COPERTINA |
E ti rivissi, vita,con un sentire lieve e tanto amato che in ogni fatto lieto o meno lieto,ma scampato, vidi un superbo dono
venerdì 31 dicembre 2021
giovedì 30 dicembre 2021
GIUSY FRISINA: "SINTESI DI UN DISCORSO INTERROTTO"
Giusy Frisina, collaboratrice di Lèucade |
SINTESI DI UN DISCORSO INTERROTTO
Schizzi impazziti d'inchiostro
Dalla tua elegante stilografica
E l' immaginazione senza potere
E le canzoni cantate in automobile
Sulle note dei festival
E le elucubrazioni interminabili
A inseguire il nulla
E il tutto
Noi che eravamo sempre noi
Fragili e forti della protezione
Di una campana di vetro.
Ma come api imbastite su arnie di luce
Potevamo sperare di esistere solo
Su un universo parallelo
Ed era filosofia senza vita
Nell'astrazione perenne
Ma a volte pura poesia
Come sola possibile forma di vita
mercoledì 29 dicembre 2021
ORAZIO ANTONIO BOLOGNA: "NOTA STRAVAGANTE SULLA SFINGE DI PIETRA" DI CLAUDIA PICCINNO
O. A. BOLOGNA, collaboratore di Lèucade |
ORAZIO ANTONIO BOLOGNA
NOTA STRAVAGANTE SULLA
SGFINGE DI PIETRA
di
CLAUDIA PICCINNO
La
Poesia, che aleggia sovrana e invita alla riflessione e inocula un messaggio
universale all’umanità colta nel suo travaglio interiore prima che esteriore,
merita attenzione particolare per l’eterea sfumatura, che l’avvolge e le
conferisce quel quid particolare, che l’animo percepisce e cerca in ogni
modo di coglierne i fremiti e i sussulti più tenui. La vera Poesia, però, è capace
di produrre anche grandi terremoti, forieri di profondo rinnovamento interiore.
Il
lettore attento e recettivo, al di là della sua formazione culturale, coglie
immediatamente la substantia d’una lirica e assimila quanto le scarne e,
a volte, ruvide parole veicolano col loro suono, con il loro intreccio nella disposizione
sticometrica. Il lettore aperto e sensibile alla Poesia non si ferma
all’esteriorità, a ciò, che è comunemente detto accidens; distingue il
contenente dal contento e con l’astrazione scevera e mette da parte gli
accidenti, per cogliere la substantia, che sola permette di raggiungere
e assaporare il messaggio veicolato.
È
confortante sapere, e vedere, che molti si dedicano alla Poesia, cercano di
elevare il loro animo al bello, si sforzano, nel loro piccolo, di trasmettere
un messaggio valido ai propri simili, di elevarsi al di sopra del popolino, del
vulgo sciocco di carducciana memoria. Tra tanti volenterosi e zelanti
manovali della Poesia quanto ciarpame viene prodotto, quante offese vengono
perpetrate a danno proprio della Poesia, della quale si dicono cultori! E molti
di questi si considerano grandi poeti solo perché hanno frequentato la prima
elementare e, pseudoprofeti della Poesia, dall’alto del loro tripode macedone
emettono giudizi rapportati, ovviamente, al proprio metro, piuttosto misero e,
oserei dire, a volte davvero meschino. Mai come in questo caso è vero
l’apoftegma di Protagora homo est mensura rerum. E proprio per
l’inconfutabile verità di tale asserto quanti si atteggiano a giudici implacabili
è bene che sappiano che il loro chiacchiericcio, il loro pettegolume proprio
delle lavandaie non offre base alcuna per un dialogo sereno, serio, costruttivo.
I grandi maestri della critica vera e intelligente offrono insegnamenti e
orientamenti del tutto diversi.
Tra le
poche, e significative voci, della vera e grande Poesia contemporanea in debita
considerazione va presa la produzione di Claudia Piccinno, la quale, come
apprendo da colleghi attenti e sensibili, ottiene successi e riconoscimenti non
solo in Italia e in Europa, ma anche in altre nazioni, come in Turchia,
Macedonia, in Cina, negli Stati Uniti. Il parere dei critici più significativi,
soprattutto nella regione balcanica, è concorde nel considerare la lirica della
Piccinno una delle voci più genuine e autentiche nel complesso e contraddittorio
panorama poetico contemporaneo.
