l sole e l’altre stelle») fanno riecheggiare, e mettono in evidenza la matrice culturale dell’autore e l’influenza dell’opera “divina” del sommo poeta.

Le tre parti in cui è suddivisa e di cui si compone la raccolta, apparentemente differenti tra loro, hanno, e fanno trasparire, una loro unitarietà, identificabile con la presenza di una forte tensione verso il “Cielo”, intesa come dimensione spirituale, religiosa e divina, e potrebbero essere lette, a ragione, come un intenso viaggio metaforico verso l’Assoluto, verso il bene Supremo.

A supporto di tutto ciò ci sono i temi trattati nella prima parte, che sono temi “terreni”, legati al vivere quotidiano degli uomini, cose belle (alcune ricorrenze) ma anche tante cose brutte: male, ingiustizie, la quarantena, che ci fanno pensare ad una terra-inferno. La seconda parte, pur partendo da una condizione di dolore straziante, di orrore, non nega la speranza; dopo l’attentato alle torri gemelle, dopo il dolore e la rabbia nasce la speranza dell’aiuto divino, la speranza di creare un mondo migliore (si legga la lirica Il settimo sigillo); la seconda parte dedicata all’undici settembre potrebbe riecheggiare il purgatorio. Nella terza parte il poeta tratta temi sacri, si innalza dalla sfera terrena verso una dimensione spirituale superiore e tratta temi teologici, cari alla tradizione cristiana. Questo ci fa pensare alla dimensione celeste: il Paradiso.

L’opera è tutta pervasa di luce: luce e speranza sono parole chiave, ripetute molte volte nei diversi componimenti. Il titolo, Frammenti di luce, si addice molto all’opera, in quanto ogni poesia offre uno spiraglio, un frammento di luce, anche nelle situazioni più disperate e buie. Il poeta conserva sempre un animo positivo, convinto che la speranza può sconfiggere oscurità e male. Speranza animata da una fede profonda, che non dà spazio allo sconforto, all’abbandono, alla resa, alla paura.

Il poeta è grato alla vita per i doni ricevuti, l’amore e le cose belle che hanno visitato la sua vita; le esperienze lo hanno arricchito e le vuole trasmettere agli altri: «Un giorno dopo l’altro, mai uguali, / sono passati fino ad oggi in fila / lasciandomi regali ad uno ad uno / dolci sovente, e talvolta amari, // ma tutti gocce di letizia al cuore / quasi confuso dalla troppa gioia» (Pensiero al mio tempo).

Animato da fede tetragona, l’autore non si avvilisce mai, non perde la speranza e vuole offrirla agli altri: «È la speranza tratto distintivo / di ogni uomo che confida in Dio / e in ogni dubbio riconosce bene / il limite di tutto ciò ch’è umano, / su cui l’Onnipotente solo vince; // e ciò produce sempre nuova pace, / certezza che il Male è ormai sconfitto. / Chi spera, spera contro la paura / perché non conta solo su se stesso» (Speranza).

Il poeta chiude la raccolta con una poesia tra il serio e il faceto, nella quale informa il lettore di aver scelto la forma poetica per trattare temi seri che avrebbe dovuto scrivere in prosa, con lo scopo di rendere gli argomenti più diretti e meno noiosi: «Se ho ceduto alla didascalia / scrivendo questi miei piccoli cantici, / non posso dir però che me ne pento / perché su certi temi occorre dire / le cose per benino e senza fretta. // A mia scusante invoco l’evidenza / che una poesia è più breve di un sermone / e spero anche un po’ meno barbosa / di un dotto pistolotto in bella prosa; // e se non è così vi chiedo scusa...» (Quasi autocritica).

 

In conclusione, tutte le poesie raccolte in Frammenti di luce sono un messaggio di speranza per l’umanità. Se è vero, com’è vero, che la poesia nasce dall’anima, nel poeta Zelioli questa verità diventa capacità di ascolto dell’anima del mondo, oltre che della propria anima. Frammenti di luce è poesia dell’esperienza umana e della tensione spirituale, in cui convergono significati profondi della nostra esistenza individuale e collettiva. La sua narrazione poetica mette a confronto felicità e sofferenza, libertà e sentimento, memoria ed emozioni, che nell’insieme esaltano il valore della vita. Una coralità di significati che esprimono le rivelazioni dell’animo umano dell’autore, dove la scrittura assume un ritmo che scorre sull’orlo dell’esistenzialismo e scandaglia le principali tematiche umane. Una suggestiva diffusione di echi, i quali si configurano come potenti messaggi di speranza contro i freni del vivere: la paura, la violenza, l’indifferenza, la solitudine, l’imponderabilità, l’incomunicabilità. Una narrazione, quella di Frammenti di luce, capace di creare immagini e rappresentazioni e suscitare emozioni come atto di grande potenza creativa, germinando cose palpabili allo spirito e alla mente di chi predispone il suo animo al canto dell’universo.

Il verso libero consente all’autore di trattare qualsiasi tema; il linguaggio semplice e d’impatto immediato, la fluidità del verso, l’approccio diretto con il lettore, rendono le liriche di piacevole e facile lettura e ritraggono un poeta che arricchisce le sue poesie con la sua solida cultura, la sua sensibilità e soprattutto con la sua grande spiritualità: e lo fa con grande eleganza e senza artificiosità.

Marcella Mellea

 

 

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L’AUTORE

Marco Zelioli (Monza, 1951) ha insegnato materie letterarie e diretto scuole statali in provincia e in città di Milano dal 1984 al 2015. Dal 1978 si è occupato di integrazione scolastica degli alunni con disabilità, seguendo le orme del padre, Aldo (1915-2008, ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione). È stato prima membro e poi coordinatore del GLIP (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provinciale per l’Integrazione scolastica degli alunni disabili) di Milano ed ha anche insegnato alla SSIS - Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Ha pubblicato le raccolte di poesie: Come spuma di onde (2017), Coriandoli di vita e di pensieri (2019), Briciole di vita (2020), Le mie lune e altre poesie (2021). Ha inoltre pubblicato i libri: Le parole dell’handicap (2001), Introduzione alla ricerca e all’uso dei dati scolastici (2002), Se l’handicap è nella scuola (2004).

 

 

Marco Zelioli, Frammenti di luce, prefazione di Marcella Mellea, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 116, isbn 978-88-31497-69-5, mianoposta@gmail.com.