giovedì 27 febbraio 2014

PASQUALE BALESTRIERE SU "INTERVISTA A GIORGIO LINGUAGLOSSA"

Penso che i contenuti dell’intervista si possano complessivamente condividere. Con qualche riserva, però. Intanto Czesław Miłosz ha esposto la sua rispettabilissima idea della poesia che fa capo alla sua esperienza della vita. E dunque è qualcosa di soggettivo, che può trovare consonanze più o meno vaste, parziali o totali. Linguaglossa condivide quell’idea, l’accetta in pieno e se ne fa paladino. Io ho qualche dubbio.
Vediamo. La prima affermazione di Linguaglossa -la vera poesia è quella scritta da un uomo libero per cittadini liberi-, che avevo in un primo momento immediatamente condivisa, mi ha richiamato subito alla mente i casi illustri del “cortigiano”Ariosto, dello sfortunato (e conformista) Tasso e del semiprigioniero Leopardi che sembrano confliggere con l’assunto di Linguaglossa. A meno che questi non alluda a una libertà interiore, che però già sarebbe una mezza libertà. Perché, quanto a poesia, quei tre Signori, con vistose menomazioni della libertà, ne hanno fatta di vera e grande. Anche se non so quanto fossero liberi il pubblico e i lettori dell’epoca. Ma forse Linguaglossa vuole semplicemente riferirsi con la sua affermazione ad una poesia di forte impegno civile. Che però è solo un aspetto della poesia.
Non mi convince neanche l’idea contenuta nell’incipit dell’Ars poetica di Miłosz: “Ho sempre aspirato a una forma più capace, /che non fosse né troppo poesia né troppo prosa” . La teorizzazione della prosa poetica (o “forma ibrida” ch’è lo stesso) come superamento e come futuro della poesia, solo perché la forma di quest’ultima è poco “capace”, mi pare un’autentica assurdità. Soprattutto perché, oltre la già grande varietà di versi e metri, la poesia italiana possiede i versi lunghi ( di dodici, tredici, quattordici, di sedici, di diciannove sillabe!) buoni per tutti gli usi (poetici). 
Poi bisogna capirsi. Se vogliamo scrollarci di dosso ogni regola perché ci appare come un dogma, un’inutile costrizione, beh, allora uno può prendere qualsiasi strada. Può anche capitare che l’accapo lo detti la pagina, se non lo sceglie il poeta. E poi l’ampio respiro alla poesia non lo dà “una forma più spaziosa” ma la forza e la qualità del creatore (o, più modestamente, del “faber”). 
Certo la prosa poetica non è invenzione recente. E può avere una sua vita. Non però come futuro della poesia: che è ritmo, armonia, musicalità, emozione intensa e profonda, grazia, bellezza, forza e tante altre cose; che reclama il suo linguaggio e la sua misura. Perché la poesia, al di là di tutte le teorizzazioni, le interpretazioni, le etichette e le mode del momento, continuerà ad avere vita SUA. Ha solo bisogno di buoni interpreti. 
In ultimo, è mia convinzione che chi scrive, in versi o in prosa, non debba farsi influenzare dal mercato o dal pubblico. Se lo fa, è solo un mentecatto che va in giro con il cappello in mano, in cerca di un obolo pietoso.
D’accordo su tutto il resto.
                                                Pasquale Balestriere



