La
donna con lo scialle a rose
Il
malumore gli pende addosso come maglia bagnata mentre percorre la strada che lo
conduce al museo, dove presta servizio come addetto alla custodia e alla
vigilanza. Otto ore al giorno a controllare che i visitatori non arrechino
danni alle opere d’arte, non si siedano sulle sculture, non cerchino di
trafugare qualcosa. Un impiego noioso e inutile come i suoi giorni di uomo
giovane e solo.
Non ha
nessuno al mondo. Dopo un rapporto fallimentare con una donna
che
non aveva acceso alcun fuoco nel suo cuore, si è convinto che le passioni non
esistono. Rappresentano crudeltà che somministriamo a noi stessi per darci
degli scopi.
Non
v’è magia, né mistero in quello che definiscono ‘amore’, solo un modo stupido
per attaccarsi alla vita.
E lui
è nato disilluso.
Quando
gli parlano di sogni evita di ridere per educazione.
L’esistenza
è una sequenza di inutili gesti in fila, una farsa quotidiana.
L’uomo
ha una sola strana mania: fotografare il cielo, le nuvole, i temporali.
Non sa
perché ogni giorno segue la storia del cielo, mentre non gli interessa la sua,
ma non può farne a meno.
Conserva
centinaia di foto, peraltro molto suggestive, che ritraggono i moti delle
stagioni, in uno sgabuzzino della piccola casa, che ha adibito a
camera
oscura.
Ha
pochi conoscenti, anche l’amicizia sembra interessarlo ben poco, e in paese lo
considerano lugubre, quasi un uccello del malaugurio.
Nessuno
è a conoscenza del suo segreto.
Se lo
scoprissero si sentirebbe vulnerabile.
La
forza dell’uomo è paradossalmente nell’immagine di sé che ha creato.
Misogino,
solitario, tetro: non gli sembrano etichette, ma caratteristiche nelle quali si
rispecchia.
Non
immagina che tendano sempre di più a evitarlo, perché temono che porti male…
La
figura tradizionale del menagramo, fortemente stereotipata, ha precedenti
preoccupanti, non solo in letteratura…
Un
giorno un altro vigilante gli si avvicina e con fare scherzoso, dice:
-
Sorridi ogni tanto, ti sei accorto che la tua
sala è sempre vuota? –
Lui
non trova divertente il collega, fa un gesto con la mano, come per scacciare un
insetto, e torna a sedersi, più imbronciato che mai.
In
realtà qualcosa si è smosso nella sua cupa calma apparente.
Ma è
un qualcosa che gli dà fastidio, come un
corpo estraneo che tende ad annidarsi
nel suo io. Ama la solitudine, o meglio, non gradisce la compagnia,
specialmente quella femminile, ma perché
gli altri tendono a evitarlo? In fondo è lui che li evita, non lo vedono,
forse?
E' un
dilemma per lui, una continua domanda che non trova risposta, che resta lì,
come un mendicante in attesa.
Sarebbe
bene chiarire direttamente la questione:
-
Senti, collega, ho l'impressione che mi eviti, ti ho fatto un torto?-
Già, si
potrebbe dire così; ma, punto primo: lui non ha il coraggio di parlare in
questo modo poi in definitiva, cosa gli importa se nessuno lo cerca? Meglio.
Questo
pensa Leo quando si accorge della sua solitudine, che è quasi un isolamento.
La scialba vita continua, senza interessi,
senza novità: lui, se stesso e il suo segreto.
Il
lavoro al Museo offre poco, a dire il vero, i frequentatori sono di
solito persone anziane, spesso in compagnia o addirittura in gruppo. Nella sua
sala si fermano appena per un'occhiata alle sculture.
Ma c'è
un'ombra là, nella parte delle opere del Bernini... un'ombra che finora Leo non
aveva notato. Con l'aria del sorvegliante si dirige da quella parte, si ferma a pochi passi dalla
figura seduta sul divanetto, davanti alla bellezza dei marmi.
E' una donna. Ha nelle mani un notes, ma non scrive e non guarda le opere.
Tiene la testa bassa, come in atteggiamento pensoso. Leo non la vede in viso, perché la donna
rimane nella stessa posizione, come se non si accorgesse della sua presenza.
Il
sorvegliante, educatamente torna al suo banco, riprende a scrivere
sull'Enigmistica.
Segue il solito tran tran quotidiano: qualche
visitatore, qualche sussurro davanti alle opere in mostra, passettini in
entrata e in uscita. Ed è l'ora di chiusura.
