Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade |
Franco Rizzi, uomo di grande erudizione
e cultura, è straordinariamente modesto. Così è anche nel suo modo di scrivere:
mai esagerato, mai sovraggettivato, sempre pulito e garbato. Un linguaggio
anche ingannevole, perché sembrando semplice richiede molta attenzione. I
dialoghi non dominano la narrazione, che racconta i fatti in sequenza
cronologica, con interventi esplicativi. Anche le descrizioni sono brevi e non
sovrastano la narrazione, semmai ne fanno parte e si leggono come se si desse
un rapido sguardo all’ambiente, o all’aspetto fisico della persona di cui si
scrive in quel momento, senza mai perdere di vista l’obiettivo, che è il
racconto delle vicende che portano nel primo libro Luca e Leone sulle tracce
dell’intrigo che si dispiega lentamente davanti a loro due, piccoli eroi di
grande statura morale, e nel secondo libro portano Luca ad incontrare Cecilie
con cui condividerà l’orrore di una delle carneficine più spaventose della
storia recente di Parigi. Direi quindi che il linguaggio non è lirico, non è
accademico, non è presuntuoso: è semplice e asciutto e si apprezza se si legge
senza foga né fretta … proprio come un buon vino! E quindi siamo davanti a due
romanzi storici, il primo si sviluppa nel meridione italiano ai tempi dei
briganti, e il secondo vive la macelleria della guerra civile a Parigi, nella
primavera del 1871. I due libri possono essere letti separatamente, ma è meglio
leggerli in sequenza, per meglio capire Luca Falerno, il protagonista, che
prima è un eroe indiscusso e poi, suo malgrado, diventa una sorta di picaro
buono.
Caccia
nelle Murgie è una
vera e propria caccia all’uomo. Un poliziesco ambientato in Puglia nel 1870,
dove l’elemento storico fa da contorno alle vicende umane che si narrano. Il
protagonista, Luca Falerno, è un giovane tenente dei carabinieri appena
trasferito in Lucania, e si avvale della collaborazione di Leone de Castris, un
uomo che viene dalla terra e che, effettivamente, è forte e coraggioso come un
leone. Leggendo scopriamo metodi d’indagine per noi remoti e lontani,
malauguratamente lontani, basati prevalentemente sulla parola e sul linguaggio
fisico. I nomi dei protagonisti hanno un loro motivo: Falerno fu un vino
decantato in primis da Catullo, Falerno è un territorio nel casertano, Falerno
è una nave, Falerno è una “confraternita” che ha lo scopo di rivalorizzare il
vino. Così Luca Falerno: è esclusivo, raffinato, elegante, per intenditori,
conosce i segreti della terra e sa che per meglio capirne i messaggi gli
occorre l’aiuto di che da quella terra proviene. Quindi veniamo a Leone. Leone
è il re della foresta, basta guardarlo per sentirsi in soggezione, è l’immagine
della fierezza e dell’intuito, del coraggio e della maestosità. Così Leone, il
braccio destro di Luca, è fiero e intuitivo, è terra fatta persona, è rozzo e
semplice, ma dotato di un intuito felino e di una forza fuori dal comune.
Durante la caccia all’uomo, Luca
incontrerà Luisa con cui vivrà una fulminante storia d’amore. Il padre della
donna è il marchese di Sanfelice e verrà rapito dai briganti, gli stessi che
stanno cercando i due investigatori.
Nella loro indagine, evidentemente,
scopriranno corruttele e intrallazzi d’ogni sorta, ma i metodi investigativi
erano quasi tribali e i due dovevano far tutto da soli, Luca e Leone, don
Chisciotte e Sancho Panza, il sogno e la terra, l’intelletto e l’intuito, la
capacità di analisi e la praticità, come dire, ho i piedi per calpestare la
terra e la testa per stare più vicino che posso al cielo.