UBALDO DE ROBERTIS: "L'EPILOGO DI MAGELLANO", E POESIA

Autore Ubaldo De Robertis
Titolo L’epigono di Magellano

Edizione 2012 © Associazione Akkuaria
ISBN  978-88-6328-156-9
pagg. 190 

euro 12,00
Due storie, quella di un giovane ricercatore di Fisica della Pisa di fine secondo millennio e di un gatto apparentemente separate, ma in realtà strettamente intrecciate fino a sovrapporsi e a fondersi, si snodano in un romanzo denso di riflessioni e sentimenti, di sogni e delusioni, di propositi e fallimenti, di analisi spietate, il tutto sorretto da una robusta ironia. Il protagonista appare come una persona viva, reale, in cui tanti lettori possono riconoscersi. Il giovane, assillato da topi, esperto di tecniche di cattura, nutre velleità letterarie, ma dà alle fiamme il suo romanzo così finisce per identificarsi con Bulgakov, e persino con il Maestro. Non a caso ha un’amante di nome Margherita. Il racconto, avvincente, procede in modo lineare (con alcuni opportuni flashback che arricchiscono il quadro) come in una sceneggiatura cinematografica, per segmenti in sé compiuti, sintetici e illuminanti, grazie anche a un linguaggio asciutto, adattato alla varietà degli ambienti, delle situazioni e delle peculiarità psicologiche. (Michele Battaglino)
….in quanto gatto non può accedere nel proprio mondo interiore…d’altra parte io, disponendo della facoltà di farlo, continuo a sentirmi estraneo al mondo…l’evoluzione ha prodotto in me uno stato imbastardito? L’istinto della bestia si è affievolito, e ora ci si mette anche la decadenza del linguaggio…

http://www.associazioneakkuaria.it/?p=3232

                



L’epigono di Magellano dello scrittore Ubaldo De Robertis

La vita di un giovane ricercatore di Fisica, aspirante scrittore, e quella di un gatto un po filosofo si incontrano e per un po di tempo si intrecciano. Intorno a loro gravita un variegato universo di personaggi
fortemente caratterizzati dal punto di vis
ta psicologico.
E
questo il mondo ritratto dal romanzo edito per i tipi delle Edizioni Akkuaria di Catania nella collana Europa la strada della scrittura, diretta da Vera Ambra.
Il protagonista del racconto è una figura dinamica, che procede a due velocit
à: combattuto tra lamore verso due donne, inizialmente non sa ancora che cosa fare della sua vita. Anche la sua sofferta creazione letteraria, ispirata al capolavoro di Bulgakov Il Maestro e Margherita, diventa vittima sacrificale della smaniosa insicurezza che lo attanaglia e quasi lo paralizza. Tuttavia, grazie principalmente al suo gatto,che altri non è se non il Magellano del titolo, il giovane fisico cambierà i suoi punti di vista e col trascorrere del tempo imparerà ad apprezzare la vita e ad amarla.
In questo romanzo De Robertis ci ricorda come talvolta si cominci ad amare la vita stessa proprio quando ci accorgiamo di essere sul punto di perdere tutto.
L
autore vuole dimostrare che ciascuno di noi può ricercare la propria identità più profonda e individuare il ruolo riservatogli nel mondo solo prestando attenzione alla propria voce interiore.
Una tematica alla Coelho, insomma, ma narrata in forma meno didascalica e certamente più intimista. I personaggi, che per il sudamericano sarebbero stati dei modelli, escono invece dalla penna di De Robertis come persone reali, nelle quali ognuno di noi si può specchiare.
Lo scrittore, marchigiano di nascita e pisano d
adozione, da anni è presente nel panorama letterario cittadino,e non solo, con le sue opere in prosa e in poesia, tra cui ricordiamo una per tutte la silloge Se la Luna fosse un Aquilone. Vastissima è anche la gamma di premi e riconoscimenti ricevuti in questi anni dallo scrittore. A dimostrazione dellinteresse suscitato dalloriginalità dello spunto da cui il romanzo trae origine e dallopera  maieutica che lautore compie sul percorso interiore dei suoi personaggi, il libro è stato presentato lo scorso anno alla fiera internazionale di Pechino.

