GUIDO MIANO EDITORE
NOVITÀ EDITORIALE
È uscito il libro di poesie:
ANDAR VIA di PASQUALE CIBODDO
con prefazione di Maria
Rizzi
Pubblicata la raccolta poetica dal titolo “Andar
via” di Pasquale Ciboddo, con prefazione
di Maria Rizzi, nella prestigiosa collana “Alcyone 2000”, Guido Miano Editore, Milano
2021.
Il poeta sardo Pasquale Ciboddo ha riassunto nel titolo l’essenza
di una silloge dal raro tessuto strutturale. Non poteva esistere altro nome per
questa raccolta che, come lampo, squarcia le tenebre che ci avvolgono, e
illumina il passato, il presente e, inevitabilmente, il futuro. Non ho potuto
fare a meno di pensare a Salvatore Quasimodo, leggendo i versi di Pasquale
Ciboddo: «Ognuno sta solo sul cuore della terra / trafitto da un raggio di
sole: / ed è subito sera». La poesia del nostro
premio Nobel, pubblicata nel 1930, si presenta come una massima in cui viene
sintetizzata una amara verità di valore universale: il rapido
dissolversi dell’esistenza e delle illusioni umane. Il
nostro Autore inizia il suo viaggio dai tempi del Secondo Conflitto: «… La
guerra / non prometteva nulla: / solo pene e miseria. / Persone zitte e mute, / per la
vergogna, morivano / di fame e d’inedia…» (In
memoria, 1942 - ‘43). Ed è il sentimento della vergogna che apre un
capitolo importante della cifra poetica del Nostro. Ogni guerra spalanca
l’uscio alla vergogna di vedere che gli uomini, i nostri fratelli, siano capaci
di schierarsi gli uni contro gli altri e di uccidersi. Senza un perché, per
rispondere a interessi economici lontani anni-luce dalle loro vite, dalla loro
gioventù… Risulta inevitabile per l’uomo di
fede e di cuore rintanarsi nell’armadio della vergogna. Nessuno può sentirsi
salvo di fronte a un conflitto, all’odio, alla morte. Ciboddo sembra volersi
allontanare dai giorni cupi delle guerre e da quelli di anestesia dell’anima della società attuale:
«… Che c’è di concreto / in questo
arrabattarsi / (in)vano per vivere / se anche manne di befane / dal cielo sono
sempre / più rare?» (Che c’è di concreto).
In effetti la società globalizzata non consente l’autentica rivoluzione, ovvero
quella dello spirito, che nasce dalla convinzione della necessità di
cambiamento degli atteggiamenti mentali e dei valori che modellano il corso
dello sviluppo di una nazione.
L’Autore
non precipita nel nichilismo, ricorda di aver celebrato la vita dei campi: «Ci
ha resi poveri / di veri valori / l’era moderna / e dimentichi del passato. /
Ma io ho scritto / la storia di radici / di una civiltà agreste, / antica come
il tempo, / ricca di uomini saggi, / madre di ogni sapere» (…ma io ho scritto) e ci lascia pensare
agli uomini che in campagna, dopo una giornata di lavoro, alzavano il bicchiere
di vino all’altezza del viso, lo osservavano, gli facevano prendere luce prima
di berlo con cautela. Gli alberi centenari seguivano il loro destino secolo
dopo secolo e una simile lentezza rasentava l’eternità.
Oggi
consumiamo il tempo come un bene materiale, rendiamo effimero il nostro
passaggio terreno. «Passa / e subito scompare / nel grande mare / d’eternità /
senza lasciare traccia / la dea parca. Si diverte a tagliare / filo di vita / a
noi umani / Ed è destino, gioco / di spietata / indifferenza» (Ed è destino). Poesia di malinconica
nostalgia, esistenzialista, didattica, sociale e spirituale quella dell’artista
Pasquale Ciboddo, di cifra stilistica superba, caratterizzata da contrasti tra
l’asciuttezza dei versi e la lunghezza dei periodi sintattici, che si risolve
in un andamento sinuoso, ricco di pause ritmiche, tese a suggerire scansioni
intense ed energiche. Poesia con le radici ben salde nelle isole dei ricordi e
dotata di ali per viaggiare nel tempo, per volare lontano e, al tempo stesso,
cercare le ragioni per fermare lo sguardo e l’anima sull’oggi.