La
raccolta, che, almeno per ora, concretizza in modo specifico la poetica della
Piccinno, è La sfinge di Pietra, alla quale ha rivolto l’attenzione più
di un critico e della quale tutti hanno messo in debita evidenza il costante rapporto
tra forma e contenuto, sempre chiaro, in linea con un preciso assunto morale e
paideutico, insito nell’animo della Poetessa, che con la sua scrittura si pone
come tramite tra l’Uomo e la Poesia. Claudia non cerca i facili applausi, non
si pone unica maestra di vita e di verità, non presume d’essere l’incarnazione
della Poesia: scava ogni giorno nel suo animo in cerca della verità, medita con
assiduità sui travagli dell’Uomo, cerca la Poesia riposto tra le pieghe della
psiche smarrita o contenta per le piccole gioie della vita. Conscia dell’umile
compito affidato al Poeta, torna sovente sulle sue liriche e, seguendo il
dettato di Callimaco, di Catullo o di Orazio, si piega in un assiduo e proficuo
lavoro di riflessione e di lima, che, alla fine dà alla luce solo pochi versi,
incisi sul brogliaccio non con l’inchiostro, ma col sangue grondante dalle mani
mosse dall’animo travagliato e inquieto.
Invito il lettore a percepire il fremito che vibra nella
breve lirica, che si riporta. I pochi versi con ovattato silenzio trasportano
immediatamente il lettore nel mondo metasensibile e gli imprime quel quid,
del quale avverte la presenza e del quale non riesce a rendere l’idea:
Mi annebbia la visuale
il tepore dei tuoi baci,
ne conservo l’alone
perché
io sono vetro.
La
breve composizione è contrassegnata col numero XL ed è collocata a chiusa della
breve, ma sostanziosa silloge. La Poetessa con tre settenari e un ottonario dà
vita a un magnifico quadretto, nel quale l’intimo calore dell’amore annebbia e,
a poco a poco, sfuma la travagliata esistenza, che circonda e avvolge con spire
soffocanti la trita quotidianità. Qui taccio, perché ogni parola, anche la più
appropriata, potrebbe rompere l’atmosfera creata dall’ovattato silenzio, rotto
solo dai baci e dai sottesi sussulti di due anime innamorate.
Le
liriche di Claudia Piccinno, di solito, nascono e scorrono nel maestoso alveo
del vero libero. Ma non di rado la Poetessa si lascia cullare
dall’intramontabile armonia della metrica, innata nell’animo sensibile e aduso
a percepire l’intimo fremito della Poesia. Nella sfumata tramatura della
quartina si avvertono echi di letture classiche, che riportano soprattutto al
Catullo dei baci da parte di Lesbia. Ma la poetessa tratta in modo diverso il
tema e con iuncturae assenti nel poeta latino ricrea un’atmosfera
diversa, più intima e sognante, che si perde al di là dell’alone lasciato
dall’alito sul vetro appannato. Nell’agnizione di lettura emerge immediatamente
il sottile legame col modello e la novità apportata dalla Poetessa, che pone
davanti agli occhi del lettore non la bocca o le labbra brucianti di passione,
ma l’alone impresso sul vetro. Il trapasso metaforico crea un’atmosfera di sogno,
dov’è sottesa la concretezza, la certezza, la dolcezza dell’effusione, scaldata
da amorosi sensi.
Sovente,
però, il critico, e i grandi maestri lo insegnano, lascia al lettore e alla sua
sensibilità l’agnizione ravvisabile nella lirica. Non escludo l’obbligo della
necessaria operazione filologica, talvolta, però, preferisco sottenderla per
appagare la soddisfazione del lettore e permettergli di giungere a risultati
altrimenti poco appaganti.
