Una Fiaba da mettere sotto l’Albero: “Mezzogrammo e la neve”_di Loredana D’Alfonso
Loredana D'Alfonso,
collaboratrice di Lèucade
“C’era una
volta, tanto tempo fa, un bambino così piccolo, ma così piccolo, da essere
comodamente contenuto all’interno della corolla di un fiore. Avete
presente Pollicino? Mignolina? Ecco, lui era ancora più piccolo; più
simile a un’ape che a un bambino, in quanto a statura, ma le sue sembianze
erano esattamente le stesse di un cucciolo di uomo, anche se aveva la pelle e i
capelli bianchi come il latte”.
Così inizia
questo racconto fiabesco, “Mezzogrammo e la neve” – Sassi Editori della
validissima scrittrice romana Valeria Bellobono che, con questa favola, si è
aggiudicata l’edizione del 2019 del Premio Andersen.
Le fiabe, si
sa, le ascoltano i bambini, ma quest’Opera ha un sapore ed un significato
particolare, ed è adatta ad un pubblico adulto che sia desideroso di farsi bambino
e di riscoprire i sentimenti più delicati che si celano in ogni cuore.
“Non si sapeva
da dove arrivasse Mezzogrammo, ma qualcuno diceva che fosse stato concepito da
un desiderio mai realizzato”.
“Da un sogno
così bello da non poter essere concesso”, una maternità che non era arrivata per Bianca, la ragazza che lo
accudiva con amore dal giorno in cui l’aveva trovato, minuscolo e
solo, durante una copiosa nevicata che aveva imbiancato tutto il villaggio di Bijankik.
“Il piccino
resisteva al gelo aggrappato a un bucaneve, e piangeva forte. Sembrava che si
fosse smarrito. Così, la giovane lo aveva raccolto insieme al fiorellino,
accogliendolo come se fosse un figlio, aprendogli la casa e, soprattutto, il
suo cuore. “Come sei piccino…sei leggero come un cristallo di neve… Ti chiamerò
Mezzo grammo”, sussurrò con affetto”
“Bianca cresceva
e pian piano invecchiava, iniziando a contare le rughe e i capelli chiari che
sostituivano quelli scuri. Mezzo grammo, invece, non cresceva mai. Era sempre
uguale e non cambiava nemmeno un po'. Il piccolo amava molto il freddo, così,
quando Bianca glielo permetteva, avvicinava il volto a una fessura della
finestra, da cui entrava uno spiffero gelato che lo ritemprava ogni
qualvolta si sentiva triste, cercando di fermare su di sé quel bacio
ghiacciato. E così, lui era felice. Ogni tanto cercava di parlargli, ma il filo
glaciale che entrava era talmente sottile da non avere voce. Così, i due si
limitavano a farsi compagnia, a scegliersi e abbracciarsi ogni volta che
avevano la possibilità di guardarsi o di sfiorarsi”.“La vita di Mezzogrammo procedeva serenamente, tra le braccia di
Bianca, che per farlo divertire lo faceva giocare con le sue lunghe trecce o
con una piccola piuma colorata, su cui il piccino volava. E sognava sempre la
stessa cosa: la neve.
Un giorno
d’inverno, mentre i pensieri degli abitanti del villaggio procedevano
lentamente, intorpiditi da un inverno che si era appena destato, Bianca
andò a prendere Mezzo grammo dal suo giaciglio, ricavato dalla
corolla di un fiore, sollevandolo delicatamente e portandolo davanti alla
finestra.
Mezzogrammo non
poteva credere ai suoi occhi. Tutto intorno era completamente bianco e dal
cielo cadevano dei fiocchi candidi come i fiori del gelsomino. Era la prima
nevicata dell’anno”.
“Il piccolo
sapeva bene cosa fosse la neve, ma non ricordava quale fosse la consistenza, il
suo odore o il sapore. Il bambino era incantato e non riusciva a smettere di
guardare quella magica distesa, che diventava sempre più alta. In cuor suo
sapeva di appartenerle. “Bianca, mi racconti ancora la mia storia? Per
favore…”.
Bianca era
molto preoccupata, come poteva esserlo una madre apprensiva che sa, in cuor
suo, che presto perderà la creatura che aveva cresciuto perché è destinata a
tornare nel suo mondo. Aveva tanta paura di perdere quel piccolo essere,
leggero come un ricordo che non sbiadiva mai, forte come la più bella fra
le emozioni. Sapeva bene quale fosse il legame tra Mezzo grammo e la neve,
anche se lui l’aveva vista da vicino soltanto una volta, quell’unica volta in
cui era comparso nella sua vita.
Che diritto
aveva, lei, madre d’amore e non biologica, di negargli il suo sogno?