                                                       Maria Fantacci

pubblicato sulla Rivista Il Fogliaccio  n.427 del 17 GENNAIO 2013



BIOGRAFIA

Ubaldo de Robertis, ricercatore chimico nucleare, membro dellAccademia Nazionale dellUssero di Scienze, Lettere, ed Arti.
È autore de Il tempo dorme con no
i, Primo Premio Saggistica Giovanni Gronchi 99, e di numerosi racconti:
Gli Uomini nascosti, Primo Premio ARCA, Roma,
03.
La Stella del Nord, Keltia Edit. Premio Interlingue
05.
Centoventi, novanta, cinque, Felici Edit.
Lei, Primo Premio Fazio degli Ube
rti,06.
Il falco il cavallo e il nano, Premio Firenze
06.
Come un inganno, Felici Edit.
07.
La Borsetta, Caravaggio Edit. Premio Trifolium
08.
La Stilografica, Premio Speciale Scrivere di Sport,
08.
L
intervista impossibile, Premio Mario dellArco, 08.
Il ras, Keltia Edit. Premio Interlingue
08.
C
è Rembrandt Fuori le Mura di S. Paolo, Premio Accad. F. Petrarca, 2011.
In pubblicazione il primo romanzo: L
’'Epigono di Magellano. Sue composizioni poetiche sono apparse in Antologie e Riviste Letterarie.
Pre
mio Speciale M. Tobino, 04.
Primo classificato al Premio Torre Pendente,
06.
Primo classificato al Premio Orfici,
08.
Terzo Premio G. G. Belli,
08.
Premio Speciale La Nuova Poesia, Modena
09
La silloge Sovra il Senso del Vuoto, Nuovastampa Edit ha con
seguito il Primo Premio Orfici Omaggio a D. Campana 09.
La silloge Riverberi, Puntoacapo Edit, ha conseguito il II Premio Astrolabio 2011.
Premio Speciale Dante al Festival della Cultura, Roma 2011.
Terzo Premio poesia inedita Antica Badia di S. Savin
o, 2011.
Il libro Diomedee, Joker Edit,
08, ha conseguito il Premio Antica Badia S. Savino, e il Premio Zorini.
In pubblicazione la raccolta di nuove poesie: Se la Luna fosse
un Aquilone.


POESIA



Presagio


Fuori del mare…
alberi svestiti di vele
la sferza dei venti che scompiglia
drizze di randa ed amantigli
schiume increspate
fremono in muraglie

Sarà il nocchiere
creatura senza nome
uomo dello scandaglio
non l’opera morta
non l’immersa carena
ad aprirsi in squarci
a cedere…per primo




Tratta da: Se la Luna fosse... un Aquilone, Limina Mentis Editore, 2013

UMBERTO VICARETTI SU: "LETTURA DI TESTI DI AUTORI...", DI N. PARDINI


Nazario Pardini: Lettura di testi di autori contemporanei
The Writer Edizioni. Milano Pp. 776


A voler dare anche solo una rapida scorsa a quest’ultima fatica letteraria di Nazario Pardini, non può sfuggire al lettore la sorprendente, felice facilità con cui egli entra nel mondo poetico-culturale degli autori (e in questa ponderosa “Lettura di Testi di Autori Contemporanei” essi sono una miriade!...) a cui è toccato il privilegio di imbattersi nella sua penna di critico (e poeta, scrittore, saggista) straordinariamente versatile, profondo, appassionato. Se poi si entra nel dettaglio dell’opera e si tenta una lettura dei testi più rigorosa e consequenziale, ci si rende conto che ogni pagina può tranquillamente costituire un punto di partenza, che ogni recensione, ogni saggio, intervista, nota critica, può rappresentare il bandolo di una matassa che, dipanandosi agevolmente, ci accompagna per mano come un miracoloso filo di Arianna, consegnandoci alle diverse pagine senza soluzione di continuità, senza scarti né divaricazioni. Solo che, mentre nel mitico labirinto di Dedalo Teseo seguiva il filo per riguadagnare la salvezza, nel suggestivo labirinto di Nazario Pardini il lettore individua la salvezza nel labirinto stesso: è lì la luce, lì sono le molteplici vie di fuga, lì si avvera il miracolo della salvezza. 
E in quel felice groviglio di voci e suoni, di timbri e di fonemi, di seducenti variazioni semantiche e suasive alternanze di ritmi e di stilemi, il lettore si lascia docilmente guidare, come ammaliato, seguendo un itinerario che di volta in volta lo cattura e lo coinvolge. Sì, perché ogni volta Nazario Pardini ci conduce con mano sicura, scava e indaga con amorevole premura nel mondo poetico e sentimentale dei poeti e degli scrittori, fino a disvelarci quegli aspetti di loro che, pur appartenendo a schemi e orizzonti del tutto personali, rappresentano tuttavia l’insospettabile punto di comunione con la nostra visione del mondo e della vita: è quello il miracolo, la scoperta di quell’arcano sentimento che, come un fiume carsico, collega le vie segrete dell’anima, sentimento che Nazario Pardini fa risalire in superficie per mostrarci le corrispondenze che accomunano la “strana” (e bella!) gente che ama la poesia e il fascino della parola.
Mi piace pensare a questa ponderosa “Summa” come a una straordinaria Arca di Noè, condotta da quel patriarca premuroso, impareggiabile capitano di lungo corso, qual è appunto Nazario Pardini, persuaso a portare in salvo e a preservare dagli scogli del tempo una ciurma di visionari, testardi seminatori di parole. 
Si tratta di un libro, tra l’altro, arricchito dalla preziosa prefazione di Pasquale Balestriere, autorevolissima e colta voce di poeta e di critico, inconfondibile per stile, per profondità di esegesi e visione. Un prodotto editoriale, insomma, da tenere non solo in bella mostra nella biblioteca familiare, ma addirittura da riporre sotto il cuscino e da impugnare, se necessario, come una pistola, così da esorcizzare, all’occorrenza, gl’incubi e dare nuova linfa ai sogni. 
Da sottolineare, infine, che quella di “The Writer Editions” è una pubblicazione dall’ammiccante veste grafica, con una copertina armoniosamente attraente, e dall’impaginazione netta e luminosa che invita alla lettura.