Non si può tacere, scorrendo la silloge, la levigatezza
del verso e la serena armonia, che lo attraversa nell’incalzare
dell’enjambement, che lega un quinario o un senario col verso successivo, come
si rileva nella lirica, contrassegnata col numero XXX:
la cinciallegra
sfuggì alla tormenta
e perse il canto
per lo spavento.
Un frullo d’ali
e si sollevò,
scorse il suo stormo
che l’attendeva
mentre muta
il
cielo fendeva.
Il
gustoso componimento, formato da due quadretti di grande suggestione, crea
subito un’intensa atmosfera di idilliaca serenità; immerge il lettore in un
paesaggio di sogno con la concretezza delle parole e delle immagini. Un velo di
impercettibile mestizia segue il volo della cinciallegra e con essa si perde
nel cielo bigio, attraversato dalla tormenta. La solitudine e lo spavento della
cinciallegra cessano appena raggiunge lo stormo, nel quale si confonde e si
perde. Claudia con questa lirica richiama alla mente del lettore il celebre
componimento di John Donne, Nessun uomo è un’isola. Con questa metafora
Claudia richiama l’attenzione sulla sensazione di solitudine, che cessa quando
la cinciallegra si unisce e si fonde nello stormo. Ciascuno avverte solitudine
e distacco, nonché difficoltà proprie d’una vita convulsa, turbata troppo
spesso dalle tormente.
Nella
breve lirica, come il lettore ha certamente intuito, non mancano suggestioni pascoliane
e carducciane, opportunamente assorbite e utilizzate in una trasposizione semantico-allegorica
con raro intuito, con raffinata sensibilità, con mirabile resa poetica, degna
dei più grandi maestri. Anche in questa breve lirica l’agnizione domina il
soggetto attinto da fonti lontane, ma vive, e lo presenta con un dominio
linguistico e semantico nuovo, vibrante di luce nuova.
I
riverberi del passato, libri ex libris, prendono di volta in volta forma
e fisionomia diversa; l’idea archetipa si infutura nell’obliterazione del contingente
prossimo, per risalire alle sfere oniriche di una meditazione senza i limiti
circoscritti nella contingenza del presente. Ciò permette alla Poesia di
trascendere il Poeta e di raggiungere chi avverte nel suo intimo più profondo i
riverberi di un fremito senza limiti né di tempo, né di spazio. Da tali presupposti
la Poesia mediante la sua funzione paideutica alimenta le nobili qualità
dell’Uomo e lo trasporta dalla miseria del presente nel sublime, costituito
dalla semplicità dei lessemi e dei sintagmi.
Come
Italiano e ammiratore della Poesia sono fiero di aver ricevuto qualche mese
addietro il seguente messaggio, che, privo delle notizie strettamente
personali, condivido con quanti si sentono orgogliosi della nostra produzione poetica:
«Centro di Cultura “Aco
Karamanov” Radovish, Macedonia.
Consiglio del 48° Incontro
di Poesia Karamanov.
Tre anni fa, il Festival
Internazionale di Poesia “Karamanov Poetry Meetings” che celebrava i 54 anni
dalla prima edizione, e il Centro di Cultura “Aco Karamanov” Radovish hanno
inaugurato il Premio Internazionale di Poesia “Aco Karamanov” per l’eccellenza
nella poesia.
Il consiglio del 48°
Karamanov Poetry Meetings ha accettato la proposta del presidente del
consiglio, il poeta Borche Panov, e ha preso una decisione sul vincitore di
quest’anno che è stato selezionato tra 30 poeti mondiali precedentemente scelti
da diversi paesi del mondo. Pertanto siamo lieti di annunciare che il PREMIO
INTERNAZIONALE DI POESIA “ACO KARAMANOV” al 48° Karamanov Poetry Meetings va
alla poetessa italiana CLAUDIA PICCINNO.
Una selezione di poesie di
Claudia Piccinno è stata tradotta in lingua macedone da Daniela
Andonovska-Trajkovska (dalla lingua inglese) e Borche Panov (dalla lingua
serba) e sarà pubblicata in un libro di poesie dal titolo “A Light Hole in the
Cathedral”- Foro di luce in cattedrale.
