Gianni Rescigno
Un sogno che sosta
commento
critico
a cura
di Carmelo Consoli, collaboratore di Lèucade
Carmelo Consoli
Un
poeta
può
essere
innamorato
della
vita
o
rinnegarla
totalmente,
oppure
ancora
restarne
costantemente confuso e
dubbioso
in
una ricerca
continua
di
certezze
e
verità.
Non
vi
è
dubbio
che
Gianni
Rescigno
appartenga
alla
categoria di coloro che amano intensamente la vita,
tanto da darle il sigillo del sogno, i cui confini sono tanto affascinanti
quanto fragili e travagliati, in attesa di un altrove catartico e divino.
La
fede
è
il
baricentro
in
cui
ruota
la
sua
poetica, tanto
da
far
nascere da essa note elevatissime
di
amore
che
superano
ogni
difficoltà
e
asperità
dell'esistenza.
Una
fede
spesso estatica
che
travalica
il
dolore
e ogni umano limite in quanto
promotrice
di
magnificenze
poetiche
rivolte
alla
natura
e
all'uomo.
Dunque
un
percorso, questa silloge,
tra
umanissima
materialità
e
alta
spiritualità,
attraverso
il canto sia del singolo momento
dell'uomo che della sua intera condizione
esistenziale.
Un
viaggio dell'anima
umana tra
la condizione
temporale
e la ricerca
esistenziale,
nell'attesa
di
un
ritorno
nella resurrezione celeste proprio come
recita nei versi iniziali della lirica di apertura
del suo volume: “Da
dove
venimmo/
là
torneremo”.
Si
è investiti, leggendo questo libro, da ventate di emozione, sussulti di amore,
trascinati verso un spazio metafisico
che diventa promessa di splendore.
Il
mondo di Rescigno è un contenitore di bellezze e fragilità, di incantamenti e
solitudini profonde, di paure e certezze; uno specchio insomma in cui
riflettersi e riconoscersi nella meraviglia, nelle amarezze e nello stupore
della vita.
Il
poeta ha uno sguardo per tutti, uomini, animali, territori; ne constata i
contorni di bellezza ma sottolinea anche la solitudine umana e le sue domande sono a volte tipicamente
leopardiane.
Ma
egli va oltre la mera rappresentazione dei giorni e degli anni dell'esistenza
per indicare, attraverso la fede, la strada che esalta la condizione umana e la illumina nel tempo e nella eternità.
Con
lo stile, asciutto, lapidario di versi brevi ma colmi di fragranze e cromie,
sempre splendidamente musicali e profondamente immersi nella complessità della
vita, che ormai gli si riconosce, egli fa scorrere immagini e considerazioni di stagioni che gli
sono appartenute e ricorre in lui, costantemente, il pensiero a quello che resta
da vivere nella certezza di una continua azzurrità dei cieli.
Ciò
che bruciano al poeta sono le perdite
degli amori, l'aura dei ricordi che egli rievoca costantemente nelle figure
matriarcali e patriarcali, nell'infanzia trascorsa tra stelle e alberi, ma
ferma è la sua convinzione dell'attesa, come fermo è il suo senso dell'amore
nella sua più povera e assoluta essenzialità.
Leggiamo
così nella poesia “Siamo pensiero”: /Siamo/soltanto pensiero ora,/ombre/con
desideri di carezze/mai repressi,/anime/senza nomi/ che brillano nel
silenzio/dell'attesa.”.
La
doppia presenza dell'uomo tra vita e morte, il suo sdoppiamento tra terra e
cielo domina la poetica di Gianni Rescigno il quale se da una parte
mirabilmente evidenzia perdite amare ed esplosioni vitali dentro una natura
arcaica e meravigliosa con i suoi riti, le stagioni, i moti, le direzioni,
dall'altra è costantemente tutelato dalla presenza di Dio e di un aldilà
rassicurante di amore.
Ed
in Dio egli si smarrisce e si ritrova ogni volta nell'alternarsi dei giorni
come recita nella sua poesia: “Se vuoi vedere Dio”.
La
sottolineatura reiterata di queste due parti, come pure quella dei confini,
spesso evocati tra il giorno e la notte, è costante ma i poli in opposizione
tendono in continuazione a fondersi per riconoscersi in una armonica unione.
L'uomo
con la sua fatica ed il sogno, con la sua vecchiaia e le preghiere, l'uomo
delle nuda terra che discorre col tempo e si domanda guardandosi allo specchio,
facendo il conto dei danni ma senza drammi e con la consapevolezza di un
ritorno,( bellissima la sua lirica
“Prima che l'ombra cali” con la chiusa : ”/noi siamo gente/fatta per il
cielo”) è anche l'uomo che crede fermamente, sempre lo stesso, davanti a Dio e
che scorge Dio nella sua superiorità di armonie naturali , di amore e pietas che caratterizzano il cuore e l'anima.
La
poesia di Rescigno ci assale con la sua sorprendente semplicità di
penetrazione, una mistura, la sua parola poetica, tra familiarità di pensieri,
quotidiane gestualità e profondissime
analisi esistenziali che si radicano nel tempo e nell'infinito.
Ed
è bello per tutti ritrovarsi nel suo universo tanto struggente di bellezze,
quanto consapevole di dolorosi cammini verso il ritorno a quella luce che ci ha
generati.
Allora
non resta che leggere e rileggere la sua intensa e fulgida preghiera a Dio
nella poesia: “Come ogni sera”; una invocazione a Lui “Padre dei lupi/Signore
delle stelle/Padre delle struggenti solitudini/” e come il poeta sentirsi
fragili creature, rami nudi, farfalle di tramonto nella splendida
consapevolezza della nuda essenzialità dell'amore e nell'attesa dell'evento
risorgivo che alla fine si compierà.
Vorrei
concludere questa mia breve nota critica
ringraziando l'amico Gianni per la sua ultima, preziosissima fatica letteraria
che ci nobilita tutti quanti e che è specchio limpidissimo dell'anima,
contenitore di ambrosie da sorbire a piccolissimi sorsi, volume talora di
poesie brevissime, tre, quattro versi fulminanti, come le più strabilianti
delle emozioni.
Carmelo
Consoli
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