                                                     Umberto Vicaretti

martedì 25 febbraio 2014

INTERVISTA A GIORGIO LINGUAGLOSSA

Silvana Palazzo e Gioia Battaglia
nell'evento multimediale:
La pittura come la poesia




Pienone delle grandi occasioni alla Galleria Artemare di Roma per l'evento multimediale La pittura come la poesia, vernissage e presentazione di una raccolta poetica con due relatori d'eccezione, Giorgio Linguaglossa e Maurizio Soldini e la lettura recitante di Carmen Onorati. Tra i versi de "Le stagioni della mente" (Cjc) di Silvana Palazzo e l'espressione figurativa delle tele di Gioia Battaglia esiste un'unità d'intenti, come affermato dalla poetessa, "uno sguardo che si posa e riposa su nature morte che morte non sono e poesie su languidi paesaggi quotidiani che danno un senso di familiarità ma anche di riscoperta del déjà vu e qui eternamente rappresentato". La pittura così come la poesia sono "le espressioni più congeniali all'esternazione emotiva grazie anche ai tratti caratteriali di chi li compone, innocenti trasmettitrici di emozioni solo apparentemente leggere. Ambedue, versi e acquerelli, si compensano, si somigliano. Ambedue emanano ciò' che dal profondo fanno emergere:la riflessione sull'esistenza delle cose che ci circondano, su chi siamo e dove andiamo. Senza pretese ma scivolando lentamente ed inevitabilmente nell'anima di chi vede o ascolta". Il filosofo-poeta Soldini ha definito la poesia della Palazzo un hortus conclusus, soffermandosi sulla circolarità dei «luoghi» della sua poesia, Giorgio Linguaglossa invece ha parlato delle qualità dell'ombra e della luce della poesia di Silvana Palazzo, della capacità di investigazione del quotidiano, di mettere in luce, oltre che le atmosfere, anche i dettagli significanti delle esperienze, le epifanie dei significati che si celano e si svelano, che ciascuno di noi fa nella vita di tutti i giorni.

Inviato da iPad


Intervista “neoN-avanguardista”
a
GIORGIO LINGUAGLOSSA

di Ambra Simeone


primo: a me piace pensare che la poesia debba prima di tutto dire qualcosa a chi legge, secondo lei esiste ancora in Italia un certo tipo di poesia che serva a questo scopo?

Rispondo dicendo che la vera poesia è quella scritta da un uomo libero per cittadini liberi. Ma, le chiedo: siamo oggi liberi? È possibile scrivere per uomini che si credono liberi ma che nella realtà non lo sono? È possibile scrivere sapendo di già che c'è una menzogna sotto stante che ciascuno fa finta di non vedere? È possibile scrivere una poesia o un romanzo senza prendere atto di questa ipocrisia macroscopica?. Ma non mi voglio sottrarre alla responsabilità di abbozzare comunque una risposta, e  rispondo citando per esteso la poesia di Czesław Miłosz con un commento di Alfonso Berardinelli, uno di Giovanna Tomassucci e uno mio:

Ars Poetica  - Czesław Miłosz, 1957

Ho sempre aspirato a una forma più capace, 
che non fosse né troppo poesia né troppo prosa 
e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno, 
né l'autore né il lettore, a sofferenze insigni. 