“La poesia di Claudia
Piccinno è un sublimato della dimensione umana in cui gioia e dolore, pace e
quiete sono percepiti come interferenza della forcella lirica del ventunesimo
secolo in cui stiamo perdendo l’umanità e stiamo sprofondando nella sordità
dell’alienazione in tutte le direzioni nella caduta della civiltà. La poesia della
Piccinno ha il coraggio di farci affrontare le nostre stesse paure, ci chiama
ad accettare e a superare i nostri errori, a stare dietro lo scudo della nostra
purezza di esseri umani, a riportare in auge il nostro coraggio in modo da
poter sentire l’adrenalina sotto la nostra lingua ancora una volta, per poter
essere vivi, anche osando la rabbia se necessario e per connettere l’arco delle
nostre vite umane sulla Terra con la nostra essenza in Cielo”».
Davanti
a così importante riconoscimento conferito da persone, che vivono e colgono la
Poesia, si può solo chinare la fronte e accogliere con umiltà e soddisfazione
l’ambito verdetto. Anche al giudizio, nel quale tutte le parole sono pensate,
soppesate e prese nel loro significato più alto e più nobile, deve essere
rivolta la dovuta attenzione, per coglierne il messaggio e l’augurio rivolto
alla Poetessa, perché continui nel culto delle Muse e con la funzione
paideutica insita nella Poesia contribuisca a diradare le tenebre
dell’abbrutimento, perché l’Uomo ritrovi se stesso nella comunità dei suoi
simili, viva la sua vera dimensione e tenda alla meta assegnatagli dalla
Natura.
martedì 28 dicembre 2021
CINZIA BALDAZZI LEGGE: "ANIME DI MAIOLICA" DI FLAVIO PROVINI
Flavio Provini |
Cinzia Baldazzi
legge «Anime di maiolica» di Flavio Provini
Flavio Provini
Anime di maiolica
Firenze, A&A Marzia Carocci Edizioni, 2021
pp. 92, € 12,00
«La sensazione della bellezza», suggeriva
Charles Sanders Peirce, «sorge da una molteplicità di altre impressioni». Perciò, la «formazione
di una sensazione» è determinata «da come è costituita la nostra natura, ed
esprime l’occasione in cui sorge la sensazione, o segno mentale naturale».
Entrano subito in campo, però, le convenzioni del linguaggio, le
quali esprimono «l’occasione in cui una parola deve essere usata»: in un simile
contesto, la scelta del segno linguistico non potrà che essere arbitraria.
Ebbene,
l’intensa poetica di Flavio Provini unisce con eleganza il macrocosmo della prima, ovvero «che qualcosa è bello», al microcosmo della seconda, cioè la «pluralità
delle impressioni naturali» confluita in una «parola definita».
Immediato
è il contatto con la beltà tra le pagine di questa silloge. Lo conferma, nella
prefazione, l’editrice Marzia Carocci: «Anime
di maiolica ci riporta alla delicatezza di un materiale
esteticamente bello e delicato accostato alla fragilità dell’anima umana.
Bellezza e fragilità».
Nella poësis d’esordio Anch’io vivo
come te, l’anafora in apertura delle sei strofe («Anch’io
vivo come te»),
attribuita alla Natura contaminata, alla Terra inquinata, sottolinea
con versi calzanti e ammonitori - mentre «mi difendo dagli sbuffi di gasolio», «m’ingrasso
di macerie abbandonate», «mi amo, e resisto, e lotto il male» - che, analogamente
all’essere umano, «infine muoio, proprio come te». Indugiamo così nel campo di forma-contenuto
di una conoscenza globale, composta di intuizioni tanto elementari quanto
convincenti: ecco quindi l’«aria», il «rispetto
del senso civico», il «materno conforto», il «sorriso del sole
più abbagliante» a varcare tutti insieme il dubbio, il
conflitto, la crisi attuale, collettiva, dell’Esserci (Dasein).