“Così, lo prese
delicatamente tra le mani, gli fece indossare un piccolissimo
cappotto che aveva tessuto lei stessa molti anni prima, gli avvolse un
nastrino azzurro intorno alla vita e lo condusse fuori”
“Mezzo grammo
continuava a coprirsi con i fiocchi che scendevano, ridendo felice. La sua
pelle bianchissima si confondeva con il chiarore della neve, che lo blandiva,
promettendogli di riprenderlo con sé. Prima o poi. I suoi capelli candidi erano
coperti da un sottile strato di gelo che lo accarezzava morbidamente,
implorandolo di non lasciarlo mai più. “Sono
tornata ogni anno, senza mai riuscire a prenderti. Ti vedevo attraverso la
finestra, ti guardavo mentre scendevo piano, pregandoti di tornare da me”,
sussurrava la neve, piangendo di gioia. Solo chi non conosce la natura non è in
grado di comprenderne il linguaggio.
Bianca, tra le
lacrime, sciolse il nastro che cingeva il piccolo corpo di Mezzo grammo. Il
vento del nord lo accolse in un vortice gelato, che lo abbracciò così forte
quasi da togliergli il respiro.
“Ti ho
cercato dappertutto”, sibilava felice. E il sibilo sembrava un singhiozzo.
Bianca si
teneva in disparte da un lato ed ascoltava quello che la natura stava
comunicando. Si sentiva responsabile per aver sottratto Mezzo grammo alla neve
e al vento, ma, in fondo lei lo aveva salvato e loro lo sapevano bene. “Sei
stata meravigliosa. Cosa vuoi in dono come ringraziamento?”
sibilò il vento, soffiando lieve tra i candidi capelli della donna. “Non
voglio perderlo…” sussurrò lei tra le lacrime. “Portatemi con voi…”.
Questo passo
della favola dell’Autrice - acuto, di grande forza e lirismo - strappa le lacrime anche a noi…
Bianca vola via
con il suo piccolo, in un turbinìo di luce, di vento e di neve. Non si lasciano
più Bianca e Mezzogrammo, madre e figlio, desiderio e sorpresa, sogno e
felicità ritrovata…..
“Trovarono
Bianca, nel suo giardino, solo quando il lungo inverno terminò, la neve si
sciolse e il sole tornò a splendere sui tetti del villaggio. La videro quando
anche gli uccellini tornarono a cantare, l’erba a crescere e gli scoiattoli a
saltare da un ramo all’altro. Lei era lì, con l’immancabile treccia che
le scendeva su una spalla e un morbido sorriso dipinto sulle labbra sottili.
Stringeva un bucaneve tra le dita. Che cosa bizzarra… non si erano mai visti i
bucaneve in quella stagione.
Qualcuno, nel ricordarla, disse che era solo una povera matta senza voce, alcuni, che era una donna buona che nascondeva un sogno speciale tra i capelli o dentro ai fiori. Altri ancora, raccontarono di una giovane vecchia che custodiva un segreto che non poteva confidare a nessuno: si sapeva solo che questo segreto era bianco, bellissimo e che pesava circa Mezzo grammo”.
Loredana
D’Alfonso
Straordinaria pagina della nostra Lory sul libro "Mezzogrammo e la neve", fabula nel senso puro del termine, della straordinaria Valeria Bellobono, vincitrice del Premio Andersen. L'esegeta ha affrescato l'Opera con dovizia di particolari, in qualità di compagna di viaggio dell'Autrice. La sta affiancando, infatti, in molte presentazioni con successo incredibile. Prima che Valeria ricevesse il testo ne avevano già vendute 2000 copie. E lei ne era all'oscuro. Vi presento la vera grandezza, quella d'umiltà vestita! Lory è la degna damigella d'onore di questa storia che dà senso al Natale. L'autrice, tra l'altro, devolve tutti i proventi per i senzatetto e i rifugi di animali abbandonati. L'uomo nuovo non è nato dalla pandemia, ma resiste a essa. Ringrazio la mia adorata Loredana e mi inchino alla Fata Valeria. Sanno di abitare entrambe nelle stanze del mio cuore!
RispondiEliminaBrava, come al solito, Loredana D'Alfonso nel condurci per mano nel cuore di questa favola catartica e fortemente significativa. Mezzo grammo è ogni bambino appena nato, strappato al proprio mondo interiore, alla propria arcana patria (matria) di appartenenza spirituale. Ciascuno di noi viene da quelle fonti, le nostre vere fonti battesimali, ed è a quelle che ambisce tornare per immergersi in se stesso, nella propria essenzialità. In questa straordinaria fiaba, Valeria Bellobono descrive splendidamente l'avventura e il distacco di ogni essere sospeso tra il richiamo di quelle origini ancestrali, divine, e il richiamo dolce-amaro, terreno, esistenziale, dell'umanità. Una fiaba metafisica e carnale nello stesso tempo, fatta di terra e di cielo, di lacerazioni e di abbracci, di ferite e di amori catartici che risvegliano in noi nascoste verità. Complimenti vivissimi.
RispondiEliminaFranco Campegiani