Nell’essenza stessa della poesia c’è qualcosa di indecente: 

sorge da noi qualcosa che non sapevamo ci fosse, 
sbattiamo quindi gli occhi come se fosse sbalzata fuori una tigre, 
ferma nella luce, sferzando la coda sui fianchi.

Perciò giustamente si dice che la poesia è dettata da un daimon, 

benché sia esagerato sostenere che debba trattarsi di un angelo. 
È difficile comprendere da dove venga quest’orgoglio dei poeti, 
se sovente si vergognano che appaia la loro debolezza. 

Quale uomo ragionevole vuole essere dominio dei demoni 

che si comportano in lui come in casa propria, parlano molte lingue, 
e quasi non contenti di rubargli le labbra e la mano 
cercano per proprio comodo di cambiarne il destino? 

Perché ciò che è morboso è oggi apprezzato, 

qualcuno può pensare che io stia solo scherzando 
o abbia trovato un altro modo ancora 
per lodare l'Arte servendomi dell'ironia. 

C'è stato un tempo in cui si leggevano solo libri saggi 

che ci aiutavano a sopportare il dolore e l'infelicità. 
Ciò tuttavia non è lo stesso che sfogliare mille 
opere provenienti direttamente da una clinica psichiatrica. 

Eppure il mondo è diverso da come ci sembra 

e noi siamo diversi dal nostro farneticare.
La gente conserva quindi una silenziosa onestà, 
conquistando così la stima di parenti e vicini. 

L’utilità della poesia sta nel ricordarci 

quanto sia difficile rimanere la stessa persona, 
perché la nostra casa è aperta, la porta senza chiave 
e ospiti invisibili entrano ed escono. 

Ciò di cui parlo non è, d’accordo, poesia, 

perché è lecito scrivere versi di rado e controvoglia, 
spinti da una costrizione insopportabile e solo con la speranza 
che spiriti buoni, non maligni, facciano di noi il loro strumento. 

Czesław Miłosz, Poesie Adelphi, Milano, 1983, traduzione di Pietro Marchesani


Scrive Alfonso Berardinelli: «È certo (e non sono io a decretarlo) che il Trattato poetico di Miłosz è uno dei poemi più potenti e labirintici del Novecento, un’opera audace e insolita che non sa ancora dire se ha segnato un’epoca della poesia europea o ne ha aperta una nuova. Probabilmente tutte e due le cose: il bilancio del Novecento che viene compiuto nelle sue pagine, una tappa dopo l’altra, una dimensione contro un’altra, ha spinto l’autore alla costruzione di un modello formale che poteva avere, e forse non ha ancora avuto, un’influenza sulla poesia successiva, non solo polacca. Per fare un solo esempio, citerei, restando nel cuore dell’Europa, almeno i due ‘poemi saggistici’ di Hans Magnus Enzensberger, più giovane di Miłosz di quasi vent’anni e che esordì esattamente nel 1957, l’anno di pubblicazione del Trattato poetico. Sia con Mausoleum che con La fine del Titanic, entrambi degli anni Settanta, Enzensberger uscì dai limiti della composizione breve e sperimentò il poema storico, fra narrazione e interpretazione. Contro una poetica che era sembrata dominante, ma che non esauriva certo le potenzialità dello stile moderno, Miłosz abolisce i confini tematici e linguistici della poesia; (...)».
Commenta Giovanna Tomassucci: «Czesław Miłosz ha scritto il suo Trattato poetico dall’esilio, tra il dicembre ’55 e la primavera ’56. Nella difficile condizione di poeta senza pubblico, transfuga in una Francia ostile, negli anni precedenti si era soprattutto dedicato alla prosa con il saggio La mente prigioniera (1953), ritratto di vecchi amici convertiti allo Stalinismo, e il romanzo autobiografico La valle dell’Issa (1955). In quello stesso periodo si accingeva a scrivere uno dei suoi più bei libri, Europa familiare (1959, tradotto in italiano da Adelphi con il titolo La mia Europa), atto di amore verso la sua terra natale, la Lituania, crogiuolo di lingue e culture, che per l’Occidente continuava (ma oggi è forse diverso?) a essere una ‘regione nebulosa’ su cui si ‘danno poche notizie e se mai errate’».
Il punto centrale della riflessione  della poesia viene introdotto subito nei primi versi: «una forma più capace», che non sia « né troppo poesia né troppo prosa». Una forma ampia dunque che consenta l'ingresso nella forma-poesia della forza rigenerante della «prosa». Miłosz caldeggia una nuova poesia che sia al contempo riflessione sulla storia e una selezione di immagini povere, prosaiche; di qui la scoperta che «nella poesia c'è qualcosa di indecente», la presa di distanze dalla poesia dell'ego, tutta incentrata su «ciò che è morboso» in quanto oggi «molto apprezzato dai poeti», una poesia che tratti dell'«uomo ragionevole», poiché « il mondo è diverso da come ci sembra / e noi siamo diversi dal nostro farneticare». Di fatto è questo il primo altissimo documento poetico di un poeta europeo  in favore di una poesia di ampio respiro, che contemperi l'ampio sguardo sulla storia degli uomini e i piccoli fatti del quotidiano.