Tra le
pagine di Anime di maiolica avanzano complessi
simbolici di un genere umano dolente, sottomesso, disperato, comunque
consapevole di una propria sana dignità, di un energico impulso antagonista a
ogni sorta di male. Nello struggente Parco
giochi Paradiso, nell’ascoltare la voce di un bimbo, tra gli ospiti di un
centro Oncologico «che più non sono», in un
commovente scambio iconico tra l’esistenza materiale e il margine ultraterreno («Chissà
cosa troverò oltre le nubi») sfioriamo coscienti la soglia del tempo, oltre la quale
rivedremo tutti:
All’ombra del tempo rivedrò il tutto:
il laccio della chemio sul braccino
la nenia di papà, la chiesa a lutto
l’acero a sigillare il mio destino.
Riudirò solo il sussurro materno
il commiato rimasto nello sguardo
il sibilo di penna sul quaderno:
“arriverò anch’io, un po’ in ritardo”.
Il
volume, denso di immagini fotografiche a stampo realistico collocate a fianco
di ogni singolo testo, offre un mosaico ben costruito di eventi di cronaca
dimenticata, di situazioni sociali, di stati culturali-mentali, allargando lo
sguardo dal territorio milanese all’ambito nazionale, alla dimensione europea,
alle tragedie del mondo. Il percorso degli sfortunati protagonisti di Provini,
simbolo a loro insaputa delle peggiori ingiustizie di questa terra, si muove in
un fluire parallelo a quello effettuato dalla poetica dell’autore, secondo un
movimento generale della scrittura che lo studioso Angelo Marchese (riprendendo
suggestioni degli americani Wellek e Warren) così definiva: «Finiscono
col saltare le rigide barriere nazionali delle varie letterature ed emerge in
tutta la sua complessità la fisionomia unitaria del sistema, specie nell’età di
più intensa circolazione delle idee».
Pertanto,
transitando senza salti bruschi e immotivati in civiltà storicamente eterogenee,
giungiamo attoniti e partecipi, attraverso gli «endecasillabi per una piccola
profuga spirata sul barcone» (La
canzone di Jasmine), in
una vicenda dove la bimba, «da principessa su scivoli d’acqua», diviene
bruno corpo arreso alla corrente
di un mare che non dà scampo a nessuno,
truce rastrello di scialbe esistenze.
Al verso libero di Naufragio
è invece affidata l’evocazione cronachistica di un altro tragico affondamento:
Erano punti fermi quelle salme
vecchi immolati senza denti
bocche sazie d’urla delle madri
perline fragili ebano chiaro
lasciate lì da un Nettuno avaro
di tempo per loro.
Vengono da varie parti del mondo le
donne e gli uomini presentati da Provini: il giovane marocchino ora operaio nel
nostro paese (Samaad venuto da lontano), l’artigiano Zhao e il suo lavoro
oscuro (Sarto di notte), la giovane moldava finita preda dei protettori
(Katerina), la ragazza madre emigrata e le due facce del rito, cattolico
e ortodosso (I Natali di Halyna), e infine, in un ardito salto
geografico, lo sguardo della tredicenne bengalese costretta a prostituirsi nel girone
infernale di Kandapara (Gli occhi di Kamala). A loro, l’autore di Anime
di maiolica tributa l’omaggio di un verso “solidale” privo però di facile
commiserazione, in grado anzi di auto-imporsi una prospettiva lucida,
riflessiva, attenta alla formulazione metrica e prosodica: ne sono esempio i
due sonetti caudati Cronaca di una morte metropolitana, sulla fine
pietosa di un senzatetto, e Donne senza capelli, ambientato in un reparto
di oncologia femminile.
Secondo
Angelo Marchese, lo stato d’animo di un’opera «nasce alla confluenza
di una complicata trama di isotropie,
di percorsi semantici che non sono mai completamente chiusi nel testo».
Ebbene, lo status polisenso sviluppato
da Provini in simile chiave di ποίησις (pòiesis) appare frutto
di una ricerca stilistica ininterrotta, basata anche sulla coscienza della
comune indole misteriosa dalla quale rifioriscono i τρόποι
(tròpoi), ovvero i traslati caratteristici
del linguaggio retorico letterario. Tra i brani emerge un andamento ritmico
interiore, adeguato a illuminare una specie di fantasiosa prassi “imitativa”,
originale e avvincente, come quando l’autore affida a un giovane disabile
queste parole:
Ho
riempito il cuore con un libro
ho
abbozzato una pagina dopo la fine
un’idea
di sole oltre il confine
del
mio metro da cui osservo il giorno.
