PREMIO
NAZIONALE DI POESIA AECLANUM – 36^
EDIZIONE
UN
PREMIO SPECIALE IN MIRABELLA ECLANO
di
Maria Luisa Daniele Toffanin
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Maria Luisa Daniele Toffanin |
Il Premio
Nazionale di Poesia “Aeclanum”, organizzato dall’Associazione Culturale “Linea
Eclanese”, dal nome della ridente cittadina sannitica e poi romana, ormai alla 36^
edizione, è memoria viva di Pasquale Martiniello, suo ideatore, e ora
proseguito dalla figlia Luisa, il marito Antonio, i giovani Antonella e Lorenzo,
insomma dalla famiglia stessa ma anche dall’anima culturale di Mirabella Eclano
stretta intorno alla figura di questo personaggio eccezionale. Sì, perché di
Pasquale rimane la forza della sua poesia, espressione di impegno sociale e
civile, ma anche tutta la sua opera illuminata di sindaco, testimoniata dalle
scuole materne, dai licei classico e scientifico a cui ha dato vita rivelando
sensibilità per la famiglia, la cultura e i giovani. Per questo il pomeriggio
della premiazione si è aperto con le parole di Luisa in ricordo del padre e con
quelle del vicepresidente della giuria Antonio Crecchia (poeta, scrittore, critico
letterario, saggista già creatore della monografia “L’evoluzione poetica,
spirituale ed artistica di Pasquale Martiniello”, e impegnato in una successiva
sempre sullo stesso) che a lungo si è soffermato con la sua metodologia di
ricerca sul mondo poetico e sul linguaggio del Nostro, come già molti altri
critici. Lo stesso Presidente della giuria Nazario Pardini, devoto amico, ne ha
recensito molte opere di cui si dirà successivamente. Giuseppina Dispirito ha
poi analizzato l’ultima silloge poetica di Luisa, Dirigente Scolastico a
Milano, proprio sui sentimenti della donna migrante. Un pomeriggio quindi di grande
spessore culturale vissuto nel Centro Parrocchiale di Santa Chiara e reso
particolare dalla preziosa presenza di Franco Roberti, già procuratore nazionale
antimafia e antiterrorismo, ora Assessore regionale alla sicurezza e alla
legalità della Regione Campania e inserito in altri importanti ruoli. Il
Procuratore ha voluto onorare il Premio Aeclanum, i luoghi del suo lontano
impegno professionale a Sant’Angelo dei Lombardi, intervenendo gentilmente alla
premiazione di Maria Luisa Daniele Toffanin. Nel suo intervento ha espresso
chiaramente l’esigenza di tenere viva ovunque la cultura e di creare ponti
attraverso essa tra le varie parti dell’Italia come possibilità di sublimazione
dell’anima, di maturazione del pensiero e quindi speranza di una vita migliore
per l’uomo, manifestando un sincero interesse, un sotteso impegno per sostenere
tali iniziative. Molto applaudite le parole di Franco Roberti il quale a sua
volta ha partecipato alla premiazione dell’autrice che ha conseguito il primo
premio per la silloge “Dal fuoco etneo alle acque polesane”. Il premio
consiste, oltre ad una medaglia d’oro ricordo della famiglia Giacalone, in un
raffinato quadro d’argento, e nella seguente motivazione redatta dalla stessa
Luisa:
Si
condivide con la poetessa un volo con la silloge edita “Dal fuoco etneo alle
acque polesane” in cui ci si sente fioriti
d’avventura / ninfee vaganti nel cielo sconfinato in nome e per conto della
poesia, che diventa l’occasione per tessere un invisibile, ma tenace legame tra
la terra veneta e la terra siciliana. È un necessario riappropriarsi del mito
della sacra montagna che trattiene nel suo grembo di roccia un arcano mistero, vestale della fiamma che con le sue vertigini di luce squarcia la coltre della notte e pretende rispetto, suscita apprensione, suggerisce presagi.