secondo: se la poesia contemporanea è spesso eclettica ed eccentrica, secondo lei qual è e dovrebbe essere, invece, il ruolo della narrativa?

La narrativa viene scritta avendo presente il mercato. La poesia la si scrive avendo presente un Interlocutore posto al di fuori del mercato (questo è il senso inteso da Osip Mandel'stam espresso nel suo saggio Sull'interlocutore scritto negli anni Venti). La differenza è tutta qui. Ma le differenze in questi ultimi decenni si sono allentate perché oggi se si vuole scrivere un romanzo di intensità lo si deve pensare a prescindere dal mercato editoriale, altrimenti si scrivono anche dei buoni romanzi ma di intrattenimento. Con il che non voglio disistimare l'intrattenimento piacevole di un pubblico di acquirenti, che ha ragione di esistere, ma certamente così scrivendo e facendo il pubblico dei lettori rimarrà confinato nella zona grigia dell'intrattenimento e dell'imbonimento culturale.

terzo: ultimamente alcuni autori hanno riadattato al contemporaneo la forma ibrida di prosa poetica, lei cosa ne pensa di questa commistione?

Ritengo che il futuro della poesia sia la «forma ibrida». Oggi non è più possibile né ragionevolmente concepibile scrivere in endecasillabi tonici come faceva il Pascoli o nelle forme chiuse artatamente chiuse in base ad un programma elitario ed olistico della poesia. La forma-poesia, come ci ha insegnato Miłosz, deve essere «una forma più spaziosa» che consenta la ricezione della «prosa». Il futuro della forma-poesia è in questa direzione.

quarto: la sua opera di critica e la sua ricerca poetica, si pongono lo stesso obbiettivo? se sì quale?

Anche la mia critica e la mia poesia si muovono in questa direzione. Devo dire con scarsi risultati a giudicare dalla ostilità con cui i miei interventi critici e poetici sono stati recepiti dal ceto letterario. Ma questo l'avevo già messo in conto dall'inizio. Inoltre, io non ho alle mie spalle alcuna cattedra universitaria né occupo un posto di rilievo presso gli uffici dei grandi editori, perché mai si dovrebbe prestare attenzione al mio discorso critico e a quello poetico?, anzi, proprio la libertà e indipendenza dei miei interenti critici è una ragione in più per circondarmi con un muro di silenzio, non crede? - Il fatto che io sia un isolato è sia il mio punto di forza che il mio punto di maggior debolezza.

quinto: da poeta cosa consiglierebbe a un altro poeta?

Leggere molto, di tutto, di filosofia, di scienza, di poesia, i grandi romanzi. Pensare a vivere. E, soprattutto, non accettare nessuna idea in modo acritico, sottoporre ogni ideologema ad attento controllo critico. E poi, in fin dei conti, un grande poeta sorge soltanto quando ci si è impregnati della cultura di un'epoca e si riesce a rappresentarla in una «forma», quando accade un «evento» che mette in moto una «forma».

sesto: un suo motto letterario per salutarci

Non accettare mai di fare un passo indietro.


