Ambra
Simeone: Come John Fante… prima di addormentarmi
deComporre
Edizioni. Gaeta. 2013
Nazario Pardini
Racconti veri, vivaci, generosi, dove la
punteggiatura è un optional perché Ambra sente forte la necessità di raccontare
e non si può attenere ai richiami di una prassi canonica che le raffredderebbero
l’istinto di rottura. Ne condizionerebbero l’intenzione di rinnovare, di ri-lucidare,
di avventurarsi in una scrittura di trame e di incastri senza fronzoli. In una
scrittura in cui ogni tassello, ogni riferimento oggettivo verte ad un gioco
psicologico di resa narrativa. Ma il fatto di non usare la maiuscola, e di
andare contro le regole di una
morfosintassi scolastica, è segno, soprattutto, di “diversità”, di essere altra, ironica,
dissacratrice, alternativa
ad una società malata, stagnante nella sua
immobilità. Questo ci vuole preannunciare la scrittrice; ed il fatto
grammaticale è prodromico, fa da antiporta ad un succedersi di accidents che si alternano in maniera
incalzante e suggestiva, senza lasciare vuoti nel percorso narrativo, ma
tenendo stretto il lettore alle corde, all’angolo da una serie di pugni
verbali. D'altronde il pensiero ne esce chiaro e ben definito, come chiaro e
ben definito esce da questo suo
incontro/scontro con un frequentatore del mio blog: <<Perché la ritieni morta la
Natura che hai davanti? Li ritieni morti
i suoi colori che ti stimolano a riflettere su di te e la tua interiorità?
Perché devo scrivere del rombo di un motore che mi sfreccia davanti invece che
del campo fiorito che gli sta accanto. Io non dico di parlare della natura per
la natura. Non parlo di un becero bucolico idilliaco quadretto. Ma di una
configurazione panica che stimoli ad una interiorità profonda e meditativa. La
poesia è sentimento, passione, lirismo, rievocazione di immagini rimaste a
covare nell'intimo. E non è e non sarà mai un pedissequo minimalismo
oggettivistico. E se il tutto è abbracciato da una sonorità che fa vibrare le
corde, ancora meglio. L'uomo è nato con il ritmo in corpo, e se lo porterà
dietro finché esisterà. Carissima Ambra, ho letto le tue poesie su questo
interessantissimo blog. E sebbene tu tenti di andare oltre il lirismo per
approdare alla cosiddetta “nonpoesia”, non ce la fai a tradire l'universalità
della tua natura umana: anche nei tuoi versi, o meglio nella tua grammatica
poetica ampia e distesa, è presente quell'orchestrazione di nessi, che tiene
nel sottofondo quella sublimante sinfonia definita da Baudelaire "le pain
du chant"…
(saluti Angelo)>>.
<<Carissimo Angelo, ma certo, si
può parlare di tutto, non mi sembra di aver dettato limiti, un prato fiorito o
un rombo di macchina però hanno lo stesso identico peso e significato nella
natura umana di oggi, e soprattutto dal momento io cui servono a trasmettere
un’idea, non una descrizione fine a se stessa, su questo siamo d’accordo! ...
di prati fioriti spero tu ne abbia ancora molti dove abiti, io pochi e
incastonati tra cemento, antenne della telefonia, muri e cartelloni
pubblicitari, la natura non è solo un prato
fiorito che nella poesia
"lirica" dell’800 poteva essere giustamente esaltato, era un mondo
dove c'erano i prati e i colli non distrutti da abitazioni abusive, adesso io
mi sento di dire che la nostra sia una natura diversa, alla quale noi dobbiamo
la stessa importanza che davano gli autori alla natura dell''800. quella in cui
viviamo oggi però non è più quella dell'800, dobbiamo farci i conti malgrado tutto.
non ti dico cosa sia la poesia, non mi sento abbastanza pronta per dirlo e non
penso che lo sarò mai, al massimo posso dirti a cosa potrebbe servire e a cosa
serve secondo il mio punto di vista personale>> (un caro saluto, Ambra).
Sì, perché, la scrittrice vuole delineare
degli stereotipi, ridicolizzarli, anche, con un sarcasmo che la rende
personalissima nella sua impresa dissacratoria. E i vari tipi, il più delle
volte, ne escono malconci, feriti, anche se non a morte, certamente
incerottati.