Colori, suoni, profumi consolano l’animo cullato ancestralmente dall’onda flautata, che si perde negli orizzonti / di speranze sconfinate,
che comprende i ritmi lenti, ma vittoriosi dei morbidi cuscini di verde che si interfacciano al brullio di lava cenere alternati alle
ginestre, miti fuochi d’artificio sul
cuore pulsante della terra etnea. A confronto la terra padana di foschie /malie svapori / slarghi inattesi
si sole / fra fondali d’umile perle, la malia di ricordi / infanzia tra un soffiare salmastro che prospettano tra
acqua e terra promessa d’illuminati spazi
e /presagi d’Eterno. Un canto carezza gli argini fioriti di pioppi o il
lembo di sabbia su cui si posano i
gabbiano / come nostri pensieri / al riparo dall’onda e se pure il sole
disegna reti d’oro // nell’acqua della
sera il pensiero è veliero, è libertà che sconfina e la sera stessa diviene
offerta di luce. L’omaggio ai luoghi
cari come ai fanciulli di casa è terapia all’anima, tornare è riprendere
coscienza di se stessi, è elevare un inno di lode al Dio della vita, sentirsi
creatura nel Creato.
Presente
era anche l’altro figlio di Pasquale Martiniello, Alfonso, cardiologo a Napoli.
Presenze, riflessioni, parole di rilevanza eccezionale hanno caratterizzato
questo Premio Aeclanum, proprie dei grandi momenti della vita in cui umanità e
cultura convivono intimamente. Ma è stato anche un modo per ritrovare vecchi
amici: Rosa Spera di Barletta (primo premio per poesia singola) e Ignazio
Gaudiosi di La Spezia (terzo premio per libro edito). È giusto ricordare anche
tutti i membri della Giuria presieduta dal grande Nazario Pardini: Antonio
Crecchia e Franca Canapini (poetessa, scrittrice), Mario A. Iarrobino (critico
letterario) e Carmelo Consoli (poeta, critico letterario). Hanno reso armonioso
l’insieme le letture di Luisa Martiniello e le intense interpretazioni della
figlia Antonella.
Affettuoso
il buffet realizzato da tante mani che lo hanno reso gustoso e particolare per
i piatti caratteristici del luogo.
Piace
andare fra le parole di Pardini e scoprire la tempra etica di Pasquale
Martiniello che coi suoi tipici accostamenti zoomorfi … si affida alla
calzante metafora de La cavalletta: l’avidità
senza freni, l’animale che mangia, distrugge e divora con la cupidigia tipica
della classe dirigente e degli squali dell’economia.
E col
suo copioso fluire verbale critica un mondo che non sente più suo, però
ritrova sotteso uno scrigno di valori, di semplicità, di vicinanza umana, forse
anche arcaico, e persino bucolico, cucito d’amore totale, di intenti di pace e
correttezza morale. Pasquale manifesta sempre un eroico realismo
di fronte al dualismo vita-morte: “Sono un seme sgusciato/ aperto al
dolore e al rapace// Spiga inaridita dal sole in attesa/ della falce”. Sa
sempre rinnovare il suo ardore lirico acceso a
raffigurarsi
in spazi e figure che lo concretizzino. Qui il male e il bene si
contrappongono resi a tinte forti o pacate ma anche si aprono in immagini di
speranza legate alla terra, al Natale, all’attesa di altri
tempi, dove il cielo era blu, gli alberi d’oro e dove la semplicità la faceva
da padrona. E qui rievocato da Pardini, Martiniello rappresenta un po’
le attese anche della mia casa, della mia stessa infanzia costituita da piccole
cose che si fanno di per sé poesia e danno rifugio, conforto all’anima mia, di
Pasquale e di ogni uomo. Pur nel suo impegno civile, il nostro si rivela sempre
un lirico che si nutre di “cieli fioriti”, “battiti di campane”, “mela rossa”,
“Bambino”, “casolari”. Un poeta quindi che ama la vita e la sa
rendere poesia e di essa si alimenta per trovare il suo mondo di pace confermando
nel 2009 in “La cavalletta” il suo stile, i suoi intenti, la sua carica umana.