[da
Il mondo a un metro]
Leggendo Anime
di maiolica, allora, mi sono chiesta in qual modo scaturisse il messaggio
della ποιητική τέχνη (poietiké tèkne)
concernente il destino - la τύχη (tiùche)
degli antichi greci - come quello sintetizzato da Provini ne Il tulipano nero quando rivela, con un
abile uso delle “istituzioni” retoriche, la specularità della sorte tra un
bambino straniero adottato e un fiore oscuro da accogliere e curare:
L’ho
voluto così, violaceo e nero
in
sprezzo all’acredine del destino
che
lo vesserà per i petali illegali.
Ma
avrà acqua e luce nel mio giardino
perché
cresca solerte e fiero.
Al riguardo, ancora Marzia Carocci dichiara:
«La sofferenza umana e la realtà odierna s’intersecano fra la musicalità del
verso e la scelta delle metafore. Grazie alla sua abilità espressiva, pare di
vedere fra gli idiomi, le immagini, i movimenti e le lacrime di chi spesso
viene ignorato». La visione espressa dall’intelaiatura logico-intuitiva di
Provini è alterna, spietata, materialistica, in una sorta di utopico parallelo
a quanto Sergej A. Esenin affermava in un poemetto: «Il destino, avido
guardiano d’amore / Non per sempre la felicità concede. / Chi oggi era il
favorito – / Domani diventerà mendicante».
È come se le poesie del nostro autore, una
dopo l’altra, ospitassero “anime” vive e vitali, in grado esse stesse di
favorire l’interpretazione complessiva, «riempiendo di nuovo di significati la
forma vuota e aperta del messaggio originale» (per usare le parole di Umberto
Eco). Ciò garantisce altresì (sempre ricorrendo a Eco) che possano aver origine
«nuovi messaggi-significato, i quali entrano ad arricchire i nostri codici e i
nostri sistemi ideologici ristrutturandoli, e disponendo i lettori di domani a
una nuova situazione interpretativa».
Purtroppo, però, i giorni scorrono, si
sgretolano, precipitano, e tra l’oggi e il domani non esiste un nesso tanto
diretto. La sopravvivenza economica e la dignità personale si tramutano nel
loro opposto: la mensa sociale accoglie il padre di famiglia diventato barbone
(Pane quotidiano) e la donna sessantenne ridotta in povertà (Piccola storia semplice). Le sei quartine a
rima alternata di Bianca farfalla piegano questo meccanismo letterario a
tragiche conseguenze, accogliendo il lettore con un incipit dalla prospettiva
aperta e promettente:
Era
cortese, ligio, premuroso
dolce
e deciso da rassicurare
al
verbo attento, calmo, mai geloso,
un
uomo vero proprio da sposare.
Ma la discesa nell’abisso della violenza e
della degradazione è inarrestabile, fino all’atto estremo compiuto dalla donna:
Ormai
in quel cielo piove a catinelle
ed
io, farfalla bianca, ali a ritroso
sui
mille inganni, misera ribelle,
nel
buio piango, per quel colpo esploso.
In una poesia rivolta ai terremotati
scopriamo:
È
rimasta una lettera fra i sassi,
non
integra, solo la prima pagina,
il
vento non ha pace, non immagina
quanto
dolore langue sotto i massi.
Le
epistole raccontano la vita,
quello
che siamo, quello che facciamo,
certezze,
noie, sogni che tacciamo,
l’anima
che canticchia fra le dita.
Hanno
per sorte colla e affrancatura,
nuovo
corso negli occhi del lettore,
il
suo interesse, un filo di stupore
che
per il sodalizio è corda dura.
Tutto
così, se vi fosse un domani.
Ma
il terremoto scarica le penne,
straccia
le pagine, trancia le mani,
la
china smaga, nulla resta indenne.