PAOLO RUFFILLI SU "LA POESIA"

PAOLO RUFFILLI: SU "LA POESIA"
Ecco, per quello che può valere:



La conoscenza poetica appartiene al mondo del singolare, dell’individuale, non è facilmente estensibile né generalizzabile. In fondo non mi pongo il problema di far partecipare l’altro, il lettore, al mio vissuto ma solamente di manifestarlo, di pronunciarlo. Si può dire – paradossalmente – che non cerco l’empatia ad ogni costo e che forse questa neanche mi interessa. No, l’empatia non mi interessa. E la ragione è quella dichiarata di un interesse per la gnosi. Non scrivo poesia pensando al lettore o mosso dal desiderio di accattivarmelo. Il così detto pubblico non ha mai un gusto proprio. Se mai risponde distrattamente a un orientamento imposto dalla moda del momento e va dietro al vago impulso che gliene deriva, che è un impulso disturbato proprio come per tutti i bisogni indotti, per i quali non c'è mai felicità anche quando vengano soddisfatti. L’idea che il pubblico ha della poesia si lega alla più noiosa pratica scolastica dell’esegesi, del riassunto, della parafrasi, delle note a piede di pagina. È un’idea di oscurità, di fatica, di inutilità. Le pochissime persone che, tra il pubblico, si imbattono poi per caso nella poesia restano stupite di incontrare qualcosa che in realtà non conoscevano affatto e che non assomiglia all’idea scolastica che gli era rimasta addosso. Io sento la poesia come un dettato che sfugge a qualsiasi strategia comunicativa, il che non vuol dire, evidentemente, l’adesione al codice cifrato. La conoscenza appartiene sempre al mondo del singolare, anzi, quanto più appartiene al mondo del singolare, tanto più ha valenza universale. Ma il parteciparvi da parte del lettore necessita di una scelta individuale, come una forza attiva decisiva. Il lettore deve decidere di entrarvi e lo farà, magari, avendo avvertito un input rispetto al quale provvederà lui stesso a realizzare l'empatia. Ogni percorso di gnosi è sempre una pratica esoterica. E, in poesia, qualsiasi argomento per me è buono.
                                                 Paolo Ruffilli


III PREMIO DI POESIA "L'ARTE IN VERSI"

III Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” – il bando

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III Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”

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BANDO DI PARTECIPAZIONE

Con il Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Creatività e Promozione Artistica di Roma Capitale e del Comune di Jesi (AN), Blog Letteratura e Cultura, la rivista di letteratura “Euterpe”, Deliri Progressivi e l’Associazione Culturale Poetikanten Onlus bandiscono la III edizione del Premio di Poesia “L’arte in versi” la cui partecipazione è articolata dal presente bando.

Il concorso è articolato in due sezioni, entrambe a tema libero:
a)        sezione A – poesia in lingua italiana
b)        sezione B – poesia in dialetto (accompagnata da relativa traduzione in italiano)

Le poesie presentate al concorso potranno essere edite o inedite, ma non dovranno aver ottenuto un riconoscimento in un precedente concorso letterario.

Ciascun autore potrà inviare un massimo di due poesie per ciascuna sezione e ognuna non dovrà superare il limite dei 30 versi.

Quale tassa di partecipazione è richiesto il pagamento di 5€ per ciascuna poesia presentata. Il pagamento dovrà avvenire con una delle modalità descritte al punto 8 del bando.

Per la corretta partecipazione, il poeta deve inviare entro e non oltre la data di scadenza fissata al 15 maggio 2014 all’indirizzo internet arteinversi@gmail.com  le poesie con le quali intende concorrere in formato Word o Pdf, il modulo di partecipazione compilato e la ricevuta del pagamento.

Nel modulo di partecipazione il concorrente attesterà che le poesie presentate sono di sua esclusiva paternità, assumendosi la responsabilità nel caso indichi il falso.

Il pagamento potrà avvenire con una delle seguenti modalità:
Bollettino postale:  CC n° 001014268401
intestato a IURI LOMBARDI – causale III Premio di Poesia “L’arte in versi”
Bonifico bancario:  IBAN: IT33A0760102800001014268401
intestato a IURI LOMBARDI – causale III Premio di Poesia “L’arte in versi”
Postepay:  n° 4023600646839045
intestato a IURI LOMBARDI – causale III Premio di Poesia “L’arte in versi”
La ricevuta del pagamento dovrà essere inviata insieme alle poesie e al modulo di partecipazione.