Infatti, andando a ritroso nel tempo, ad esempio in “Il formichiere” (2008) e ne
“Le faine” (2007) annotiamo già questa cifra del suo poetare. Leggendo “Il
Formichiere”, sottolinea Pardini, con quell’empatia che solo l’amicizia sincera
sa avvertire, sa esprimere: ho vissuto il tuo impegno civile e politico in piena
comunione con i miei principi. L’opera mi è parsa pungente come al solito: ma anche
liricamente più saporosa … esonda dai suoi versi una cifra
etico-stilistica sempre più ispirata da un desiderio di panica simbiosi col
mondo che vorrebbe, con la natura che arcaicamente gli sorride, con un popolo
agli antipodi di quello che quotidianamente viviamo. Si
avverte anche l’aspirazione ad un nuovo mondo di frecce di rondini perché
Siamo soffio
di primavera e malato/ autunno presenze vacue fumo nuvole/giocate e straziate
dal vento, immagini visive che rendono il messaggio più
autentico soprattutto della caducità della vita la cui coscienza dovrebbe
sollecitare ad un’armoniosa convivenza negata e rifiutata dalla società. Ma
Martiniello, accanto alla sua coscienza civile, alle sue malinconie svela l’amore
per il bello, per l’uomo per cui varrà sempre la pena migliorare come i suoi
versi ci dicono proprio incitandoci a ritrovare l’innocenza dell’età dell’oro riscaldati
dal fuoco del ciocco e dalle voci incantatrici delle favole. Un mondo quindi
auspicato in cui l’uomo possa cercare l’armonia dell’essere insieme fiduciosi
gli uni degli altri, il giorno, la notte, nell’innocenza ritrovata. E questo
insieme di critica accanita della società, questa coscienza del bene e del
male, questa speranza si ritrovano un po’ in tutta l’opera e ne “Le faine” in
particolare. Sempre nelle allusioni zoomorfe, metafora dei comportamenti umani,
il suo dire civile diventa ancora più affascinante in quanto il verso è il
risultato di equilibrio classico e al contempo innovativo fra dire e sentire.
Colpisce soprattutto la continuità ispirativa, la presenza costante di un
grande cuore che ha maturato vena artistica, fonemi espressivi, accorgimenti
stilistici attraverso la sua vicissitudine umana. Martiniello è ora maestro di
un’orchestrazione che fa della sapienza metrica e stilistica un supporto
significante all’armonia del canto. E l’autore in quest’opera riesce a
metabolizzare tutto il suo mondo nei contrasti tra bene e male, nella gravezza
di problemi sociali e lo rende a tal punto suo, viscerale che non vi è più
distinzione tra impegno e lirismo: lirismo che raggiunge i suoi più alti toni,
quando Martiniello si abbandona liberamente a nostalgie o sentimenti di
amicizia e di amore come nel ricordo del padre: “Sei la stessa grazia di Dio
che per te / decide il taglio degli innesti e l’avvento / del volo mite dei
colombi Il mondo / è il tuo cuore aperto a fertili futuri”. Acqua pura questi
suoi versi di cui dissetarsi scoprendo un mondo diverso.
Pardini
quindi come recensore dal sapiente spirito critico e dal profondo senso di
amicizia ci svela l’anima di un uomo dalla voce profetica di verità civili,
sociali oggi ancor più attuali anzi endemiche nel nostro contesto storico.
Quindi una voce eterna, quella della poesia, che parla dell’uomo all’uomo per
farlo riflettere su se stesso.
Maria
Luisa Daniele Toffanin
23/09/2018