RIFERIMENTO
A
http://nazariopardini.blogspot.it/2014/08/claudio-fiorentini-riflessioni-sul-tempo.html
AGOSTO
Leggendo Claudio Fiorentini (… “c’è molta più vita nel tempo dell’attesa che nell’attimo atteso”…) e Nazario Pardini (… “la vita è un alternarsi di tempo –attesa e non tempo - fine dell’attesa- …”), mi torna in mente il titolo di un melologo organizzato anni addietro: ‘Natale è… il tempo di aspettare che accada’.
Il Tempo dell’attesa, il ‘tempo di aspettare che accada’, il ‘tempo
di abitare l’intermezzo’, se non viene offeso dall’ansia del tempo cronologico,
diventa allora l’occasione per riempirlo di significazioni e di senso.
Diventiamo ‘viandanti del nostro tempo’, del nostro e di nessun altro: il Tempo
‘diventa privatamente e straordinariamente nostro’, pienamente posseduto da chi
lo vive.
Eppure destinato a finire per fare strada ad un nuovo tempo:
cerchiamo infatti di mettere ordine, di contenere, di categorizzare l’intorno a
noi, per sfuggire al Caos e quindi all’imprevedibile. Ma il tempo fisico, che
sempre scorre tutto ignorando, riprende la sua marcia interrotta solo nella
nostra concezione categoriale, riconsegnando continuamente e perennemente le
nostre vite al Caos, che“ irrompe” intorno a noi a ristabilire la tempesta, il
disordine. E noi cercheremo di contenerlo con un nuovo rapporto sessuale o con
un nuovo inizio, consegnandoci infine ad un nuovo tempo dell’attesa e ad un
nuovo orgasmo-compimento, poi ancora e poi ancora, fino a quando il Caos non si
neutralizzerà, di volta in volta, nel raggiungimento di un nuovo equilibrio.
Questo è quanto stabilito dal II principio della termodinamica che
teorizza un tempo indifferente e lineare nel quale c’è una lotta eterna tra
l’ordine e il disordine, tra il trasferimento di energia da un corpo all’altro
fino al raggiungimento dell’equilibrio: fenomeno in essere da sempre che
permette l’evoluzione del pensiero, dell’uomo e dell’universo e che qualora si
dovesse interrompere per il raggiungimento definitivo dell’equilibrio, porterebbe
forse alla fine del tutto.
Umberto Messia
Umberto Messia
Nel suo perenne viaggiare, l'uomo non è in movimento totale, perché conosce pause, soste e tappe riflessive che hanno il ruolo di rinnovarne le energie, nonché il desiderio di porsi nuovamente in cammino. Per questo il viaggio non è lineare, ma ciclico. C'è un momento in cui finisce il tempo dell'attesa per dare inizio ad un nuovo tempo dell'attesa, ed è questo il Presente, il "tempo dell'Intermezzo" costituzionalmente statico. Un attimo senza tempo, ritagliato tra le pieghe del tempo, che porta in sé il segno dell'eternità. Sta qui la rigenerazione del tempo, "l'occasione per riempirlo di significazioni e di senso", di cui parla Umberto Messia. E' la quiete che viene dopo la tempesta, ed anche prima della tempesta; l'ordine che si trova tra le pieghe del caos, in un equilibrio instabile o in una precaria stabilità. E' l'equilibrio che evoca lo squilibrio, e viceversa, giusta la legge dell'armonia dei contrari.
RispondiEliminaFranco Campegiani