Non verranno accettate opere che presentino elementi razzisti, denigratori, pornografici, blasfemi o d’incitamento all’odio, alla violenza e alla discriminazione di ciascun tipo.

La Commissione di giuria è composta da poeti, scrittori, critici ed esponenti del panorama culturale e letterario:
Annamaria Pecoraro, poetessa, scrittrice, Direttrice di Deliri Progressivi
Emanuele Marcuccio, poeta, aforista, curatore editoriale
Giorgia Catalano, poetessa, scrittrice e speaker Radio
Ilaria Celestini, poetessa e scrittrice
Iuri Lombardi, poeta e scrittore, presidente dell’Ass. Poetikanten Onlus
Lorenzo Spurio, scrittore, critico letterario, Direttore Rivista di letteratura Euterpe
Luciano Somma, poeta, autore di canzoni e critico d’arte
Martino Ciano, scrittore e giornalista-pubblicista
Marzia Carocci, poetessa, critico-recensionista ed editor
Michela Zanarella, poetessa, scrittrice e giornalista
Monica Pasero, poetessa, scrittrice e recensionista
Salvuccio Barravecchia, poeta e scrittore

Verranno premiati i primi tre poeti vincitori per ciascuna sezione. Il Premio consisterà in:
Primo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria e 150€
Secondo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria e 100€
Terzo premio: targa o coppa, diploma con motivazione della giuria e libri.
La Giuria inoltre procederà a nominare dei selezionati e dei menzionati speciali per la buona qualità delle loro opere ed ulteriori premi potranno essere attribuiti a discrezione del giudizio della Giuria.

I vincitori sono tenuti a presenziare alla cerimonia di premiazione per ritirare il premio. In caso di impossibilità, la targa/coppa e il diploma potranno essere spediti a casa dietro pagamento delle spese di spedizione, mentre i premi in denaro non verranno consegnati e saranno incamerati dagli enti organizzatori per future edizioni del Premio.

Tutti i testi dei vincitori, dei selezionati e dei menzionati a vario titolo saranno pubblicati nel volume antologico che sarà dotato di regolare codice ISBN e che sarà presentato nel corso della premiazione.

La cerimonia di premiazione si terrà a Firenze in un fine settimana di Novembre 2014. A tutti i partecipanti verranno fornite con ampio preavviso tutte le indicazioni circa la premiazione.

Il Premio di Poesia “L’arte in versi” da sempre sensibile alle tematiche sociali devolverà parte dei proventi derivanti dalla vendita delle antologie all’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM). A tutti i partecipanti che avranno acquistato l’opera antologica sarà data testimonianza sulla donazione effettuata.

La partecipazione al concorso implica l’accettazione di tutti gli articoli che compongono il bando.

Lorenzo Spurio                                                        Marzia Carocci
Presidente del Premio                                                 Presidente di Giuria

Segreteria del III Premio “L’arte in versi”
Pagina FB del Premio: https://www.facebook.com/arteinversi



Scheda di Partecipazione al Concorso

La presente scheda compilata è requisito fondamentale per la partecipazione al concorso. Alla scheda va, inoltre, allegata l’attestazione del pagamento della relativa tassa di lettura e il tutto va inviato a arteinversi@gmail.com entro e non oltre il 15-05-2014.

Nome/Cognome __________________________________________________________________
Nato/a _________________________________________ il ______________________________
Residente in via __________________________________Città____________________________
Cap ________________________ Provincia ______________________Stato_________________
Tel. ________________________________Cell.________________________________________
E-mail _______________________________Sito internet: ________________________________
Partecipo alla sezione:
□ A –Poesia in lingua italiana                     □ B – Poesia in dialetto
con il/i testo/i dal titolo/i____________________________________________________________
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Firma_____________________________________ Data _________________________________



□ Acconsento al trattamento dei dati personali qui riportati in conformità a quanto indicato dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali (D. Lgs. 196/03) e solo relativamente allo scopo del Concorso in oggetto.


□ Dichiaro che il/i testi che presento è/sono frutto del mio ingegno e che ne detengo i diritti a ogni titolo.




Firma_____________________________________ Data _________________________________