[È rimasta una lettera fra i sassi]
Assai profonda è l’impronta etica nel
mosaico di segni-segnali della silloge. Ma la morale - concordo con Francesco
Alberoni - ha due radici, o componenti, della stessa importanza e del medesimo peso:
l’altruismo e la razionalità. Prosegue lo studioso: «L’altruismo è uno slancio
spontaneo che si produce continuamente nella società. Ci appare in diverse
forme. Amore materno, amicizia, solidarietà sociale, religiosa, militanza
politica, amor di patria, slancio e amore universale» e, sarebbe il caso di
aggiungere, contributi poetici e letterari. Muovendosi abilmente nel difficile
campo dove si confrontano passione e ragione, Flavio Provini rappresenta un
dolore ora circoscritto ora sconfinato, nel tentativo di indurre la gente, i lettori,
a cambiare, ad agire a vantaggio altrui trascendendo la propria individualità.
Forse, avendo analizzato e interpretato la morale moderna, il nostro autore deve aver compreso quanto essa coincida con la risposta al quesito formulato da Alberoni: «Cosa devo fare se voglio razionalmente realizzare il bene degli altri?». Flavio Provini, per ora, ha deciso di scrivere e dedicare a tutti noi questo suo libro. È un passo avanti obbiettivo, notevole per lui e per noi: un Wagnis, un’impresa a volte rischiosa, un’esperienza non priva di ostacoli, comunque un’avventura emozionante e accrescitiva.
Cinzia Baldazzi
Caro Nazario, in omaggio alla lingua
spagnola, ti invio la traduzione che un mio amico poeta del Peru ha
effettuato sul post di lancio di Facebook della mia recensione uscita su
Leucade.
Penso possa farti piacere.
Un caro saluto e buonanotte.
Cinzia
𝗔𝗡𝗜𝗠𝗘 𝗗𝗜 𝗠𝗔𝗜𝗢𝗟𝗜𝗖𝗔
La scrittura di Flavio Provini si muove
abilmente nel difficile campo dove si confrontano passione e ragione,
rappresentando un dolore ora circoscritto ora sconfinato, nel tentativo di
indurre i lettori a cambiare, ad agire a vantaggio altrui trascendendo la
propria individualità.
I protagonisti di “Anime di maiolica”,
l’ultima sua raccolta poetica, sono preda delle peggiori ingiustizie di questa
terra: ma un cono di luce, tutt’altro che imponderabile, li illumina. A loro va
lo sguardo del poeta e la parola, nostra e sua: l’aura è dunque solidale,
partecipata, ma anche razionale e riflessiva, nell’elaborazione di una forma
letteraria assai strutturata come quelle che amo leggere perché mi piacciono ma
mi impegnano. Sempre, quando è necessario.
“Alla volta di Léucade”, il blog del
professor Nazario Pardini, ospita la mia recensione al libro di Flavio Provini.
Buona lettura.
CINZIA BALDAZZI LEGGE: "ANIME DI
MAIOLICA" DI FLAVIO PROVINI
Flavio Provini Cinzia Baldazzi legge
«Anime di maiolica» di Flavio Provini Flavio Provini Anime di maiolica Firenze,
A&A Marzia Caro...
Cinzia Baldazzi y un
gran artículo os invito a leer:
La escritura de Flavio Provini se mueve
hábilmente en el difícil campo donde la pasión y la razón se enfrentan,
representando un dolor ya sea limitado, como ilimitado, en un intento de
inducir al lector al cambio, a actuar en beneficio de los demás trascendiendo
su propia individualidad.
Los protagonistas de "Almas de
mayólica", su última colección poética, son presa de las peores
injusticias de esta tierra: pero un cono de luz, lejos de ser imponderable, los
ilumina. La mirada del poeta y la palabra, la nuestra y la suya, van hacia
ellos: el aura es pues solidaria, participativa, pero también racional y
reflexiva, en la elaboración de una forma literaria muy estructurada como las
que me encantan leer porque me gustan pero me comprometen. Siempre, cuando sea
necesario.
“Alla volta di Léucade”, el blog del
profesor Nazario Pardini, acoge mi reseña del libro de Flavio Provini.
Disfruten la lectura.