Diverso il discorso se parliamo di 1871, la Comune di Parigi, dove la
cornice storica non fa da sfondo, ma è la protagonista per molte pagine di
densa narrazione, e i capitoli si alternano tra il racconto del dramma parigino
e il difficile ruolo di un uomo che non può essere protagonista di una storia
non sua, perché la deve solo osservare. Infatti, Luca Falerno, promosso
capitano, è un inviato dei Carabinieri che deve riuscire a capire quanto
succede a Parigi, e quindi a informare il comando. Insomma: una spia, un
reporter e uno scrittore storico. Ora, immaginate i metodi: penna inchiostro e
calamaio, lume di candela, spirito d’osservazione, passeggiate, conversazioni e
tanta, tanta pazienza. Cose da raccontare tante, territorio da esplorare
enorme, momento storico difficile. Quando arriva in città trova il caos più
totale: i combattimenti tra comunardi e versaglini si fano via via più cruenti
e l’utopia di uguaglianza e giustizia ben presto sarà condannata a morire
devastata dalla guerra civile. Luca si limiterebbe a fare l’osservatore e lo
scribacchino se non fosse per l’incontro con Cecilie, che lo coinvolge anima e
corpo in una guerra non sua. Lei è l’eroina del libro, lei rappresenta il
coraggio di una città impersonificando una coraggiosa attivista e crocerossina
della Comune, che lotta per i propri ideali libertari con impareggiabile
tempra, ancora una volta ci troviamo davanti a una donna forte e determinata,
che scava un solco nel cuore del defilato protagonista, riportandolo alla
ribalta grazie al grande amore che i due riescono a vivere. Alla fine i giovani
amanti si trovano a ripercorrere in lungo e in largo la città, lui cercando di
fuggire dai combattimenti con la speranza di salvare la sua donna, lei cercando
invece i luoghi di raccolta feriti per salvare la propria dignità di volontaria
di un ideale. E mentre i combattimenti stanno decretando la fine di un ideale,
i due passano da una porta all’altra di Parigi scoprendo che non c’è via di
scampo, e ben presto vedranno la fine del sogno della Comune.
Sopraffatti dalla fatica, in prossimità
del cimitero Pére Lachèse, si uniscono all’ultimo sparuto gruppo di federati e
si uniscono a loro. Ma sarà una loro uscita per cercare acqua a interrompere la
loro marcia verso una impossibile salvezza, e luca rischierà di essere una
delle ignote vittime di questo massacro, quando un colpo di cannone deciderà il
destino dei due giovani.
I due libri sono appassionanti e si
leggono rapidamente, e credo che rappresentino tra i migliori esempi di
narrativa storica italiana. La letteratura non è solo intrattenimento, ma è
piacere, pensiero, sentimento, musicalità, immagini, apprendimento … tutto ciò
si dispiega nella nostra mente quando leggiamo. Scrivere un libro richiede anni
di lavoro, leggerlo richiede giorni… ma il contenuto sono vite intere che hanno
una loro dignità. Il libro è un compressore decompressore, e se riesce nel suo
intento di farci vivere vite non nostre, facendoci vedere la realtà con occhio
diverso, ci ringiovanisce. E in questo, il nostro Franco Rizzi, è riuscito
benissimo. Ora, se un libro di qualità viene identificato nella massa informe del
panorama letterario italiano contemporaneo, occorre innanzi tutto segnalarlo,
poi consigliarlo e eventualmente regalarlo agli amici. Già invece di un mazzo
di fiori, regalate un libro… e con questi due titoli si farà belissima figura!
Claudio Fiorentini
Non conosco i romanzi in oggetto, ma devo dire che questa recensione è pregevolissima nei suoi tratti profondi e leggeri. Ciò che caratterizza la scrittura di Fiorentini - in particolare parlo della sua narrativa, ma anche della sua opera di recensore - è una brillantezza, una gradevolezza, una verve fuori del comune, unita ad una ricca immaginazione e ad un notevole spessore intuitivo. Doti non comuni in tempi di banale piaggeria e di pretestuose stroncature.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Franco Campegiani
Infilato senza merito in questo prestigioso blog mi sento un po' come un elefante in una cristalleria. Allora meglio lasciare Luca Falerno immobile a contemplare la bianca luce della luna, a ripensare alle donne che forse non ha saputo amare, alla vita che gli sfugge tra le dita.
RispondiEliminaForse se la vita non fosse stata così amara per lui, se non l'avesse sempre costretto a rincorrere altri eventi, sempre incalzanti, forse allora anche lui avrebbe potuto essere un poeta.
Franco Rizzi