Un modo di rappresentare nuovo, spigliato, maturato in un cuore stufo di assistere alle
solite scene, o ai soliti fatti triti, ingiusti, anche, poco naturali, e per
niente accettabili tanto che “persino il televisore” non saprebbe “più che
rispondere, proprio in quel frangente” gli sarebbero mancate ”le parole”. Perché lei
è convinta che “i racconti ci parlano di un mondo in cui l’abitudine si è
calcificata e fatta dura, un mondo in cui i camerieri, quando vai al
ristorante, ti guardano sempre in cagnesco. un mondo in cui le storie d’amore
fatte da lui lei e, fatalmente l’altra, hanno perso ogni briciolo d’avventura e
si ripetono, stanche…”. D’altronde in
tale mondo persino “il poeta, o il pittore o anche il critico sono schiavi
della loro coazione a ripetere. vivono nelle loro stanze tutte per sé, - spesso ancora a casa di mamma e papà
nonostante l’età non certo scarsa – che sono le prigioni del loro io…”. Un mondo di solitudini, di incertezze, di
risentimenti, di pigrizie, di coercizioni, dove persino l’amore si fa una
routine che ne svilisce l’essenza, la poesia [“… al tocco dell’amore ognuno
diventa poeta”, (Platone)]. E dove persino le disgrazie passano in secondo ordine
di fronte a due ore di sonno: “è morto il
fratello dello zio Andrea,…”; “chi? ascolta, ho solo un paio d’ore per prendere
di nuovo sonno e passare la mia domenica in santa pace,…”; “devi leggere una
poesia in chiesa al suo funerale”; “è ora di andare al cimitero, caro amico di
un amico del mio amico, mi fa tristezza la tua vita passata insieme a questa
banda di pazzi”; “lo show è finito, che mattinata infinita!”. Un raccontare che
deve dare l’idea del consumarsi lento e triste, paradossale e inderogabile,
strano e umanamente disumano di questa nostra vicenda terrena, vista da un
occhio innocente di una fanciulla che ci vuole legare ad un suo gioco
altrettanto innocente.
E tutto detto in una semplicità sconcertante, con storie
zeppe di un oggettivismo minimalista che arriva al cuore e all’anima. Ambra
rappresenta; forse, inventa, anche; perché ha bisogno di dati surreali, oltre a
quelli che le possono suggerire persone di passaggio, per dire di sé; sì, per
dire di sé, perché il mondo che rappresenta la rappresenta, anche se come
controparte; e lei ne esce fuori in controtendenza, dolcemente armata per
pugnalare. Un ossimorico andazzo fra un animo gentile e generoso – e lo si nota
dal suo schierarsi – e un mondo alla rovescia. Quasi un film neorealista, se si vuole, il
suo; ma con una differenza: che qui l’obiettivo non s’infila solo nei reconditi
angolini per filmare, per portare alla luce cose nascoste; qui l’obiettivo
punge, anche; ci offre fotogrammi che contrapposti fanno sortire una satira,
direi pariniana, se si pensa ad un Parini
sempre fresco fra la cosiddetta schiera dei Lombardi. E ci sfrecciano
davanti poeti snob, uomini terrorizzati di essere abbandonati dalla propria
donna, eroi contro volontà, uomini votati a definire il limen della propria fantasia, camerieri impazienti di tornare a
casa per fare l’amore o vedere la tv, le difficoltà di un trasloco. Va detto
che a fine lettura ti resta addosso, appiccicata addosso una parola fresca,
incastrata in nessi anacolutamente sorprendenti; un fluire comune che tanto comune
poi non è; una ventata di gioventù; un’aria primaverile che diffonde aromi
acuti di piante selvatiche che coprono
la decomposizione di vecchie sterpaglie. Vecchie sterpaglie, però, che
continuano con i loro semi a mantenere viva e ben radicata una specie che a suo
tempo sa tramutare la sua morte apparente in tappeti di resistente e storica gramigna
trapunta da colori di tarassaci e viole.
02/04/2014
Da “tre
prerogative, un solo obiettivo”
ho
conosciuto un uomo.
un
uomo preso tra i pennelli e l’acquaragia.
un
uomo con una donna, una tela mezza bianca e un’amante.
le
sue priorità? non farsi lasciare dalla donna, riempire la tela mezza bianca e
soddisfare l’amante. le tre più grandi paure? essere abbandonato dalla sua
donna, non riuscire a sfondare con l’arte e lasciarsi prendere troppo
dall’amante.
la
vita scorreva per due soli versi: vivere e sopravvivere, per amore di queste
tre cose, per paura di perderle; perché resistessero al tempo più di lui, meglio di lui….
A
voi il prosieguo della lettura, perché “saper leggere” vale di più che “saper
giudicare”.
caro Nazario,
RispondiEliminati ringrazio della tua attenta e intelligente recensione al libretto, nato per gioco tra amici che scrivono; un tema in cambio di un racconto!
Di certo hai saputo leggere molto bene tra le righe di questi azzardi di scrittura!
Un caro saluto
Ambra
Ringrazio l'illustre Nazario Pardini dell'opportunità che concede alle giovani voci di crescere, di migliorarsi, di mettere in discussione, in un mondo dove la critica, alla maggiore, è finalizzata a "spingere" i famosi/fumosi o a mettersi a servizio di becere logiche di mercato. I racconti di Ambra, ironici, dissacratori, spontanei sono un tentativo, molto riuscito, di fare (e non solamente "dire") arte.
RispondiElimina"La poesia è critica" tout court asseriva ( giustamente ) Octavio Paz ; critica soprattutto di una contemporaneità che - in perfetta buonafede - va rivoltata come un calzino facendo leva sull'"umano" e le sue parole ; quello che fa Ambra Simeone e la sua felicissima ( perché autentica , non costruita ) anarchia linguistica . - Con un grazie anche a Nazario Pardini -
RispondiEliminaleopoldo attolico -