Marco
Mastrilli: IMPRONTE SULL’ACQUA
Meditando
la poesia
Kairós Edizioni. Napoli. 2014. Pagg. 58. €. 10,00
Il fondo del mare resta immobile
a guardare le onde
così grandi,
così poderose,
così micidiali.
Mentre una ciotola, ripiena di ceneri,
scivola sulla corrente
e la vita si mischia col vento
(Rinascita).
Iniziare
a scrivere della poesia di Mastrilli con questi versi significa coglierne
subito l’essenza, il focus, l’anima.
Significa cogliere il suo palpitare attraverso emozioni e riflessioni sul correre
della vita, sul suo sperdersi in una folata di vento e il suo rinascere. Sì,
c’è la vita, e c’è tutta in questi
canti. Con i suoi perché, le sue inquietudini, le sue melanconiche sottrazioni;
e c’è l’uomo con la coscienza, la piena coscienza di essere terreno con occhi
che ambiscono ad azzardare sguardi oltre le siepi; intento ad una meditazione
autoptica e profonda per scoprire gli angoli più nascosti del diacronico
divenire, dei suoi misteriosi e sempre
nuovi messaggi.
Un’opera, quindi, di perspicace analisi
interiore, in cui l’autore vive una storia sorprendente e plurale, zeppa di
arcobaleni e di colori, ma anche di note amare; e si legge qui la plurivocità
dell’essere e dell’esistere: amore, passione, illusioni, delusioni, malinconia,
sperdimenti panici, curiosità, macerazione interiore: insomma una
frequentazione dell’interiorità in cui l’ieri, l'oggi e il domani si embricano
più con dolcezza che con asprore per dare forma al logos della poesia.
Alfredo Papini definì i Poeti “simili al
faro del mare”. Quale similitudine più calzante per delineare l’inquietudine
congenita al fatto di essere umani. Quel faro solitario e sperduto fra i flutti
tormentati ed errabondi, che cerca di
squarciare le tenebre per aprirsi un varco fra gli scogli scuri dell’esistere,
fra la violenza di libecci rumorosi; che cerca di proiettarsi oltre gli stretti
circuiti in cui è costretta la nostra vicenda, considerando gli orizzonti ampi
e infinitamente estesi da cui è lambita. Afferma Pascal che la vita è “un
milieu entre rien e tout”, per dare l’idea della insoluzione del nostro cammino
e della sua irrequietezza esistenziale:
una precarietà che tanto si avvicina a quell’iperbole allusiva del
titolo “Impronte sull’acqua”. Una storia di dicotomico sapore, di umana inconsistenza,
dato che essere umani significa vivere a terra con l’animo rivolto ad un oltre
inarrivabile, di cui possiamo solo intravederne la coda:
…
Lo sguardo galleggia
il cuore galleggia.
L’amore galleggia in quella
grazia
liberata dal tempo
racchiusa in un battito d’ala
dove fui, forse, anch’io
farfalla.
E ora sono qui
a far volare gli occhi (La
casa delle farfalle).
E
le occasioni ispirative di questa plaquette sono molteplici e di plurima
significanza: il senso della fugacità del vivere, della labilità delle memorie,
del loro riposante riaffiorare da nirvana edenico, lo sperdimento anima e corpo
in rêveries, e il desiderio di lasciare indelebili impronte, efficaci memorie,
magari con ciò che Mastrilli più ama: la poesia. Ed è ad essa che affida la sua
anima, perché in essa crede; e spera, proprio, di vincere con il canto la
fragilità del nostro essere umani, il potere sottrattivo dell’oblio. E il tutto
in un andare versificatorio sinuoso, in un succedersi di significanti metrici
articolati dove le accentuazioni aggettivali, o le intensificazioni verbali
fanno di tutto per accostarsi agli abbrivi emotivo-meditativi. Dove la
distribuzione metrica per aumentazione o per diminuzione crea varianti
fonoprosodiche di certa resa creativa senza eccessivo armamentario retorico:
Se lasciassi l’anima
impigliata tra le corde come potrei farla diventare musica?
