DOMANI TU
VERRAI
Canti a S. Valentino
S’increspa il
lago verde dei tuoi occhi
s’incupisce
e mi
risucchia l’anima leggera
che vola a te
con ali di farfalla
Carla Baroni si è misurata con
questa nuova fatica che già dal titolo evidenzia la sua varietà ispirativa: una
silloge di 47 pièces, legate da un filo conduttore tematico, l’amore, visto e
trattato con quello sguardo sarcastico, ironico, e dissacrante, ma estremamente
appassionato, tipico della sua vena poetica. Si tratta, in definitiva, di un
canzoniere erotico-sentimentale, dedicato alla festa di S. Valentino, stagione
degli innamorati. E non è forse l’amore la causa scatenante di tutti i nostri
sentimenti? E la passione, la tristezza, l’edonismo, la gioia, la follia, la
gelosia, l’odio, la noia, l’umorismo e il male di esistere non sono forse
categorie dell’anima legate alla sopraffazione dell’amore sulla ragione, o
all’assenza dell’amore stesso, o alla sua piena esplosione? “Anche Cupido forse
gioca a carte / quando gioca coi fanti e le regine / e non guarda se sono
quadri o fiori / preso com’è da strapazzare i cuori” scrive la poetessa. O
ancora: “Amore mio tu solo hai l’antidoto / sottile, inebriante ed efficace /
per questo male oscuro che mi annienta”. Affermava La Rochefoucauld che,
considerando i risultati, l’amore si avvicina più all’odio che all’amicizia.
Mentre un poeta contemporaneo afferma che l’amore è un’infezione dell’anima che
si trasmette al corpo tramite la vista. Il fatto sta che in tutta la produzione
della Nostra questo sentimento occupa sempre un ruolo determinante,
direttamente o indirettamente; ed anche nelle opere più drammatiche, come
nell’ultima Rose di luce, edita da Bastogi, è preponderante in tutta la sua
molteplicità: amore per la madre, per la vita, per l’arte, per la poesia tanto
che tutte le altre manifestazioni sono consequenziali. Ma qui la scrittrice ha
voluto dare sfogo a quella vena di ironia che, presente nel sottofondo di tutta
la sua produzione, costituirebbe, anche, un elemento non indifferente
nell’eventuale trattazione della sua poetica complessiva. Troppo lungo, ma
estremamente interessante, sarebbe avvalorare questa tesi col ricorso a tutta
la sua produzione. Ma il sarcasmo con cui l’autrice scrive, ponendosi al di
sopra della vita con distacco quasi ariostesco, non è, forse, indice
d’attaccamento alla vita stessa, e coscienza del suo valore? E proprio per
questo, anche dai momenti negativi della sua storia, la poetessa sa trarre
forza emotiva, energia oggettiva e positiva che si traduce in poesia vissuta
con grande equilibrio. Pur giocando con i sentimenti, pur affondando la penna
per sdrammatizzare la portata del fatto di esistere, e ridurre l’esistenza a un
birillo da piegare al bowling, emerge sempre, in lei, quel senso di precarietà
a cui reagisce ironizzando sull’amore, materia prima della vita: “Nulla rimane
eterno, / nulla è definitivo / ed è davvero questo che m’angustia / quando io penso,
quando penso a te”. D’altronde sono proprio, per tradizione, quelli che
ironizzano sull’amore i più innamorati dell’amore stesso.
E per giocare ironicamente coi
significati ed il verso, l’autrice scandaglia i contenuti, li frantuma, ne fa
scempio, per poi ricomporre i tanti tasselli in un insieme organico e compatto,
umanamente vero: “Mi son fatta per te strega di giugno / per raccogliere
l’aglio e la lavanda / nella notte più corta dell’estate / […] / ma tu,
sveglio, ti fermi ad ammirare / lassù in alto i fuochi d’artificio / e non vedi
me lucciola di campo / che rigira ormai spenta attorno a te”.
Qui si tratta di poesiole, piccoli componimenti,
con cui l’autrice ritaglia momenti e fasi di questo sentimento, facendo uso,
spesso, dell’iperbole. Poetare nuovo, diverso da quello che la scrittrice ci ha
abituati a leggere. Diverso da quello ampio, fatto di espansioni, dove
l’aspetto narrativo primeggia. Ma a emergere è sempre una descrizione
finalizzata all’analisi psicologica, altro elemento portante del suo dire. Ed
anche l’utilizzo dell’ambiente esterno, del fattore idilliaco, converge ad
approfondire la tematica confidenziale: “Azzurrami con cerchi di vertigine /
presi dal cielo oppur rubati al mare, / rendimi fluida d’aria e di salsedine /
per circondarti tutto e penetrare / in te in ogni poro e in ogni cellula / per
vivere di te fino a morire”. E lo si vede, a proposito, dalla spontaneità con
cui tratta questo argomento, (l’amore), analizzato in tutte le sue
sfaccettature, rendendo funzionale il verso a soccorso delle diverse
ombreggiature, e facendo della parola il fulcro per un significante
metrico-figurativo importante. Una piena confessione in prima persona di una
passione che trascina il cuore in un’altalena di dubbi, supposizioni, gelosie,
aspettative, sofferenze, suppliche, speranze, illusioni e delusioni (tatuare il
nome dell’amato tra florilegi, incendiare colline intorno per ardere e divenire
l’Ecate al suo volere, farsi fluida per penetrare in ogni sua parte, odiare le
Feste per la sua lontananza, farsi nuova al pensiero del suo ritorno, o
confessare una morbosa gelosia per la lontananza dell’amato stesso). Ed è
frequente il coinvolgimento di una natura disposta e disponibile ad affiancare
il suo canto per meglio concretizzarne l’afflato: “Dai cedri che si incuneano
nel verde / a mitigare la cupezza antica / scende strobilo a strobilo una
dorata / pioggia a coprire le umide radici. / Tu sei per me il cedro quasi
azzurro / che mescola i suoi aghi al mio fogliame / di selvatica pianta
rifuggita / all’inclemente taglio della scure. / Ed io gioco con te al
vellicato / muoversi dei tuoi rami alla corteccia, / la mia corteccia pronta
già a morire”. Ma grido d’amore, alfine, canto catulliano per una Lesbia
universale o per un universale Romeo; un grido che sa andare oltre l’ironia per
festeggiare questa apoteosi, oltre l’attesa di un S. Valentino, facendolo santo
di ogni giorno. Mi diceva Maxime Dégas, poeta contemporaneo francese che ho
avuto occasione di conoscere alla fiera del libro a Francoforte nel 1993, :
“Ecrire sur la poesie sans aimer c’est comme attendre une récolte sans semer”.
E la Baroni ama. Sì!, ama la vita, la poesia, ama l’amore, perché sa, e ne è
convinta, che è l’alimento primo dell’arte. Ed è proprio giocando con l’amore,
elevandosi al di sopra della vita, che ne conquista una valente pluralità.
Dimmelo
caro, come vuoi sarò.
Sarò
strumento sotto le tue dita
che canta al mondo la felicità.
Nazario Pardini
Arena Metato 16/12/2011