Leo
esce dall'Istituto d'Arte e subito alza la testa: il cielo gli sembra la
tavolozza di un pittore, dove sono stati
versati alla rinfusa i colori pastello interrotti da chiazze bianche, che
variano continuamente fino a formare le
più strane figure. Lo ammira come
sempre.
Davanti
a lui cammina la donna che
aveva notato davanti all' "Apollo del Bernini", ma che ora,
assorto nell'ammirazione del cielo, non vede neppure.
A casa
lo attende il silenzio e la camera oscura con
gli sviluppi recenti.
Una
serata come tutte .
* * *
La
sala di un Museo non è l'ambiente più adatto per fare conoscenze, ma anche un
tipo particolare come Leo alla fine comincia a provare qualcosa che somiglia
alla curiosità di fronte a casi e persone che hanno del misterioso.
I
primi giorni, notando la sconosciuta ogni pomeriggio seduta sul divanetto rosso davanti ai capolavori, ha
avuto quasi l'impressione che vivesse lì, in quella sala, non la vede né
entrare né uscire, non l'ha mai vista neppure in viso.
Ma un
giorno quel divanetto rimane libero. Leo
ha una sensazione strana, avverte un
vuoto, e a quel punto si rende conto che ha bisogno di "sapere "
qualcosa della sconosciuta. Manca quella
figura al suo orizzonte limitato e abituale, che in definitiva è per la sua
vita monotona una specie di sicurezza. Lui si è come affezionato a quella
sconosciuta avvolta nello scialle nero a rose, è un elemento che rappresenta
una insolita motivazione al trascorrere
le ore nella noia di un lavoro insignificante .
Leo è
povero di fantasia, privo di qualsiasi iniziativa.
Ha
cessato anche di fotografare le nubi nel cielo, la sua vita è più vuota che
mai, da quando si è sentito prendere in giro dal collega.
Che
dire ancora di quest'uomo che ancora giovane non riesce a trovare il gusto
della vita? E' forse per colpa della sua segreta menomazione che non lo fa
sentire uomo, e pertanto diverso da tutti. La sua difesa sta nella solitudine, ma nella solitudine non
trova gioia.
Eppure
per ognuno di noi è scritto "l'attimo", che sia catarsi , o gradita sorpresa, o misericordia divina, viene sempre
un giorno che il Sole sembra
splendere in modo diverso e soltanto per
noi.
* * *
E'
seduto al banchino, ha la Settimana Enigmistica davanti, lo sguardo fisso,
come assente, forse perduto nelle lontananze dei giorni insulsi che lo
attendono.
Sente
un passo lento, ritmato, disarmonico: si volta indifferente. E' entrata la donna con lo scialle a rose. Ha i capelli
sciolti seminascosti dentro la pesante sciarpa. Leo nota per la prima
volta il colore della capigliatura, rosso spento con ciocche più chiare; vede
anche il viso, un viso dolce di donna non più
giovane.
Ha un
moto di sorpresa, è un volto che non si aspettava, ma anche stranamente
familiare, come di persona già conosciuta.
Si trova improvvisamente a dire "Buongiorno! ", confuso e sorpreso.
La
donna va a sedersi al solito posto, e solo allora Leo nota la gamba
- rigida
-, che la sconosciuta copre con il lembo dello scialle.
Si apre tutto un mondo alla mente di Leo, a
quella mente disabituata a considerare l'altro. Tanti "forse" che
restano lì vuoti, proprio come le caselle del suo cruciverba, per cui ha
perduto ogni interesse.
Oggi
il suo orizzonte abituale non è più vuoto, l'occhio gli cade spesso sulla
figura seduta di fronte alla meravigliosa
perfezione dell'Apollo, e cerca quella gamba innaturale che si era annunciata
nel passo.
Il pomeriggio sembra più lungo del solito, ma
all'ora di chiusura Leo ha ormai maturato la sua azzardata decisione.
All'uscita non alzerà la testa ad ammirare il cielo, ma guarderà al Futuro come
cosa possibile da sognare e vivere.
Nella
donna con lo scialle a rose ha intuito una solitudine non dissimile dalla sua;
forse due solitudini insieme potranno
diventare una ottima compagnia.
Oggi
per Leo è giunto quel giorno, unico e misterioso, nel quale il Sole sembra
brillare soltanto per lui, come promessa di vita e di amore.
Margherita
e Lillà