Come potrei sentire, sentire
veramente?
E sorridere mentre piango?...
(Malleabile).
Interrogativi
che presuppongono una ricerca scrupolosa e insaziabile dell’altro ego. Una
ricerca verso cui il poeta indirizza tutto se stesso per scoprirsi. E lo fa
martoriandosi sui quesiti del fatto di esser-ci. Indirizzando la sua
sensibilità sui giochi dell’amore, o su un’indagine di efficace introspezione
psicologica:
…
Se vuoi ritrovarti
toglimi dal cuore, toglimi dal
polso,
e diventa come me
almeno per un attimo tra gli
attimi.
Smetti di inseguirmi e inizia
a essere, qui (Dove sei).
D’altronde
il poeta sa e ne è cosciente che la vita è fatta di parole non dette o di
sguardi e gesti ammiccanti. E che la gioia, al fin fine, è come un velo sottile
che ci scivola addosso:
…
E con anima avvolta
intrecciata
da aria e sudore
passai emozioni
in un fremito di pura inutile
gioia (Passioni e fiori).
Il verso è libero, ampio, disteso, anche
ipermetrico a simboleggiare la foga di un aveu
che non vuole controlli prosodici. Tanta è la voglia di dire del poeta e così
spontanea la sua confessione esistenziale, che a volte le strutture si
avvicinano ad un fluire prosastico. Ma ci sono anche misure brevi, concise, di
bisillabi, trisillabi, in questa varietà di armonici assemblaggi. Sì, armonici;
perché l’armonia è nella parola, nel verbo, cercato con cura, rafforzato in
nèssi di valenza allusiva. E lo si scopre nei momenti di maggiore tensione
orfica. Dove il Nostro si abbandona ad una Natura che cospira con tutta la sua
potenza a delineare gli stati d’animo di Mastrilli. Una Natura umanizzata, che
si rende artefice, coi suoi guizzi cromatici, di vertigini paniche di effetto
visivo. Quasi un climax dannunziano
in un crescendo emotivo in cui l’autore compie una vera metamorfosi del suo
essere in sembianze naturali:
…
Tra le le mie parole divento tutto questo
e il mio cuore si trasforma in
ape, albero, balena, foglia, luce.
Mentre l’anima, già pronta,
resta lì
a saltare a corda in mezzo a
un campo di girasoli (L’anima tra i girasoli).
Mi piace, a proposito, rievocare un poeta
a me tanto caro: Hölderlin (1790-1843); egli chiede (nella lirica Iperione o L’eremita della Grecia) al canto “rifugio amichevole” affinché la
sua “anima, raminga e senza radici/ non smanii di oltrepassare la vita” e
divenga “luogo di felicità, giardino curato con premuroso amore,/ ove aggirandomi
fra i fiori in perenne fioritura,/ in sicura semplicità io abbia dimora,/
mentre di fuori con tutto il suo ondeggiare/ il tempo possente, il tempo
mutevole rumoreggia lontano”.
Qui
è l’anima di Mastrilli. In questa alcòva di naturale fervore, dove potersi
riposare lontana dalle aporie del mondo e meditare per prendere il volo:
…
Sto lottando per diventare quello che
sono
ma quanta prigione attorno
alla mia anima
quanta corda attorno alle mie
ali…
(La mèta),
cosciente,
però, della fragilità delle sue ali da mortale, vincolate alla vita. Perché il
poeta, in fin dei conti, la ama intensamente questa unica meravigliosa
esperienza che ci è toccata, consapevole della sua sacralità. E la vive col sorriso sulle labbra, pronto a
viaggiare, a rompere quello spazio ristretto che ci vincola, con la voglia di
spandere sorrisi in questo tanto sofferto mondo:
…
Se fossi l’anima
sarei sempre pronta a viaggiare da una vita all’altra
lasciando sorrisi in quelli
che restano
e sorrisi in quelli che vanno…
(L’anima tra i girasoli).
Nazario Pardini
Nessun commento:
Posta un commento