«Era
ricco, / ma rinunciò / ai propri averi / perché altro / era il suo sogno. / A
meritare / luce di santità / diceva sempre / “bisogna soffrire / come il Cristo
della storia / che si innalzò dalla terra / alla divina Gloria / del Padre
Creatore.” / Francesco di Assisi / è asceta da imitare / con la mente e il
cuore» (È l’asceta da imitare). Il
poeta rivela nei suoi versi di seta una fede incrollabile, che non è stampella
nei momenti del bisogno, né coperta per rimboccare le paure, ma certezza che
possiamo non essere Dio, ma siamo di Dio, come le piccole gocce d’acqua sono
dell’oceano. La spiritualità del Nostro si identifica con la concezione che il
misticismo è un dono gratuito del Signore, che chiede l’umiltà e il coraggio di
fidarsi per assistere al luminoso cammino dell’incontro tra Dio e gli uomini,
ossia la storia della salvezza.
«…
L’uomo propone, studia / ma non riesce a capire / il Vero della matematica
divina» (Sono i ruderi). Il concetto
della matematica come scienza sacra è di antica memoria e anche nella Divina
Commedia non solo le tenebre, la luce, il sole, ma l’aritmetica, la geometria,
il calcolo e la logica hanno un ruolo importante. Nei simboli matematici Dante
trova la chiave per immaginare la struttura dell’aldilà, dell’oltremondo, in
linea con le conoscenze cosmologiche e la fede teologica del tempo, allo scopo
di ricondurre l’umanità alla salvezza, laddove la matematica fornisce chiari
esempi di verità e certezze.
Un
eccellente poeta sardo come il Nostro non può esimersi dal rapporto empatico
con madre Natura, più che evidente nelle liriche sulla vita agreste, e dal
dolore per i disastri creati da noi uomini. In questi ultimi due secoli il
progresso ha influito sull’ambiente, modificandolo o alterandolo con
conseguenze anche drammatiche per la sopravvivenza dei miracoli poetici del
Creato. «Questo eccessivo / avanzare di civiltà / sta distruggendo / antichi
ecosistemi / di terra e di mare. / Muore il bosco, / scompare l’uccello / ed
anche il pescato. / L’uomo saggio / osserva impotente / la distruzione totale /
di sano alimento vitale. / E muore sconsolato / di vera inedia» (E muore sconsolato).
Pasquale
Ciboddo nel suo Andar via di profondo
impegno civile, si riferisce più volte ai profughi del nostro tempo. L’Esodo
biblico coincide con lo strazio dei migranti. Stessa schiavitù e persecuzione.
Il popolo della Terra promessa non era solo ebreo, ma ‘mucchio selvaggio’ di
etnie. I migranti di oggi, dal canto loro, fuggono anche loro da idolatria e
schiavitù nella forma più specifica, ovvero la violenza contro l’innocente. E cosa cercano? Una ‘Terra promessa’ dove essere
accolti da stranieri come cittadini. Sperano di essere riconosciuti nella loro
dignità universale. «Esodo / di migranti fuggiaschi / da guerre fratricide, /
dominate dal male / di odio perenne, / somiglia a fuga / in massa di popolo /
guidato da Mosè / da schiavitù di Faraoni…» (Esodo).
Tornando al titolo di questa Silloge polisemica, che tocca vette altissime di lirismo, ho pensato che, in fondo, nessuno ha mai scritto, dipinto, scolpito, se non per uscire dagli inferi che rischiavano di inghiottirlo. E ho creduto giusto dedicare a un poeta, di fronte al quale si inginocchiano le onde del mare e le nubi del cielo, le parole di Thomas Stearns Eliot: «La poesia non è un modo di liberare le emozioni, ma una fuga dalle emozioni; non è un’espressione della propria personalità, ma una fuga dalla personalità. Ma solo coloro che hanno personalità ed emozioni sanno cosa significa voler fuggire da esse».
Maria Rizzi
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L’AUTORE
Pasquale Ciboddo è nato a
Tempio Pausania (SS), in Gallura, nel 1936; già docente delle scuole
elementari, è uno dei poeti sardi più noti, e ha al suo attivo numerose
pubblicazioni poetiche e di narrativa con prefazioni e introduzioni di
prestigiosi critici.
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Pasquale Ciboddo, Andar via, prefazione di Maria Rizzi, Guido Miano Editore, Milano
2021, pp. 136, isbn 978-88-31497-75-6, mianoposta@gmail.com.
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